I Canoni del Sinodo di Dordrecht
(1618-1619)
Introduzione
I Canoni di Dordrecht, la terza delle nostre
"Formule di Unità" (La Confessione Belga, il Catechismo di
Heidelberg, e i Canoni di Dordrecht), sono unici tra le
nostre confessioni per più di un aspetto. Essi sono l’unica delle nostre
confessioni che fu realmente composta da un assemblea ecclesiastica, il
Grande Sinodo del 1618-1619. Nati da una controversia interna nelle
Chiese Riformate di Olanda occasionata dall’insorgere dell’eresia
Arminiana, i Canoni sono l’espressione del giudizio del Sinodo
concernente i Cinque Punti della Rimostranza. Ciò spiega anche il fatto
che i Canoni sono divisi in cinque capitoli, e sostengono le verita
della sovrana predestinazione, dell’espiazione particolare, della totale
depravazione, della grazia irresistibile, e della perseveranza dei
santi. Siccome i Canoni sono una risposta ai Cinque Punti della
Rimostranza, essi presentano soltanto alcuni aspetti della verità
piuttosto che l’intero corpo d’essa come le nostre altre confessioni.
Per questa ragione anche ai Canoni è fatto riferimento nella nostra
Formula di Sottoscrizione come "la spiegazione di alcuni punti" di
dottrina contenuti nella Confessione di Fede e nel Catechismo
di Heidelberg. Ad ogni capitolo è aggiunta una Reiezione degli
Errori, che confuta vari errori specifici insegnati dagli Arminiani, e
fa questo sulla base della Scrittura, cosí che nei nostri Canoni la
verità è definita negativamente oltre che positivamente. I Canoni
rappresentano un consenso di tutte le Chiese Riformate di quel tempo.
Tutte le chiese Riformate parteciparono nell’opera del Sinodo di
Dordrecht, e quando i Canoni furono completati, i delegati stranieri
come quelli olandesi li affermarono sottoscrivendoli. Un servizio di
ringraziamento a Dio seguì il completamento d’essi, un servizio in cui
fu ricordato con gratitudine che il Signore aveva preservato le Chiese
Riformate nel mezzo di un conflitto di vita o morte, ed aveva preservato
per le chiese la verita che la salvezza è dal Signore soltanto.
Giudizio del Sinodo Nazionale delle Chiese Riformate
Belghe,
Tenutosi a Dordrecht, nell’anno MDCXVIII e MDCXIX, al
quale hanno partecipato gli insigni Teologi delle Chiese Riformate di
Gran Bretagna, Germania, Gallia, sui Cinque Capitoli di Dottrina
Controversi nelle Chiese Belghe, promulgato il VI Maggio MDCXIX.
Prefazione.
nel nome del signore e salvatore nostro gesu’ cristo.
amen.
Tra le molte consolazioni che il Signore e Salvatore
nostro Gesù Cristo ha dato alla Sua Chiesa militante in questa
travagliata peregrinazione, è a ragione celebrata quella che ha lasciato
mentre stava per andarsene al Padre suo nel santuario celeste: Ecco, Io
sono con voi tutti i giorni fino alla fine dell’età. La verità di questa
soavissima promessa risplende nella Chiesa di ogni tempo, la quale dal
momento che è stata dall’inizio oppugnata non soltanto dall’aperta
violenza dei nemici e dall’empietà degli eretici, ma anche dall’astuzia
coperta dei seduttori, di certo sarebbe stata oppressa già da molto
tempo dalla forza dei tiranni, o sedotta in rovina dalla frode degli
impostori, se il Signore l’avesse talvolta privata del presidio salutare
della promessa Sua presenza. Ma quel buon Pastore, che immutabilmente
ama il Suo gregge, per il quale depose la Sua vita, ha sempre represso
in modo miracoloso e tempestivo la rabbia dei persecutori, ed ha spesso
rivelato la Sua destra, ed ha messo in luce e dissipato le vie tortuose
e i consigli fraudolenti dei seduttori, dimostrando, in entrambe le
cose, di essere presentissimo nella Sua Chiesa. Illustre documento di
ciò si trova nelle storie di pii imperatori, re, e principi, che il
Figlio di Dio ha tante volte suscitato in aiuto della Sua Chiesa, e ha
acceso di santo zelo per la Sua casa. La loro opera non soltanto ha
frenato i furori dei tiranni, ma ha anche procurato alla Chiesa, che
combatteva con falsi dottori che adulteravano la religione in vari modi,
il rimedio di santi sinodi nei quali i fedeli servi di Cristo hanno
resistito vigorosamente, in preghiere, consigli e fatiche congiunte, per
la Chiesa e la verità di Dio, si sono opposti intrepidamente ai ministri
di Satana, benchè si trasformassero in angeli di luce, hanno soppresso i
semi d’errore e discordia, hanno conservato la Chiesa nella concordia
della pura religione, e hanno trasmesso illibato ai posteri il genuino
culto di Dio.
Con un simile beneficio il fedele nostro Salvatore ha
manifestato la Sua graziosa presenza in questo tempo alla Chiesa Belga,
molto afflitta ormai da molti anni. Essendo infatti questa Chiesa stata
vendicata dalla potente mano di Dio dalla tirannide dell’anticristo
Romano e dall’orribile idolatria del papato, custodita tante volte
miracolosamente nei pericoli di una lunga battaglia, e fiorente nella
concordia della vera dottrina e disciplina, a lode del suo Dio, per il
mirabile incremento della repubblica, ed il gaudio dell’intero mondo
riformato, Jacobus Arminius e i suoi seguaci, attribuitisi il nome di
Rimostranti, l’hanno tentata con vari errori, tanto antichi quanto
nuovi, dapprima nascostamente, poi apertamente, e turbatala
pertinacemente con scandalose dissensioni e scismi, l’hanno condotta ad
una tale divisione che, se non fosse intervenuta opportunamente la
commiserazione del Salvatore nostro, le fiorentissime Chiese si
sarebbero alla fine orribilmente infiammate di dissidi e scismi. Ma
benedetto sia il Signore nei secoli, il quale dopo che ha nascosto per
un momento il Suo volto da noi (che in molti modi abbiamo provocato la
Sua ira ed indignazione), ha attestato al mondo intero di non essersi
dimenticato del Suo patto, e di non disprezzare i sospiri dei Suoi.
Quando infatti umanamente non appariva quasi nessuna speranza di
rimedio, ha ispirato agli illustrissimi e potenti Ordini Generali
federati del Belgio questa mente: di decretare di andare incontro a
questi mali che infuriavano, per il consiglio e la direzione
dell’illustrissimo e fortissimo principe d’Orange, con mezzi legittimi,
che sono stati comprovati nel lungo corso dei tempi dagli esempi degli
stessi apostoli, e della Chiesa Cristiana che li ha seguiti, e che sono
stati usati prima d’ora con grande frutto anche nella Chiesa Belga, e di
convocare a Dordrecht un sinodo, con la sua autorità, composto di tutte
le province su cui hanno giurisdizione, avendo per esso richiesto ed
ottenuto, sia con il favore del serenissimo e potentissimo re Jacobus di
Gran Bretagna, sia di illustrissimi principi, conti, e repubbliche,
molti autorevolissimi teologi, affinchè codesti dogmi di Arminius e dei
suoi seguaci fossero accuratamente giudicati dal comune giudizio dei
teologi dell’intera Chiesa Riformata, e dalla sola Parola di Dio fosse
stabilita la vera dottrina, e rigettata la falsa, e, con la benedizione
divina, fossero restituite alle Chiese Belghe concordia, pace e
tranquillità. Questo è quel beneficio di Dio nel quale esultano le
Chiese Belghe, ed esse riconoscono e celebrano con gratitudine le
commiserazioni del fedele loro Salvatore.
