Covenant Protestant Reformed Church
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Maggio 2014  •  Volume XV, n. 1

 

Pergamo: una chiesa che abita dove Satana ha il suo trono (1)

Tra le caratteristiche della chiesa di Pergamo (Apocalisse 2:12-17), una spicca in maniera particolare: questa chiesa abitava in una città dove Satana aveva il suo trono. Questo viene spiegato in tre modi diversi. Prima di tutto, quest’informazione si trova all’inizio della sezione: “Io conosco le tue opere e dove tu abiti, là dove Satana ha il suo trono” (13). Secondo, essa viene menzionata due volte, sia all’inizio del verso 13 già citato che alla fine dello stesso verso: “Antipa fu ucciso tra di voi, là dove abita Satana”. Terzo, queste affermazioni sono uniche nel loro genere: infatti, sono le uniche presenti nelle lettere alle sette chiese di Apocalisse e non si trovano nel resto della Bibbia.

La chiave per comprendere di che chiesa si tratta si trova nella sua locazione fisica, in connessione con la sua locazione demoniaca, se così si può chiamare. Questa locazione geografica e demoniaca ha una certa importanza in quanto la presenza del diavolo nella stessa città dove dimorava questa chiesa aveva degli effetti spirituali sulla congregazione.

Cosa ci dice Apocalisse 2:13 riguardo la presenza di satana a Pergamo? Innanzitutto, il diavolo abitava li. Essendo uno spirito, il diavolo non ha bisogno di una casa o di un letto e cose simili. Il verso vuole dire che quando Satana non era impegnato nei suoi viaggi (Giobbe 1:7; 2:2; 1 Pietro 5:8), egli viveva e abitava li, cioè che egli era presente soprattutto li. Che luogo che deve essere stato!

In secondo luogo, non solo il diavolo abitava li ma li aveva anche il suo trono (Apocalisse 2:13). Il trono di Satana significa il suo governo, il suo dominio e il suo regno. A Pergamo il diavolo esercitava un’influenza e un potere più grande che in altri luoghi. Il diavolo è il “dio di questo secolo” (2 Corinzi 4:4) perché molti dei cittadini di questo secolo vivono e muoiono nell’incredulità e nel peccato, servendo e seguendo Satana. A Pergamo, però, egli era anche più potente, come un re che domina dal suo trono invisibile.

Potete immaginare il genere di cose che oggi le persone potrebbero dire riguardo queste affermazioni della Scrittura: “Non sono politicamente corrette! Potrebbe danneggiare l’economia di Pergamo facendo allontanare le persone dalla città! Cosa gli passava per la mente di Giovanni quando scriveva quelle cose? Egli è un apostolo! Dov’è il suo amore?” La Scrittura, invece, dice le seguenti parole: “Io conosco le tue opere e dove tu abiti, là dove Satana ha il suo trono … là dove abita Satana” (Apocalisse 2:13). Queste sono le parole di Gesù Cristo (12) e dello Spirito santo (17).

Terzo, il diavolo che dimorava e aveva il suo trono a Pergamo in Apocalisse 2:13 è chiamato per due volte “Satana” (che significa avversario). L’idea che il verso vuole comunicare è questa: questo spirito malvagi, il capo di tutti i demoni, è particolarmente presente e potente a Pergamo. Egli opera li per opporre il regno e la causa di Gesù Cristo più duramente che nelle altre sei chiese di Apocalisse 2-3, in una maniera più violenta di quella che si vede di solito nella storia della chiesa.

Alcune persone odierne appartenenti all’ideologia del politicamente corretto potrebbero obiettare come segue: “Ma questo significa demonizzare Pergamo! Queste asserzioni non potrebbero far sorgere della violenza contro quella città?” La risposta è no! I cristiani devono pregare per i loro nemici (Matteo 5:44) e non devono seguire Satana facendogli del male o vandalizzando le proprietà altrui. Nel dire che Satana dimora e regna a Pergamo, Gesù Cristo sta spiegando le origini dei mali che quella chiesa stava affrontando. La Sua Parola, “la spada affilata a due tagli” (Apocalisse 2:12) che veniva fuori “dalla sua bocca” (1:16) è potentemente diretta contro il diavolo e il peccato e chiama tutti gli uomini al ravvedimento!

Ora, cosa faceva si che a Pergamo Satana avesse la sua dimora e il suo trono in questa città, o che li fosse particolarmente presente e potente?

Pergamo serviva molti idoli quali Zeus, Dionisio, Atena e altri. Aveva molti templi e altari. Questi elementi, tuttavia, non lo rendevano il trono di Satana in quanto tutte le città pagane dell’impero romano di quel tempo adoravano idoli, incluse le altre città nominate in Apocalisse 2-3.

