Covenant Protestant Reformed Church
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Ottobre 2013  •  Volume XIV, n. 18

 

Lasciare Betlemme per Moab (2)

Abbiamo trattato della storia di Ruth 1:1-5 nel precedente numero nelle News, e da questo passo può essere raccolto un’importante lezione spirituale. Non c’è da stupirsi che questi versi si trovino nella Bibbia, un libro schiettamente religioso che tratta del conoscere e servire l’Iddio uno, vero e vivente rivelato in Gesù Cristo. "Tutta la Scrittura [inclusi i primi cinque versi di Ruth] è divinamente ispirata e utile a insegnare, a convincere, a correggere e a istruire nella giustizia" (2 Timoteo 3:16).

Lo stesso capitolo primo ci indica l’importanza spirituale che i suoi primi cinque versi ricoprono. Innanzitutto, ci viene narrato di tre morti in una piccola famiglia (3, 5). Ciò è allarmante. Sta Dio giudicando? E giudicando a causa del peccato, il peccato di aver lasciato Israele?

Secondo, Ruth 1:1-5 è l’unica scena nel libro dove il nome di Dio non è menzionato. Sarà forse questa un’indicazione? Un’indicazione del fatto che, nel trasferirsi da Betlemme a Moab, Elimelek non abbia considerato Dio e la Sua parola? Per l’appunto, si tratta di aver ignorato l’Iddio onnipotente su una questione importante, e cioè quella di rimanere o meno nella chiesa!

Terzo, ecco cosa afferma il primo verso di Ruth: "Al tempo in cui governavano i giudici…" Si tratta di un indicazione storica. Può essere forse anche un segno del fatto che l’emigrazione di Elimelek e della sua famiglia da Betlemme verso Moab rappresenti un esempio della disubbidienza di quel periodo? Gli ultimi capitoli del libro dei Giudici contengono variazioni del verso "In quel tempo non c'era alcun re in Israele; ognuno faceva ciò che sembrava giusto ai suoi occhi" (17:6; 18:1; 19:1; 21:25). Questi versi spiegano meglio la malvagità di quei tempi. La stessa carestia in Ruth 1:1 era un giudizio di Dio sopra Israele per i suoi peccati (Deuteronomio 28:23-24).

Questi tre fattori sono, insieme,quantomeno suggestivi (tre decessi, nessun riferimento a Dio in questa parte di Ruth, e i giorni oscuri dei giudici); i seguenti due argomento sono più espliciti e basati sulle parole di Naomi e Ruth.

Naomi sostiene che, nella morte dei suoi tre uomini, "la mano dell'Eterno si è stesa contro di me" (Ruth 1:13) e "l'Onnipotente mi ha riempita di amarezza" (20). "Io partii nell'abbondanza e l'Eterno mi ha riportato a casa spoglia di tutto. Perché chiamarmi Naomi, quando l'Eterno ha testimoniato contro di me e l'Onnipotente mi ha resa infelice?" (21). L’Iddio giusto, ovviamente, ha motivo nel farlo, perché sta giudicando il peccato.

Abbiamo inoltre le bellissime e commoventi parole di Ruth a Naomi: "Non insistere con me perché ti abbandoni e lasci di seguirti, perché dove andrai tu andrò anch'io, e dove starai tu io pure starò; il tuo popolo sarà il mio popolo, e il tuo DIO sarà il mio DIO; dove morirai tu morirò anch'io, e là sarò sepolta. Così mi faccia l'Eterno e anche peggio, se altra cosa che la morte mi separerà da te!" (16-17). Se Ruth fece bene nel trasferirsi da Israele a Moab, ciò significa che la famiglia di Elimelek sbagliò nel trasferirsi da Israele a Moab.

Insieme ai 5 indizi in Ruth 1, dobbiamo pensare anche ad un altro importante insegnamento biblico. Primo, andarsene da Israele per Moab significava lasciare la terra di Dio, la terra che Egli diede al Suo popolo, la terra dove Geova risiedeva. La famiglia di Elimelek lasciò la terra che Dio diede loro in Betlemme, terra che era un segno dell’eredità celeste.

Secondo, la famiglia di Elimelek lasciò il popolo di Dio. In Israele molti erano malvagi ed increduli, e anche gli eletti non erano di certo perfetti, ma erano comunque i redenti, il popolo di Dio chiamato e credente. Quello di dipartirsi dalla chiesa di Dio rappresentava un grave peccato (Catechismo di Heidelberg, Q. & A. 54-55). Lasciare il popolo di Dio significa lasciare il Dio del popolo. Rammentatelo ogni qualvolta siete tentati di abbandonare la chiesa, il luogo dove Dio dimora (1 Timoteo 3:15), e la comunione dei santi che è, in ultimo, comunione con l’Iddio Trino (1 Giovanni 1:3)!