Questo venerando Sinodo, dunque (dopo aver indetto e
celebrato, mediante l’autorità del sommo magistrato, preghiera e digiuno
in tutte le Chiese Belghe, per deprecare l’ira di Dio ed implorare il
Suo grazioso ausilio), congregato a Dordrecht nel nome del Signore,
acceso d’amore per il Nome Divino e la salvezza della Chiesa, e dopo
aver invocato il nome di Dio, ed essendosi obbligato con santo
giuramento a ritenere la sola Scrittura sacra come norma di giudizio, ed
a comportarsi con buona ed integra coscienza nella cognizione e nel
giudizio di questa causa, ha proceduto accuratamente e con grande
pazienza, avendo convocati dinanzi a sé i principali patroni di questi
dogmi, ad indurli ad esporre più pienamente la loro opinione riguardante
i noti Cinque Capi di dottrina, e le ragioni d’essa. Ma poiché hanno
ripudiato il giudizio del Sinodo, e si sono sottratti al rispondere alle
interrogazioni in un modo che fosse opportuno, né hanno loro giovato in
alcun modo le ammonizioni del Sinodo, o le ambasciate dei generosissimi
e magnificentissimi Delegati degli Ordini Generali, come nemmeno
gli ordini supremi degli stessi illustrissimi e potentissimi Ordini
Generali, il Sinodo è stato costretto a seguire un’altra via per volere
di codesti Signori, come di consuetudine ormai da tempo ricevuta dagli
antichi sinodi; ed è stato intrapreso l’esame di quei cinque dogmi dagli
scritti, confessioni, e dichiarazioni, in parte pubblicate in
precedenza, in parte esibite anche a questo Sinodo. Essendo ciò stato
portato a termine, quindi, per la singolare grazia di Dio, col consenso
di ogni singolo, con la massima diligenza, con fede, e convinzione,
questo Sinodo ha decretato di promulgare il seguente giudizio, mediante
il quale, a riguardo dei predetti Cinque Capi di Dottrina, viene sia
esposta l’opinione vera e conforme alla Parola di Dio, sia rigettata
quella falsa e dissenziente con la Parola di Dio, alla gloria di Dio, e
per provvedere all’integrità della verità salvifica, alla tranquillità
delle coscienze, ed alla pace e salvezza della Chiesa Belga.
Opinione sulla Divina Predestinazione, e Capi
Annessi,
Che il Sinodo di Dordrecht giudica conforme alla
Parola di Dio, e fin qui ricevuta nelle Chiese Riformate, esposta nei
seguenti Articoli.
Primo Capo di Dottrina, Della Divina Predestinazione
1.
Poiché tutti gli uomini in Adamo hanno peccato, e son divenuti colpevoli
di maledizione e morte eterna, Dio non avrebbe fatto ingiustizia a
nessuno se avesse voluto lasciare l’intero
genere umano nel peccato e nella maledizione e condannarlo a motivo del
peccato, secondo le parole dell'Apostolo: Tutto il mondo è sottoposto
al giudizio di Dio (Romani 3:19). Tutti hanno peccato e sono
privi della gloria di Dio (v. 23). E: Il salario del peccato è la
morte (Romani 6:23).
2.
Ma in questo l'amore di Dio
è stato manifestato: che Egli ha mandato il Suo unigenito Figlio nel
mondo, affinché chiunque crede in Lui non perisca ma abbia la vita
eterna (I Giovanni 4:9; Giovanni 3:16).
3. E affinchè gli uomini siano condotti alla fede, Dio con
clemenza manda gli araldi di questa lietissima novella a quelli che Egli
vuole, e quando vuole, per mezzo del cui ministero gli uomini sono
chiamati al pentimento e alla fede in Cristo crocifisso. Come
crederanno in colui che non hanno udito? Come udranno senza un
predicatore? Come predicheranno se non son mandati? (Romani
10:14-15).
4.
L’ira
di Dio rimane su coloro che non credono questo Evangelo. Ma coloro che
lo ricevono, ed accolgono il Salvatore Gesù con una fede vera e viva,
sono per mezzo di Lui liberati dall'ira di Dio e dalla distruzione, ed è
loro donata la vita eterna.
5.
La causa o colpa di questa
incredulità, come anche di tutti gli altri peccati, non risiede in alcun
modo in Dio, ma nell'uomo. Ma la fede in Gesù Cristo e la salvezza per
mezzo di Lui, è un dono gratuito di Dio, come è scritto: Per grazia
siete salvati mediante la fede; e ciò non da voi stessi; è il dono di
Dio (Efesini 2:8). Similmente: Poiché a voi è stato dato di
credere in Cristo
(Filippesi 1:29).
6.
Inoltre che ad alcuni nel
tempo sia donata la fede da Dio, e ad altri non sia donata, ciò procede
dal Suo eterno decreto: Infatti Egli conosce ogni sua opera ab
aeterno (Atti 15:18); ed Egli
opera tutte le cose secondo il consiglio della Sua volontà (Efesini
1:11); secondo il cui decreto intenerisce graziosamente i cuori degli
eletti per quanto duro esso sia, e li inclina a credere, ma in giusto
giudizio lascia i non eletti nella loro malizia e durezza. E qui
principalmente si apre a noi la profonda, misericordiosa e parimenti
giusta distinzione fra uomini egualmente perduti, o quel decreto di
elezione e riprovazione rivelato nella Parola di Dio, che come i
perversi, gli impuri e i poco stabili distorcono a loro perdizione, così
alle anime sante e religiose conferisce consolazione ineffabile.
7.
Ora, l'elezione è l’immutabile
proposito di Dio per il quale, prima della fondazione del mondo, fra l’intero
genere umano, caduto per sua colpa dalla sua primitiva integrità nel
peccato e nella perdizione, Egli ha eletto, secondo il liberissimo
beneplacito della Sua volontà, per mera grazia, una certa quantità di
uomini, né migliori né più degni degli altri, ma che giacevano con gli
altri in una comune miseria, a salvezza in Cristo, che ha anche ab
aeterno costituito Mediatore e capo di tutti gli eletti, e fondamento
della salvezza. E così ha decretato di darli a Lui per salvarli, e di
chiamarli e trarli efficacemente alla comunione di Lui per mezzo della
Sua Parola e Spirito, e ancora, per dare loro la vera fede di Lui, per
giustificarli, santificarli, e infine, avendoli potentemente custoditi
nella comunione del Figlio Suo, per glorificarli, a dimostrazione della
Sua misericordia e a lode delle ricchezze della gloriosa Sua grazia,
come è scritto: In Cristo ci ha eletti, prima della fondazione del
mondo, affinché fossimo santi e senza colpa dinanzi a lui nell'amore,
avendoci predestinati all’adozione
di figli per mezzo di Gesù Cristo, a Se Stesso, secondo il beneplacito
della sua volontà; a lode della gloria della sua grazia, nella quale ci
ha resi accetti nell'amato suo
(Efesini 1:4-6). Ed altrove: Quelli che ha predestinati, li ha pure
chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli
che ha giustificati, li ha pure glorificati (Romani 8:30).