Era invece la presenza dell’adorazione di Asclepio (o Esculapio) come salvatore, guaritore e protettore che dava a Pergamo questa caratteristica. Asclepio era dio della guarigione e della salute. A lui era dedicato un tempio enorme le cui rovine possono ancora essere visitate a Pergamo. Le persone di solito dormivano nel tempio con la speranza che Asclepio potesse dare dei sogni da riferire al sacerdote il quale li avrebbe poi interpretati, offrendo inoltre la modalità con la quale avrebbero dovuto curarsi. Si credeva che la fonte vicina al tempio possedesse poteri curativi. I devoti offrivano sacrifici o lasciavano dei doni al fine di essere guariti. Vicino alle rovine del tempio di Pergamo sono state trovate miniature di parti del corpo umano che avevano lo scopo di rappresentare gli arti o gli organi malati. Non c’è da stupirsi che Pergamo sia stata chiamata la Lourdes del mondo antico.

Un animale sopra tutti è associate a Asclepio: il serpente. Il simbolo di Asclepio è un serpente che avvolge un bastone, un simbolo tutt’oggi usato nel mondo della medicina. Alla dedicazione dei templi di Asclepio venivano introdotti dei serpenti negli edifici. Questa cerimonia avveniva senza dubbio anche a Pergamo. In onore di Asclepio, un particolare tipo di serpenti non velenosi venivano usati durante questi riti di guarigione. Erano chiamati “serpenti di Asclepio”. Questi rettili strisciavano liberamente sul pavimento del tempio dove dormivano i malati e gli infortunati.

Qual’è la risposta cristiana a questa pratica? Si tratta di un culto del diavolo attraverso un falso dio, Asclepio, simboleggiato dal serpente. In Apocalisse 12:9, “il gran dragone” o “il diavolo e Satana, che seduce tutto il mondo” viene anche chiamato “il serpente antico”. Si tratta di un riferimento all’uso che il diavolo fece di un serpente in Genesi 3 per tentare Eva a mangiare il frutto proibito. Nonostante la morte e la malattia giunsero tramite il diavolo che usò un serpente, gli adoratori di Asclepio attribuivano al serpente guarigione e protezione. Una pratica perversa, demoniaca e satanica! Rev. Stewart


Il rottura del Vecchio Patto e lo stabilimento del Nuovo

Un fratello dall’Inghilterra ci scrive: “Secondo l’insegnamento Riformato, per come lo comprendo io, il Nuovo Patto è ‘nuovo’ nel senso che rappresenta la fase finale nella rivelazione di Dio del Suo patto di grazia e nel senso che marca la fine delle figure e delle ombre. Però, Ebrei 8:13 (‘Dicendo «un nuovo patto», egli ha reso antico il primo; or quello che diventa antico ed invecchia, è vicino ad essere annullato’) sembra suggerire che ci sia invece un patto completamente diverso. È vero?”

Il fratello cita inoltre un altro passo, “non avrò più compassione della casa d'Israele, ma li porterò via interamente” (Osea 1:6), e chiede: “Come conciliare questo verso con la fedeltà di Dio alle sue promesse pattali? Dio ha forse rotto il Suo patto con le dieci tribù?”

Ho posto insieme queste due interessanti e importanti domane perché sono correlate l’un l’altra e perché le risposte coinvolgono la stessa dottrina. Inoltre, sono entrambe legate all’argomento che ho discusso nelle precedenti News.

Non amo interpretare Ebrei 8:13 unicamente alla luce dell’uso delle parole greche in quanto molti dei nostri lettori non sono in grado di controllare se io abbia ragione o meno. Tuttavia, coloro che sono capaci di comprendere il greco forse sapranno che il greco del Nuovo Testamento ha due parole per significare “nuovo” e due per indicare “vecchio”. Secondo A Greek – English Lexicon of the New Testament di Thayer, una di queste parole significanti “nuovo” (cioè, neos) significa nuovo nel senso di “attuale, giovane, recente”. L’altra parola per “nuovo” (cioè, Kainos) significa nuovo “principalmente in riferimento alla qualità, alla freschezza e al non essere stato usato”. Kainos è la parola usata in Ebrei 8:13.

In Greco c’è la stessa distinzione per l’uso delle due parole che indicano “vecchio”. La prima, archaios, significa vecchio in senso temporale e descrive qualcosa di antico o risalente a molto tempo fa. L’altra parola, palaios, significa “non più nuovo, consumato dall’uso, il peggio da indossare”. Quest’ultima è la parola usata in Ebrei 8:13.

Si tratta di una distinzione importante. Thayer chiama l’attenzione al fatto che la Scrittura stessa fa la stessa distinzione di Ebrei 8:13 quando parla del vecchio e del nuovo uomo (esempio, in Efesini 4:22, 24). Non c’è dubbio che quando Dio fa un nuovo uomo, mentre il vecchio uomo è totalmente depravato, l’uomo nuovo non è interamente una persona nuova ma è la stessa persona che viene rinnovata, trasformata spiritualmente e liberata dal peccato. Quest’uomo è nuovo nel senso che, sebbene rimanga la stessa persona, egli è stato cambiato dall’essere portatore dell’immagine di Satana all’essere portatore dell’immagine di Dio (Colossesi 3:10).