Terzo, la famiglia di Elimelek lasciò i ministri di Dio. Se ne andarono dai giudici, dai profeti, dai sacerdoti e dai Leviti che Dio aveva posto nella Sua chiesa dell’Antico Testamento. Oggi, andarsene da una vera chiesa che manifesta i tre marchi della fedele predicazione, della amministrazione sacramentale e della disciplina (Confessione Belga 28-29) include lasciare i pastori, tramite i quali Cristo ci istruisce; gli anziani, tramite i quali Egli regna e ci supervisiona; e i diaconi, tramite i quali ci mostra misericordia (Confessione Belga 30-31).

Quarto, la famiglia di Elimelek lasciò l’adorazione di Dio presso il tabernacolo, il luogo dove Dio manifestava la sua presenza nella gloria della Shekinah. Li venivano compiuti i sacrifici, quei sacrifici che presagivano quella piena e ricca espiazione compiuta per i nostri peccati alla croce. Sarà forse che Elimelek e la sua famiglia salirono a Gerusalemme in occasione delle tre feste di pellegrinaggio ognuno dei dieci o circa anni che spesero in Moab (Ruth 1:4)? Triste a dirsi, oggi molti cristiani professanti accetterebbero un lavoro dall’altra parte del paese o del mondo senza nemmeno chiedersi se in quel luogo ci sia una buona chiesa Riformata e senza svolgere le dovute ricerche.

Quinto, che dire del ricordarsi del giorno del Signore e di osservare il quarto comandameno in Moab? Come può oggi una persona santificare il Giorno del Signore quanto costui o costei non ha una chiesa fedele da frequentare? Ebrei 10:25 ci esorta in tal modo: "non abbandonando il radunarsi assieme di noi come alcuni hanno l'abitudine di fare, ma esortandoci a vicenda, tanto più che vedete approssimarsi il giorno."

Sesto, La famiglia di Elimelk lasciò Dio. Lasciando la Sua terra, il Suo popolo, i Suoi ministri, la Sua adorazione e il Suo giorno, costoro abbandonarono Dio stesso. Nel trasferirsi a Moab, in un certo senso Naomi lasciò il Signore per alcuni anni. Grazie a Dio, più tardi confesso il suo peccato e ritornò in Israele.

Il peccato di Elimelek è condannato nella Confessione Belga 28: "Noi crediamo che poiché questa santa assemblea e congregazione è l'assemblea dei salvati, e che non vi è salvezza al di fuori di essa, che nessuno, di qualsiasi stato e qualità egli sia, debba ritirarsi in disparte per accontentarsi della sua persona, ma che tutti insieme debbano raggiungerla e unirsi ad essa, mantenendo l'unità della Chiesa, e sottomettendosi alla sua istruzione e disciplina, piegando il collo sotto il giogo di Gesù Cristo, e servendo all'edificazione dei fratelli, secondo i doni che Dio ha posto in loro, come membra comuni di un medesimo corpo. E, perché ciò possa essere meglio salvaguardato, è dovere di tutti i fedeli, secondo la Parola di Dio, di separarsi da coloro che non appartengono affatto alla Chiesa per raggiungere questa assemblea, in qualsiasi luogo Dio l'abbia posta, anche nel caso in cui i magistrati, e gli editti dei Principi fossero contrari, e ne dipendesse la morte e la punizione corporale. Così tutti coloro che se ne separano, o non la raggiungono, contrariano l’ordinanza di Dio". Rev. Stewart


La Responsabilità Corporative ed Ezechiele 18

La parola dell'Eterno mi fu rivolta, dicendo: «Cosa intendete dire quando usate questo proverbio circa il paese d'Israele dicendo: "I padri hanno mangiato l'uva acerba e i denti dei figli si sono allegati"? Com'è vero che io vivo», dice il Signore, l'Eterno, «non userete più questo proverbio in Israele" (Ezechiele 18:1-3).

Un fratello ci scrive: "Dopo aver letto nelle Covenant Reformed News la spiegazione di prof. Hanko sulla responsabilità federale, questa mattina ho letto Ezechiele 18, un passo che sembra contraddirlo direttamente. Pensavo che forse egli potesse affrontare il passo in questione."

Buona domanda, oltre che importante, sono felice di avere l’opportunità di rispondere.