8. Questa elezione non è multipla, ma è una e la stessa di tutti
quelli che saranno salvati nell'Antico e nel Nuovo Testamento, dal
momento che la Scrittura predica un solo beneplacito, proposito, e
consiglio della volontà di Dio, mediante cui siamo eletti ab eterno, e
alla grazia, e alla gloria, e alla salvezza, e alla via della salvezza
che ha preparata affinchè camminassimo in essa.
9. Questa stessa elezione è stata fatta non in base alla fede
prevista,
all’ubbidienza
della fede, a santità o a qualche altra buona qualità e disposizione che
sarebbe causa o condizione prerequisita nell’uomo
da essere eletto, ma è alla fede, all'ubbidienza della fede, alla
santità, etc. E perciò l'elezione è la fonte di ogni bene salvifico, da
cui profluiscono la fede, la santità e gli altri doni salvifici, e
infine la vita eterna stessa, come suoi frutti ed effetti, secondo le
parole dell'Apostolo: Ci ha eletti [non perché eravamo, ma]
affinché fossimo santi e senza colpa dinanzi a lui nell'amore
(Efesini 1:4).
10.
In verità la causa di
questa gratuita elezione è il solo beneplacito di Dio, non consistente
nel fatto che ha eletto quale condizione della salvezza certe qualità o
azioni umane tra tutte quelle possibili, ma nel fatto che ha adottato a
Sè come patrimonio certune persone dalla comune moltitudine dei
peccatori, come è scritto: Poiché prima che fossero nati e che
avessero fatto alcun che di bene o di male etc.,
le fu detto [a Rebecca]: Il maggiore servirà al minore: secondo
che è scritto: ho amato Giacobbe, ho odiato Esaù (Romani 9:11-12).
E: e quanti erano ordinati alla vita eterna, credettero (Atti
13:48).
11.
E siccome Dio Stesso è
sapientissimo, immutabile, onnisciente, ed onnipotente, così l'elezione
da Lui fatta non può essere né interrotta, né cambiata, né revocata, né
troncata, nè gli eletti possono essere rigettati, né il loro numero
diminuito.
12.
Di questa eterna ed
immutabile loro elezione a salvezza, gli eletti sono resi certi a suo
tempo, benchè in vari gradi e diversa misura, tuttavia non indagando
curiosamente i segreti e le profondità di Dio, ma osservando in sé
stessi, con gioia spirituale e santa voluttà, i frutti infallibili
dell'elezione, indicati nella Parola di Dio, quali sono la vera fede in
Cristo, il timore filiale di Dio, una tristezza secondo Dio per il
peccato, fame e sete di giustizia, etc.
13.
Dal senso e dalla certezza
di questa elezione i figli di Dio traggono quotidianamente motivo
maggiore per umiliarsi davanti a Dio, per adorare l'abisso della Sue
misericordie, per purificare se stessi, e per amare ardentemente Colui
che per primo li ha tanto amati: tanto lontano è dal vero che per questa
dottrina dell’elezione
e la sua meditazione essi sono resi pigri nell’
osservanza
dei comandamenti divini, o carnalmente sicuri. Questo, per giusto
giudizio di Dio, suole avvenire a quelli che, o presumendo
avventatamente, o ciarlando oziosamente e protervamente della grazia
dell'elezione, non vogliono camminare nelle vie degli eletti.
14.
Poiché questa dottrina
dell'elezione divina secondo il sapientissimo consiglio di Dio è stata
predicata dai profeti, da Cristo stesso, e dagli Apostoli, tanto sotto
il Vecchio che sotto il Nuovo Testamento, ed è poi stata messa per
iscritto nelle Sacre Scritture, deve anche oggi essere pubblicata nella
Chiesa di Dio, alla quale particolarmente è destinata, con spirito di
discrezione, religiosamente e santamente, nel suo luogo e tempo, avendo
abbandonato ogni curioso scrutinio delle vie dell’
Altissimo,
e ciò alla gloria del santissimo nome divino, e per la viva consolazione
del Suo popolo.
15.
Del resto, la Sacra
Scrittura tanto più massimamente ci illustra e presenta questa eterna e
gratuita grazia della nostra elezione quando inoltre testimonia che non
tutti gli uomini sono eletti, ma che certuni sono non-eletti, o passati
oltre nell’
eterna elezione di Dio, i
quali Dio, secondo il Suo liberissimo, giustissimo, irreprensibile, ed
immutabile beneplacito, ha decretato di lasciare nella comune miseria in
cui si sono precipitati per colpa propria, e di non dare loro la grazia
della fede salvifica e della conversione, ma, avendoli abbandonati nelle
loro vie, e sotto giusto giudizio, infine di condannarli e di punirli
eternamente non soltanto a motivo della loro infedeltà, ma anche di
tutti gli altri peccati, per la dichiarazione della Sua giustizia. E
questo è il decreto di riprovazione, il quale non fa in alcun modo Dio
autore del peccato (pensare la qual cosa è blasfemo) ma lo pone giudice
e vendicatore tremendo, irreprensibile, e giusto.
16.
Coloro che non ancora
percepiscono efficacemente in se stessi una viva fede in Gesù Cristo o
una sicura fiducia di cuore, la pace della coscienza, la diligente
ricerca di filiale ubbidienza, un gloriarsi in Dio mediante Cristo, ma
che tuttavia usano i mezzi con i quali Dio ha promesso di operare queste
cose in noi, non devono essere costernati alla menzione della
riprovazione, né ascriversi tra i reprobi, ma devono perseverare con
diligenza nell'uso dei mezzi, e desiderare ardentemente l'ora in cui
verrà una grazia più abbondante ed aspettarla riverentemente ed
umilmente. Ancor meno devono essere atterriti dalla dottrina della
riprovazione coloro che, anche se desiderano seriamente di esser
convertiti a Dio, piacere unicamente a Lui, ed esser liberati dal corpo
di morte, non possono ancor tuttavia pervenire al punto che vogliono
nella loro via di pietà e fede, poiché Dio, che è misericordioso, ha
promesso che non spegnerà il lucignolo fumante, né spezzerà la canna
incrinata. Ma questa dottrina è giustamente motivo di terrore per coloro
che, dimentichi di Dio e del Salvatore Gesù Cristo, si sono totalmente
arresi alle sollecitudini del mondo e alle voluttà della carne, fintanto
che non si convertiranno seriamente a Dio.
17.
Dal momento che dobbiamo
giudicare della volontà di Dio dalla Sua Parola, la quale testimonia che
i figli dei fedeli sono santi, non certo per natura, ma per il beneficio
del patto di grazia, nel quale essi sono compresi con i genitori, i
genitori pii non devono dubitare dell'elezione e della salvezza dei loro
figli che Dio chiama fuori da questa vita nell’
infanzia.
18.
A chi mormora contro questa grazia dell'elezione gratuita e la severità
della giusta riprovazione noi opponiamo ciò che dice l'Apostolo:
Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio?
(Romani 9:20). E quello che dice il nostro Salvatore: Non m'è lecito
far del mio ciò che voglio? (Matteo 20:15). Ma noi che adoriamo
religiosamente questi misteri esclamiamo con l'apostolo: O profondità
della ricchezza e della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto
inscrutabili sono i suoi giudizi ed ininvestigabili le sue vie! Chi
infatti ha conosciuto la mente del Signore? O chi è stato il suo
consigliere? O chi gli ha dato per il primo, così che gli sarà
ricompensato? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le
cose, al quale sia la gloria in eterno. Amen (Romani 11:33-36).
Reiezione degli Errori
Esposta la dottrina ortodossa dell'Elezione e della
Riprovazione, il Sinodo rigetta gli errori di:
1.