Questa è un eccezionale spiegazione applicata anche a Ebrei 8:13. Il vecchio patto è decrepito, consumato in tutti i suoi sforzi di salvare, di nessun valore o non più utilizzabile. La sua caratteristica è sempre stata questa: applica la legge e vivrai! Ebrei 8:9 spiega che il vecchio patto nella sua inutilità: “non come il patto che feci con i loro padri, nel giorno che li presi per mano per condurli fuori dal paese di Egitto, perché essi non sono rimasti fedeli al mio patto, ed io li ho rigettati, dice il Signore”. Costoro non potevano mantenere questo patto perché era basato sulla realizzazione della legge che Israele non era capace di obbedire.

Però, è anche vero che il patto era lo stesso nella sua essenza. Si trattava sempre della stessa promessa di Dio: “Io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo”. Era un patto che prometteva vita: “Fa questo e tu vivrai”. Esso definiva anche il cuore della relazione tra Dio e il Suo popolo: colui che vive in una relazione pattale con Dio deve essere come Dio è. Deve essere santo, cioè deve soddisfare la legge. Ma non si è in grado di soddisfarla!

Dopo di che, venne Cristo. Egli viveva in una relazione pattale eterna con Dio all’interno della santa Trinità, ma questa relazione sussisteva anche quando la Parola assunse la nostra carne. Egli osava dire: “Io e il Padre siamo uno” (Giovanni 10:30). Cristo ha soddisfatto la legge. Lo ha fatto perfettamente, anche quando fu il grande Abbandonato alla croce del calvario. Egli soddisfò la legge anche quando tutto quello che vedeva era ira, anche quando non comprendeva la ragione dei terrori che risultarono dall’essere abbandonato da Dio, anche quando era il solo in grado di dire: “la tua benignità vale più della vita, le mie labbra ti loderanno” (Salmo 63:3). Egli soffrì una tale agonia perché prese su di sé i nostri peccati e il nostro inferno, compiendo quello che noi non avremmo mai potuto compiere. Lo fece per noi! Il patto è lo stesso, ma Cristo compì quella grande opera che noi mai e poi mai potevamo realizzare!

Egli pagò per i nostri peccati e per la nostra colpa e le cancellò per sempre. Inoltre, Cristo guadagnando la giustizia per noi. Egli soddisfò la legge in quel terribile momento quando dal Suo cuore rotto la grande domanda scosse i cielo sin dalle sue fondamenta: “Perché? O Dio, perché?” Eppure, anche in quel momento, egli diceva pur sempre “Mio Dio, mio Dio”. Fu come se l’inferno stesso non fosse in grado di contenere quelle parole che rimbombarono nel trono di Dio: “Non capisco. È così buio qui. Colui che amo si è dipartito da me e non so dove sia. Ma sia che io sappia o meno, sia che io comprenda o meno, o che l’ira sia quasi troppo grande da sopportare, in ogni caso, mio Dio, io ti amo ancora e ti amerò sempre, anche se mi hai abbandonato. Ti amo con il mio cuore, la mia mente, la mia anima, la mia forza. Ti amo, anche se sto morendo”.

Se dovessimo scrutare negli abissi dall’inferno potremmo essere in grado di comprendere quello straordinario prodigio del calvario. Lutero, colpito e sgomento, si meravigliava esclamando: “Dio abbandonato da Dio!” Per me!

Così, Cristo cancello il nostro peccato e la nostra colpa. Ma il Salvatore guadagnò anche la vita pattale con Dio, per noi. Un libro sulla passione di Cristo pone la questione in questi termini: “Quando il nostro Signore iniziò la lunga salita dall’inferno verso suo Padre, quando fu ‘compiuto’, Cristo tremante alzò esitante le sue braccia verso il trono di Dio e pose implorante il peso ai piedi di Dio, dicendo: ‘Sono accettato da Colui che la mia anima ama?’ E Dio si calò, per così dire, verso il suo amato Figlio nel quale era ben compiaciuto e lo innalzò alla sua destra. ‘Padre (si, anche ora, Cristo lo chiama ‘Padre’ per l’ennesima volta), nelle tue mani rimetto il mio spirito’. Al che, il cielo risuonò con quella voce che venne ascoltata per tre volte: ‘Questi è il mio amato Figlio, nel quale mi sono compiaciuto!’”

Così, il Figlio di Dio si ritrovo di nuovo in comunione pattale con Dio. Egli aveva soddisfatto la legge e aveva così realizzato, per noi, il vecchio patto che noi non potevamo mantenere.

Il vero patto è il vecchio patto, ma è meravigliosamente e gloriosamente nuovo. Questo è ciò che insegna Ebrei 8:13. Leggiamolo gridando alleluia!

Non ho affrontato la seconda domanda. Lo farò nel prossimo numero, a Dio piacendo. Prof. Hanko


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