Il proverbio al quale dei figli d’Israele, "I padri hanno mangiato l'uva acerba e i denti dei figli si sono allegati" (2), era usato da coloro che si trovavano in cattività. Costoro erano stati portati li in qualità di appartenenti ad un gruppo di Israeliti mossi in Babilonia quanto Jehoahaz era re. La cattività successiva, quella durante la quale Sedechia era re, fu la finale. I sessanta anni che Giuda doveva trascorrere in cattività iniziarono quindi con la prima cattività.

Ezechiele fu portato in cattività insieme al suddetto gruppo di prigionieri e ministrò loro presso il fiume Kebar. Non ebbe vita facile, i prigionieri erano infatti ribelli riguardo la loro punizione. Citando questo antico proverbio ad Ezechiele, essi intendevano dire che si trovavano in cattività ingiustamente. Ritenevano di non aver compiuto nulla che meritasse una punizione così spaventosa. Non esitavano ammettere che i loro padri, ma non loro stessi, avevano commesso peccati che li avevano resi meritevoli della cattività. Perciò si lamentavano di essere ingiustamente puniti per il peccato dei loro padri. Tale affermazione rappresenta una terribile accusa verso la giustizia di Dio.

Ma la pretesa che costoro avanzavano citando il proverbio e la risposta del Signore mostrano che il proverbio, oltre a non essere vero, non si applicava affatto a loro.

Prima di tutto, è necessario leggere il resto del capitolo. Dio pone in esso diverse questioni. Egli afferma con enfasi di essere giusto e corretto in tutte le sue vie, e che se un uomo è giusto e retto non sarà punto. Dall’altro lato, ciò significa che ci si sbaglia completamente se si pensa di essere del tutto senza peccato nonostante si subisca la punizione dei suoi padri meritavano.

Infatti, Dio dice che se un uomo pecca e si ravvede del suo peccato, egli non sarà punito (21). Un uomo muore per il suo stesso peccato, non per il peccato di qualcun altro.

Ezechiele 18 insegna che la volontà di Dio sia che i peccatori si ravvedano dai loro peccati, che lo servano e che osservino i Suoi comandamenti. Se i peccatori tornano indietro dai loro peccati e si ravvedono, Dio è pronto a perdonare e benedire. Ogni uomo può essere certo di ciò. Anche se un uomo ha genitori molto malvagi, se conduce una vita pia non sarà punito. Dio e misericordioso e grazioso, ma anche perfettamente giusto.

Che dire allora della responsabilità corporativa?

La via per scampare a tale colpa corporativa consiste nel ravvedersi personalmente. Il ravvedimento implica:

  1. Il riconoscere la propria parte nel peccato in questione.
  2. Fare il possibile per sradicare il peccato
  3. Condannare apertamente il peccato e mostrare agli altri perché si tratta di un peccato contro Dio.
  4. Non commettere di nuovo lo stesso peccato ma eliminarlo dalla propria vita, per grazia di Geova.

Ma c’è dell’altro. Dio punisce il peccato con il peccato, peccati piccoli con peccati grandi, e lo fa nelle generazioni. Per esempio, il peccato del quale un padre è colpevole è alla fine responsabilità dei figli. Dio visita l’iniquità dei padri sui figli (Esodo 20:5). Questa responsabilità è evidente dal fatto che i figli commettono lo stesso peccato, non solo, ma lo magnificano nelle loro vite. È così che il peccato dei loro padri diviene il loro, e quando vengono puniti, la loro punizione è una punizione per i loro propri peccati.

Oltre che tra i miei stessi parenti, io ho ripetutamente visto in altre famiglie cosa significa questo operare di Dio. Per esempio, genitori con famiglia possono, per una ragione o per un’altra, lasciare la vera chiesa insieme ai figli. Si uniscono ad una chiesa dove il vangelo non è predicato in tutta la sua purezza. Accade che i figli vanno alla deriva dalla verità anche più dei loro genitori. E, con il tempo e nelle future generazioni, finirà che i figli non andranno in chiesa affatto.

Tuttavia, se tra costoro ci sono individui che confessano il peccato di aver lasciato la vera chiesa, se tornano indietro dai loro peccati con ravvedimento e cercano perdono alla croce, essi non verranno puniti per i loro peccato e, tramite il ravvedimento, sperimenteranno le benedizioni dell’essere scampati al giudizio che verrà sui loro padri.

C’è sempre perdono e salvezza per colui si volge indietro dalla sua via malvagia – anche quando si tratta della stessa iniquità nella quale hanno camminato i suoi genitori. Costui si ravvede dal suo peccato – e si ravvede dal peccato dei suoi genitori quando si allontana da quella via iniqua. Prof. Hanko


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