Coloro che insegnano:
"
La volontà di
Dio di salvare quelli che crederanno, e che persevereranno nella fede e
nell'ubbidienza della fede, è il totale ed intero decreto dell'elezione
a salvezza; e null'altro è rivelato nella parola di Dio circa questo
decreto."
Essi infatti ingannano i
più semplici, e contraddicono manifestamente la Scrittura sacra, la
quale testimonia che Dio non soltanto vuole salvare quelli che
crederanno, ma anche che ab aeterno ha eletto certuni uomini ai quali, a
confronto di altri, donerà a suo tempo fede in Cristo e perseveranza,
come è scritto: Io ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu
m'hai dati (Giovanni 17:6). Similmente: E tutti quelli che erano
ordinati a vita eterna, credettero (Atti 13:48). E:
Ci ha eletti prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi
(Efesini 1:4).
2. Coloro che insegnano:
"
L'elezione
di Dio alla vita eterna è molteplice: l’
una
generale ed indefinita, l'altra particolare e definita; e questa
elezione è inoltre o incompleta, revocabile, non perentoria, ma
condizionale, oppure completa, irrevocabile, perentoria o assoluta."
Similmente: "
L’
una
elezione è alla fede, l'altra alla salvezza, in modo che l'elezione alla
fede che giustifica può esistere senza l'elezione perentoria alla
salvezza."
Ciò è infatti invenzione
della mente umana, è concepito al di fuori delle Scritture, corrompe la
dottrina dell'elezione, e infrange questa aurea catena della salvezza:
Quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati, e quelli che ha
predestinati, li ha pure chiamati, e quelli che ha chiamati, li ha pure
giustificati, e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati
(Romani 8:30).
3. Coloro che insegnano:
"
Il
beneplacito e il proposito di Dio, di cui la Scrittura fa menzione nella
dottrina dell'elezione, non consiste nel fatto che Dio ha eletto alcuni
uomini a confronto di altri, ma nel fatto che, fra tutte le possibili
condizioni (tra le quali anche le opere della legge) o dall’
ordine
di tutte le cose, Dio ha eletto come condizione della salvezza l'atto di
fede, in sé ignobile, e l'ubbidienza imperfetta della fede, ed ha voluto
graziosamente considerare ciò come ubbidienza perfetta, e giudicarlo
degno della redarguizione della vita eterna."
Con quest'errore pernicioso, infatti, il beneplacito di Dio e il merito
di Cristo vengono sminuiti, gli uomini sono distolti, da inutili
domande, dalla verità della giustificazione gratuita, e dalla semplicità
delle Scritture; e questa dichiarazione dell'Apostolo è accusata di
falso: Dio ci ha chiamati con una santa vocazione, non secondo le
nostre opere, ma secondo il proprio proponimento e la grazia che ci è
stata data in Cristo Gesù prima dell’eternità
(II Timoteo 1:9).
4. Coloro che insegnano:
"
Nell'elezione
alla fede è prima richiesta questa condizione: che l'uomo usi rettamente
la luce di natura, che sia probo, modesto, umile, e disposto alla vita
eterna, quasi che l'elezione dipendesse in un certo grado da queste
cose."
Essi sanno infatti
di Pelagio, e in modo non affatto oscuro accusano di falso l’
Apostolo
che scrive: Tra i quali noi tutti pure una volta vivevamo nella
concupiscenza della nostra carne, compiendo i desideri della carne e
della mente, ed eravamo per natura figli d’ira,
come il resto, ma Dio, essendo ricco in misericordia, per il suo grande
amore col quale ci ha amati, anche quando eravamo morti attraverso i
nostri peccati, ci ha vivificati insieme con Cristo (per grazia siete
salvati), e ci ha risuscitati con lui, e ci ha fatto sedere con lui nei
luoghi celesti, in Cristo Gesù; così che nell’età
a venire egli potesse mostrare le eccellenti ricchezze della sua grazia
in benignità verso di noi in Cristo Gesù, perchè
per grazia voi siete salvati attraverso la fede; e ciò
non da voi stessi, è il dono di Dio;
non da opere, affinchè nessuno si
glori (Efesini 2:3-9).
5. Coloro che insegnano:
"
L'elezione
delle singole persone alla salvezza, incompleta e non perentoria, è
stata fatta in base alla prevista fede, conversione, santità e pietà,
iniziate o continuate per qualche tempo; quella completa e perentoria
invece in base alla prevista perseveranza finale della fede, della
conversione, della santità e della pietà, e questa è la dignità graziosa
ed evangelica, per la quale chi è eletto è più degno di chi non è
eletto, cosicché la fede, l'ubbidienza della fede, la santità, la pietà,
e la perseveranza non sono i frutti o gli effetti dell'elezione
immutabile alla gloria, ma le condizioni, e le cause imprescindibili di
essa, che da e in coloro che dovranno essere eletti completamente sono
in precedenza richieste, e previste, come se già compiute."
Ciò ripugna all’
intera Scrittura, la
quale ovunque inculca ai nostri orecchi e cuori questa ed altre
dichiarazioni: L’elezione
non è da opere ma da colui che chiama
(Romani 9:11). Tutti quelli che erano ordinati a vita eterna,
credettero (Atti 13:48). In Lui ci ha eletti affinché fossimo
santi (Efesini 1:4). Non siete voi che avete scelto me ma son io
che ho scelto voi (Giovanni 15:16). Ma se è per grazia, non è più
per opere (Romani 11:6). In questo è l'amore: non che noi abbiamo
amato Dio, ma che Egli ha amato noi, ed ha mandato suo Figlio
(I Giovanni 4:10).
6.
Coloro che insegnano:
"
Non ogni
elezione alla salvezza è immutabile, ma certuni eletti, nonostante ogni
decreto di Dio, possono perire e perire in eterno."
Con questo crasso errore: fanno Dio mutevole, rovesciano la consolazione
dei pii circa la sicurezza della loro elezione, contraddicono le
Scritture sacre che insegnano: gli eletti non possono esser sedotti
(Matteo 24:24); Cristo non perde quelli che Gli sono stati dati dal
Padre (Giovanni 6:39); quelli che Dio ha predestinati, chiamati,
giustificati, li ha pure glorificati (Romani 8:30).
7.
Coloro che insegnano:
"
Dell'elezione
immutabile alla gloria in questa vita non vi è nessun frutto, nessun
senso, nessuna certezza, se non da una condizione mutevole e
contingente."
Oltre al fatto che è davvero assurdo postulare una certezza incerta, ciò
è avverso all'esperienza dei santi, che con l'Apostolo esultano al senso
della loro elezione, e celebrano questo beneficio di Dio; che con i
discepoli si rallegrano secondo l'ammonizione di Gesù Cristo del
fatto che i loro nomi sono scritti nei cieli (Luca 10:20); che
infine oppongono il senso dell'elezione ai dardi infiammati delle
tentazioni diaboliche, chiedendo: Chi accuserà di qualcosa gli eletti
di Dio? (Romani 8:33).
8.
Coloro che insegnano:
"
Dio di sola
Sua giusta volontà non ha decretato di lasciare nessuno nella caduta di
Adamo e nel comune stato di peccato e di dannazione, o di passare oltre
nella comunicazione della grazia necessaria alla fede e alla
conversione."
Rimane infatti fermo
questo: Egli fa misericordia a chi vuole e indura chi vuole
(Romani 9:18). E questo: A voi è dato di conoscere i misteri del
regno dei cieli, ma a loro non è dato (Matteo 13:11). Similmente:
Io ti rendo lode o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai
nascoste queste cose ai savi e agli intelligenti e le hai rivelate ai
piccoli fanciulli. Sì, Padre, perché così t'è piaciuto (Matteo
11:25-26).
9. Coloro che insegnano:
"
La
causa per la quale Dio invia il Vangelo a certuni piuttosto che ad altri
non è il mero e solo beneplacito di Dio, ma perché tal popolo è migliore
e maggiormente degno di coloro a cui il Vangelo non è comunicato."
Mosè infatti obietta, parlando in tal modo del popolo israelita: Ecco
a Jehovah, tuo Dio, appartengono i cieli ed i cieli dei cieli, la terra,
e tutto quanto è in essa; soltanto nei tuoi padri Jehovah ebbe diletto,
per amarli; ed egli scelse la loro progenie dopo di loro, cioè voi tra
tutti i popoli, come in questo giorno (Deuteronomio 10:14-15). E
Cristo: Guai a te, Corazim! Guai a te, Betsaida! Perché se in Tiro e
Sidone fossero state fatte le opere potenti compiute fra voi, già da
gran tempo si sarebbero pentite in sacco e cenere (Matteo 11:21).
Secondo Capo di
Dottrina, Della Morte di Cristo e della Redenzione degli Uomini Mediante
Essa
1.
Dio non soltanto è sommamente misericordioso, ma anche sommamente
giusto. E la Sua giustizia richiede, (per come si è rivelata nella
Parola), che i nostri peccati, commessi contro la Sua infinita maestà,
siano puniti con pene non solo temporali ma anche eterne, sia in anima,
sia in corpo; le quali pene non possiamo evitare se non è soddisfatta la
giustizia di Dio.
2.
Ma poiché
non possiamo soddisfarla
noi stessi, nè liberarci dall’
ira di
Dio, Dio per immensa misericordia ci ha dato il Figlio Suo unigenito
come garante, il quale per soddisfare per noi è stato fatto peccato e
maledizione in croce per noi, in vece nostra.
3.
Questa morte del Figlio di
Dio è l'unica e perfettissima vittima e soddisfazione per i peccati, di
infinito valore e prezzo, abbondantemente sufficiente ad espiare i
peccati di tutto il mondo.
4.
E per questo motivo questa
morte è di tanto valore e prezzo, in quanto la persona che l'ha subita
non è solo un uomo vero e perfettamente santo, ma anche l'unigenito
Figlio di Dio, di una medesima essenza eterna ed infinita col Padre e lo
Spirito Santo, quale doveva essere il nostro Salvatore. Di qui il perchè
la sua morte è stata coniugata col senso dell’
ira
e della maledizione di Dio, di cui noi eravamo meritevoli per i nostri
peccati.
5.
Del resto, la promessa del
Vangelo è: che chiunque crede in Cristo crocifisso non perisca, ma abbia
vita eterna. Questa promessa deve essere promiscuamente ed
indiscriminatamente annunciata e testimoniata insieme al comandamento di
ravvedimento e fede a tutti i popoli e gli uomini ai quali Dio secondo
il Suo beneplacito manda l’
Evangelo.
6.
Che molti poi di quelli che sono chiamati mediante l'Evangelo non si
ravvedono, né credono in Cristo, ma periscono nell'infedeltà, ciò non
avviene per difetto, o insufficienza, del sacrificio di Cristo offerto
in croce, ma loro propria colpa.
7.
Tutti quelli che invece credono veramente, e che mediante la morte di
Cristo sono liberati e salvati dai peccati, e dalla perdizione, essi non
ottengono questo beneficio se non per sola grazia di Dio, che Egli non
deve a nessuno, data ab aeterno a loro in Cristo.
8.
Questo infatti è stato il liberissimo consiglio, e la graziosissima
volontà ed intenzione di Dio Padre: che l'efficacia vivificante e
salvifica della morte preziosissima del Figlio Suo si estendesse a tutti
gli eletti, per dare ad essi soli la fede che giustifica, e tramite essa
per attrarli irresistibilmente alla salvezza: cioè, Dio ha voluto che
Cristo, mediante il sangue della croce (con il quale ha confermato il
nuovo patto) redimesse efficacemente da ogni popolo, tribù, nazione e
lingua, tutti coloro e solo coloro che ab aeterno sono stati eletti a
salvezza, e che gli sono stati dati dal Padre, che donasse loro fede
(che, come anche gli altri doni salvifici dello Spirito Santo, fu
acquistata per essi mediante la Sua morte), che li mondasse col sangue
Suo da ogni peccato, tanto originale che attuale, commesso tanto dopo
che prima della fede, per custodirli fedelmente fino alla fine, e farli
infine comparire gloriosi davanti a Sè, senza alcuna macchia né difetto.
9.
Questo consiglio, proceduto dall'eterno amore di Dio verso gli eletti, è
stato compiuto potentemente dall'inizio del mondo fino al tempo
presente, le porte dell'inferno essendovisi opposte invano, e sarà
compiuto anche di qui in seguito: così che gli eletti a suo tempo
saranno riuniti in uno, e vi sia sempre una certa chiesa di credenti
fondata nel sangue di Cristo, che ami con costanza, serva con
perseveranza, e celebri qui ed in ogni eternità il suo Salvatore che per
essa, come uno Sposo per la Sua sposa, ha esposto la Sua anima in croce.
Reiezione degli Errori
Esposta la dottrina ortodossa, il Sinodo respinge gli
errori di:
1. Coloro che insegnano:
"
Che Dio Padre ha destinato il Figlio Suo
alla morte di croce senza certo e definito consiglio di salvare qualcuno
in particolare, in modo che la necessità, l'utilità, la dignità di ciò
che ha acquisito la morte di Cristo avrebbe potuto essere preservata
intatta, e perfetta nelle sue parti, completa ed integra, anche se la
redenzione conseguita con questo stesso atto non fosse mai stata
applicata ad alcun individuo."
Questa asserzione infatti è ingiuriosa verso la sapienza di Dio Padre ed
il merito di Gesù Cristo, e contraria alla Scrittura. Così infatti dice
il Salvatore: Metto la mia vita per le pecore ... ed Io le conosco
(Giovanni 10:15, 27). E del Salvatore il profeta Isaia dice:
Dopo aver dato la sua vita in sacrificio per la colpa, egli vedrà una
progenie, prolungherà i suoi giorni, e la volontà di Jehovah prospererà
nella sua mano (Isaia 53:10). Infine, sovverte l'articolo di Fede
mediante il quale crediamo la Chiesa.
2.
Coloro che insegnano:
"
Non fu il
fine della morte di Cristo di sancire con la stessa il nuovo patto di
grazia nel Suo sangue, ma soltanto di acquistare al Padre il mero
diritto di entrare di nuovo in un patto qualunque con gli uomini, di
grazia o di opere."
Ciò infatti
ripugna alla Scrittura, la quale insegna che Cristo è stato fatto
Garante e Mediatore di un patto migliore, cioè del nuovo (Ebrei
7:22). E: un testamento è ratificato soltanto nella morte (Ebrei
9:15, 17).
3. Coloro che insegnano:
"
Cristo
per mezzo della Sua soddisfazione non ha meritato per nessuno in modo
certo la salvezza stessa e la fede mediante la quale questa
soddisfazione di Cristo è efficacemente applicata a salvezza, ma ha
soltanto acquistato al Padre la potestà o piena volontà di trattare
nuovamente con gli uomini, e di prescrivere loro nuove condizioni, quali
egli volesse, il cui adempimento dipendesse dal libero arbitrio
dell'uomo, e per questo motivo avrebbe potuto verificarsi che nessuno
come tutti avrebbero potuto adempierle."
Costoro infatti giudicano in modo troppo abietto della morte di Cristo,
non riconoscono in nessun modo il principale frutto o beneficio
acquistato per mezzo d’
essa, e
richiamano dall’
inferno l'errore
Pelagiano.
4.
Coloro che insegnano:
"
Questo nuovo patto di grazia, che Dio Padre
ha stabilito con gli uomini per la mediazione della morte di Cristo, non
consiste in questo: che davanti a Dio siamo giustificati e salvati
mediante la fede in quanto si appropria del merito di Cristo, ma in
questo: che Dio, abrogata l'esigenza della perfetta ubbidienza legale,
considera la fede stessa e l'ubbidienza imperfetta della fede come
perfetta ubbidienza della legge, e per grazia la stima degna del premio
della vita eterna."
Costoro infatti contraddicono la Scrittura: Essendo giustificati
gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Gesù
Cristo, il quale Dio ha prestabilito come propiziazione mediante la fede
nel suo sangue (Romani 3:24-25). E con l’
empio
Socino, contro il consenso di tutta la Chiesa, introducono una nuova e
strana giustificazione dell'uomo davanti a Dio.
5. Coloro che insegnano:
"
Tutti
gli uomini sono ricevuti nello stato di riconciliazione e nella grazia
del patto, cosicché nessuno è soggetto alla condanna, né sarà condannato
a motivo del peccato originale, ma tutti sono immuni dalla colpa di
codesto peccato."
Questo giudizio infatti ripugna alla Scrittura, che afferma: siamo
per natura figli d'ira (Efesini 2:3).
6.
Coloro che usurpano della distinzione fra l'acquisizione e l’
applicazione,
per istillare agli incauti ed inesperti questa opinione: Dio, per quanto
attiene a Sè, ha voluto conferire a tutti gli uomini equamente i
benefici che sono stati acquisiti mediante la morte di Cristo; ma quanto
al fatto che alcuni piuttosto che altri sono fatti partecipi della
remissione dei peccati, e della vita eterna, questa discriminazione
dipende dal libero arbitrio di loro, che si applica alla grazia che è
indifferentemente offerta, e non dal dono particolare di misericordia,
che agisce efficacemente in essi, affinché in confronto ad altri
applichino quella grazia a sé stessi. Codesti infatti, mentre appaiono
proporre questa distinzione con sano senno, cercano di dare a bere al
popolo il pernicioso veleno del Pelagianismo.
7. Coloro che insegnano:
"
Cristo
non ha potuto né dovuto morire, né è morto per quelli che Dio ha
sommamente amati, ed eletti a vita eterna, poichè per tali la morte di
Cristo non è necessaria."
Contraddicono infatti l'Apostolo che dice: Cristo mi ha amato e ha
dato se stesso per me (Galati 2:20). Similmente: Chi accuserà di
qualcosa gli eletti di Dio? Dio è colui che giustifica. Chi è che
condanna? Cristo Gesù è colui che è morto (Romani 8:34), appunto,
per loro. E il Salvatore che asserisce: Io metto la mia vita
per le mie pecore (Giovanni 10:15). E: Questo è il mio
comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi.
Nessuno ha amore più grande che quello di dar la sua vita per i suoi
amici (Giovanni 15:12-13).
Terzo e Quarto Capo di Dottrina, Della Corruzione
dell’Uomo, la Sua Conversione a Dio, ed il Modo in cui Avviene
1.
L'uomo in origine fu formato ad immagine di Dio, adornato nella mente di
una vera e benefica conoscenza del suo Creatore e delle cose spirituali,
di giustizia nella volontà e nel cuore, di purezza in ogni sua
affezione, e così era interamente santo; ma allontanandosi da Dio per
istigazione del Diavolo, e per sua libera volontà, privò se stesso di
questi eccellenti doni, e al contrario in luogo d’
essi
contrasse cecità, orribili tenebre, vanità, e perversità di giudizio
nella mente, malizia, ribellione, e durezza nella volontà e nel cuore, e
infine impurità in ogni affezione.
2.
Quale inoltre fu l’
uomo
dopo la caduta, tali figli anche procreò, appunto: corrotto l’
uno
corrotti gli altri; la corruzione essendo derivata da Adamo in tutti i
posteri [Cristo solo eccettuato] non per imitazione [cosa che un tempo
vollero i Pelagiani], ma per propagazione della natura viziosa, per
giusto giudizio di Dio.
3.
Dunque tutti gli uomini
sono concepiti nel peccato, e nascono figli d’
ira,
inetti ad ogni bene salvifico, propensi al male, morti nei peccati, e
schiavi del peccato; e senza la grazia dello Spirito Santo rigenerante,
non vogliono, né possono tornare a Dio, correggere la natura depravata,
o disporsi alla sua correzione.
4.
Dopo la caduta nell’
uomo
vi è senza dubbio una qualche residua luce di natura, per il cui
beneficio egli ritiene una qualche idea di Dio, delle cose naturali, del
discrimine tra ciò che è onesto e ciò che è turpe, e dimostra una
qualche ricerca della virtù e di una disciplina esterna; ma tanto
lontano è dal poter pervenire, con questa luce naturale, alla conoscenza
salvifica di Dio, e dal potersi convertire a Lui, che non la usa
rettamente nemmeno nelle cose naturali e civili, anzi di più, quale che
essa effettivamente sia, la contamina totalmente in vari modi, e la
detiene nell'ingiustizia, nel far la qual cosa è reso inescusabile
davanti a Dio.
5.
Come della luce di natura,
questa stessa è la ragione del Decalogo consegnato da Dio in modo
peculiare ai Giudei per mezzo di Mosè: mentre infatti manifesta la
grandezza del peccato, e dichiara l’
uomo
sempre più colpevole d’
esso, non
esibisce rimedio, né conferisce forze per liberarsi dalla miseria, e
così, indebolito dalla carne, lascia il trasgressore nella maledizione,
e l’
uomo non può ottenere mediante
esso la grazia salvifica.
6.
Ciò dunque che non può fare
né la luce naturale, né la legge, Dio lo fa per virtù dello Spirito
Santo, per mezzo della Parola, o ministerio della riconciliazione, che è
l’
Evangelo concernente il Messia, per
mezzo del quale è piaciuto a Dio di salvare i credenti tanto nel
Vecchio, quanto nel Nuovo Testamento.
7.
Questo mistero della Sua
volontà Dio lo ha rivelato a pochi nel Vecchio Testamento, ma nel Nuovo
Testamento, abolita ormai la discriminazione tra i popoli, lo manifesta
a un numero maggiore. La causa di questa dispensazione non deve essere
attribuita alla dignità di una nazione a confronto di un’
altra,
o all’
uso migliore della luce di
natura, ma al liberissimo beneplacito, e al gratuito amore di Dio.
Quindi coloro ai quali oltre e contrariamente a ogni merito è fatta una
così grande grazia, devono riconoscerla con umile e grato cuore, ma
negli altri, a cui questa grazia non è fatta, devono con l'Apostolo
adorare la severità e la giustizia del giudizio di Dio, ma in nessun
modo indagare con curiosità.
8.
Quanti siano chiamati,
però, mediante l’
Evangelo, sono
chiamati seriamente. Dio infatti mostra seriamente e verissimamente, con
la Sua Parola, ciò che Gli è gradito, e cioè, che i chiamati vengano a
Lui. Promette anche seriamente a tutti coloro i quali vengono a Lui e
credono, il riposo delle anime e la vita eterna.
9.
La colpa del fatto che
molti chiamati mediante il ministero dell’
Evangelo
non vengono e non si convertono, non è né nel Vangelo, né in Cristo
presentato per mezzo dell’
Evangelo, né
in Dio che chiama mediante l’
Evangelo,
e conferisce loro anche vari doni, ma nei chiamati stessi, tra i quali
alcuni, incuranti, non ricevono la parola di vita; altri certamente la
ricevono, ma non l’
ammettono nel
profondo del cuore, e per questo, dopo il gaudio evanescente di una fede
temporanea, si ritraggono; altri, per le spine delle sollecitudini e le
voluttà del secolo, soffocano la semenza della parola, e non portano
alcun frutto; cosa che il Salvatore nostro insegna nella parabola della
semenza (Matteo 13).
10.
Ma che altri, chiamati
mediante il ministero dell'Evangelo, vengono e sono convertiti, non deve
essere ascritto all'uomo, come se per il libero arbitrio distinguesse se
stesso da altri forniti di pari o sufficiente grazia per la fede e la
conversione (cosa che dichiara la superba eresia di Pelagio), ma a Dio
il quale, come ha eletto i Suoi ab aeterno in Cristo, così anche nel
tempo li chiama efficacemente, dona loro fede e ravvedimento, e
sottrattili alla potestà delle tenebre, li trasferisce nel Regno del Suo
Figlio, affinché dichiarino le virtù di Colui che li ha chiamati dalle
tenebre nella Sua luce meravigliosa, e si glorino non in sé stessi, ma
nel Signore. La Scrittura apostolica testimonia di ciò dovunque.
11.
Inoltre, quando Dio esegue
questo Suo beneplacito negli eletti, o opera in loro la vera
conversione, non soltanto si cura a che l’
Evangelo
sia loro predicato esternamente, e illumina potentemente la loro mente
mediante lo Spirito Santo, affinché capiscano e discernino rettamente le
cose che sono dello Spirito di Dio, ma per l'efficacia di questo Stesso
Spirito rigenerante penetra fino nell’
intimo
dell'uomo, apre il cuore chiuso, ammorbidisce quello duro, circoncide
quello prepuziato, infonde nuove qualità nella volontà, e la rende da
morta viva, da cattiva buona, da nolente volente, da refrattaria
accondiscendente, e la aziona e fortifica, affinché, come un buon
albero, possa produrre un frutto di buone azioni.
12.
E questa è quella
rigenerazione tanto celebrata nelle Scritture, la nuova creazione, la
risurrezione dai morti, e la vivificazione, che Dio opera senza di noi,
in noi. Ed essa non avviene affatto mediante il mero suono esterno della
dottrina, o con la persuasione morale, o in un modo di operare tale che
dopo l’
operazione di Dio rimanga
negli uomini la potestà di essere rigenerati o non essere rigenerati,
convertiti o non essere convertiti; ma è un'operazione assolutamente
sovrannaturale, potentissima e insieme soavissima, mirabile, arcana, ed
ineffabile, nella sua virtù, secondo la Scrittura (che è ispirata dall’
Autore
di quest’
opera), non minore o
inferiore rispetto alla creazione, nè alla risurrezione dai morti, in
modo che tutti quelli nei cui cuori Dio opera in questo modo
meraviglioso, sono rigenerati certamente, infallibilmente, ed
efficacemente, e di fatto credono. E da allora la volontà già rinnovata,
non soltanto è azionata e mossa da Dio, ma azionata da Dio agisce anch’
essa
stessa. Per questo viene anche correttamente detto che è l'uomo stesso a
credere e a ravvedersi per mezzo di questa grazia ricevuta.
13.
I fedeli non possono
comprendere pienamente in questa vita il modo di questa operazione;
riposano nel frattempo in questo: che sanno e sentono che, mediante
questa grazia di Dio, essi credono col cuore, ed amano il loro
Salvatore.
14. Così dunque la fede è il
dono di Dio, non poichè è offerta da Dio all’arbitrio
dell'uomo, ma perché è essa stessa conferita, ispirata e infusa
nell'uomo. Nemmeno perchè Dio conferisca soltanto la potenza di credere,
e che poi aspetti il consenso o l’atto
di credere dall’arbitrio dell’uomo,
ma perché Egli, che opera sia il volere che l’agire,
e che anzi opera ogni cosa in tutti, compie nell’uomo
sia il voler credere, sia il credere stesso.
15. Questa grazia Dio non la
deve a nessuno. Cosa infatti dovrebbe a colui che per primo non può dare
nulla, affinché gli sia restituito? Sì, cosa dovrebbe a colui che di suo
non ha nulla se non peccato e menzogna? Colui che dunque riceve questa
grazia deve rendere e rende eternamente grazie a Dio solo; colui che non
la riceve: o non si cura affatto di queste cose spirituali, e si
compiace in quel che è suo, oppure, sentendosi sicuro, si gloria invano
di avere ciò che non ha. Inoltre, riguardo a coloro che esteriormente
professano la fede, ed emendano la loro vita, si deve parlarne e
giudicarne al meglio secondo l'esempio degli Apostoli, perché i recessi
del cuore ci sono sconosciuti. Per gli altri invece, che ancora non sono
chiamati, si deve pregare Dio, il quale chiama le cose che non sono come
se fossero. Di certo non si deve in alcun modo essere superbi nei loro
confronti, come se ci fossimo distinti da noi stessi.
16. Tanto realmente quanto
mediante la caduta l’uomo non ha
desistito dall’essere uomo, dotato di
intelletto e volontà, e il peccato, che ha pervaso l’intero
genere umano, non ha annullato, ma ha depravato, ed ucciso
spiritualmente, la natura del genere umano, così anche questa grazia
divina di rigenerazione non agisce negli uomini come in tozzi e blocchi,
nè annulla la volontà e le sue proprietà, o la costringe violentemente
contro il suo volere, ma la vivifica, sana, corregge spiritualmente, la
modella in modo insieme soave e potente, affinché laddove prima dominava
ribellione e resistenza della carne, cominci ora a regnare una pronta e
sincera ubbidienza dello Spirito, di cui consistono il vero e spirituale
rinnovamento e libertà della nostra volontà. Se questo ammirabile
Artefice di ogni bene non agisse in tal modo verso di noi, non vi è per
l’uomo nessuna speranza di risorgere
dalla caduta per mezzo del libero arbitrio, mediante il quale, mentre
stava in piedi, si precipitò in rovina.
17. Allo stesso modo in cui
quell’onnipotente operazione di Dio,
mediante la quale produce e sostiene questa nostra vita naturale, non
esclude ma richiede l'uso di mezzi, con i quali Dio nella infinita Sua
sapienza e bontà ha voluto esercitare questa Sua potenza, così anche
questa sopramenzionata operazione sovrannaturale di Dio, con la quale ci
rigenera, in alcun modo esclude o sovverte l'uso dell’
Evangelo, che il sapientissimo Dio ha ordinato come seme di
rigenerazione, e cibo dell'anima. Per questo, come gli Apostoli, e i
dottori che li hanno seguiti, hanno insegnato piamente al popolo
riguardo a questa grazia di Dio, alla Sua gloria e per l’abbassamento
di ogni superbia, ma neppure neglessero, d’altra
parte, mediante i santi moniti dell’Evangelo,
di mantenere il popolo sotto l’esercizio
della Parola, dei sacramenti e della disciplina, così anche adesso sia
lungi da coloro che insegnano o imparano nella Chiesa il presumere di
tentare Dio, separando ciò che Dio, secondo il Suo beneplacito, ha
voluto fosse strettamente congiunto. Per mezzo dei moniti infatti è
conferita la grazia, e più prontamente svolgiamo il nostro ufficio, più
in questo stesso modo il beneficio di Dio che opera in noi sarà
manifesto, e la Sua opera procederà così rettissimamente. Al quale solo,
sia dei mezzi, che del frutto e dell’efficacia
loro salvifica, sia la gloria nei secoli. Amen.
Reiezione degli Errori
Esposta la dottrina ortodossa, il Sinodo rigetta
gli errori di:
1.
Coloro che insegnano:
"Non può essere appropriatamente detto che il peccato originale da sé è
sufficiente a condannare tutto il genere umano, o a meritare pene
temporali ed eterne."
Contraddicono infatti
l’
Apostolo, che dice, Romani 5:12:
Per mezzo d'un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del
peccato la morte, e in questo modo la morte è passata su tutti gli
uomini, perché tutti hanno peccato. E il verso 16: Poiché il
giudizio è da un unico fallo a condanna. Similmente, Romani 6:23:
Il salario del peccato è la morte.
2. Coloro che insegnano:
"
I
doni spirituali, o i buoni abiti, e virtù, come lo sono bontà, santità,
giustizia, non hanno potuto aver luogo nella volontà dell'uomo quando è
stato creato la prima volta, e di conseguenza non hanno potuto essere
separate da essa nella caduta."
Ciò infatti confligge con la descrizione dell'immagine di Dio, che
l'apostolo stabilisce in Efesini 4:24, dove la descrive consistente di
giustizia e santità, che hanno luogo interamente nella volontà.
3.
Coloro che insegnano:
"
Nella morte
spirituale i doni spirituali non sono separati dalla volontà dell'uomo,
poiché essa non è mai stata corrotta in se stessa, ma soltanto impedita
mediante l’
ottenebrazione della
mente, ed il disordine degli affetti. Rimossi questi impedimenti, essa
può esercitare la libera sua facoltà in sé
insita, cioè può da sè volere, o scegliere, oppure non volere, o non
scegliere qualsivoglia bene le sia posto innanzi."
Ciò è una novità ed un errore, e fa in modo di esaltare le forze del
libero arbitrio, contro la dichiarazione del profeta Geremia, cap. 17:9:
Il cuore è ingannevole più d'ogni altra cosa, e disperatamente
maligno. E dell'Apostolo: Tra i quali (gli uomini ribelli)
anche noi tutti abbiamo camminato un tempo nelle concupiscenze della
nostra carne, adempiendo le voluttà della carne e della mente.
(Efesini 2:3).
4.
Coloro che insegnano:
"
L'uomo
irrigenerato non è propriamente né
totalmente morto nel peccato, o destituito di tutte le forze per il bene
spirituale, ma può aver fame e sete di giustizia e di vita, ed offrire
il sacrificio di uno spirito contrito, e rotto, che è accetto a Dio."
Ciò infatti è avverso alle testimonianze manifeste della Scrittura,
Efesini 2:1, 5: Voi eravate morti in falli e peccati. E Genesi
6:5 ed 8:21: Tutte le immaginazioni dei pensieri del cuor dell'uomo
sono soltanto malvagi del continuo. Inoltre, aver fame e sete di
liberazione dalla miseria e di vita, e offrire a Dio il sacrificio di
uno spirito contrito, è proprio dei rigenerati, e di quelli che sono
detti beati. Salmo 51:19 e Matteo 5:6.
5.
Coloro che insegnano:
"
L'uomo
corrotto e animale può servirsi della grazia comune (la qual cosa per
loro è la luce di natura), o i doni rimasti dopo la caduta, in modo
tanto retto, che con codesto buon uso può gradualmente ottenere una
maggiore grazia, cioè quella evangelica, o salvifica, e la stessa
salvezza. Ed in questo modo Dio per parte Sua si mostra pronto a
rivelare Cristo a tutti, dal momento che amministra a tutti
sufficientemente ed efficacemente i mezzi necessari alla rivelazione di
Cristo, alla fede, e al ravvedimento."
Che questo sia falso, infatti, oltre all'esperienza di tutti i tempi, la
Scrittura ne testimonia. Salmo 147:19-20: Egli fa conoscere la sua
parola a Giacobbe, i suoi statuti e i suoi decreti a Israele. Egli non
ha fatto così con tutte le nazioni, e i suoi decreti, esse non li
conoscono. Atti 14:16: Nelle età passate Dio ha lasciato
camminare nelle loro vie tutte le nazioni. Atti 16:6-7: Essendo
loro vietato [a Paolo con i suoi] dallo Spirito Santo
d'annunziare la Parola in Asia. E: Vennero in Misia, e tentavano
d'andare in Bitinia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro.
6.
Coloro che insegnano:
"
Nella vera
conversione dell'uomo, non è possibile siano introdotte da Dio nuove
qualità, abiti, e doni nella sua volontà; e soprattutto la fede,
mediante la quale siamo convertiti la prima volta, e dalla quale
riceviamo il nome di fedeli, non è una qualità o un dono infuso da Dio,
ma soltanto un atto dell'uomo, e non può essere definita un dono se non
riguardo alla potestà di pervenire alla stessa."
Queste cose infatti contraddicono le sacre lettere, che testimoniano che
Dio infonde nei nostri cuori nuove qualità di fede, ubbidienza, e il
senso del Suo amore. Geremia 31:33: Io metterò la mia legge
nell'intimo loro, la scriverò sul loro cuore. Isaia 44:3: Io
spanderò acque sul suolo assettato, e corsi d’acqua
sull’arido; spanderò il mio spirito
sulla tua discendenza. Romani
5:5: L'amor di Dio è stato sparso nei nostri cuori per lo Spirito
Santo che ci è stato dato. Ripugnano anche alla continua prassi
della Chiesa, che così prega col profeta: Convertimi e io sarò
convertito (Geremia 31:18).
7. Coloro che insegnano:
"
La
grazia, mediante la quale siamo convertiti a Dio, non è null’
altro
che una dolce suasione;"
oppure (come
spiegano altri): "
Il modo più nobile
di agire nella conversione dell'uomo, e il più conforme alla natura
umana, è quello che avviene con la suasione; e nulla impedisce alla sola
grazia morale di rendere spirituali gli uomini animali; anzi Dio non
produce il consenso della volontà in altro modo che non sia col metodo
morale, ed in questo consiste l'efficacia dell'operazione divina, per la
quale è superiore all'operazione di Satana: nel fatto che Dio promette
beni eterni, Satana invece temporali."
Ciò è infatti del tutto Pelagiano, e contrario all’
intera
Scrittura, che oltre a questo riconosce anche un altro, e di gran lunga
più efficace e divino modo di agire dello Spirito Santo nella
conversione dell’
uomo. Ezechiele
36:26: Vi darò un cuor nuovo, e metterò dentro di voi uno spirito
nuovo; torrò dalla vostra carne il cuore di pietra, e vi darò un cuore
di carne, etc.
8. Coloro che insegnano:
"Dio nella rigenerazione
dell’uomo
non impiega le forze della Sua
onnipotenza in modo tale da piegare potentemente ed infallibilmente la
volontà dell'uomo alla fede e alla conversione; ma applicate tutte le
operazioni della grazia, che Dio usa per convertire l’
uomo,
l’
uomo può tuttavia in tal modo
resistere, e di fatto spesso resiste, a Dio e allo Spirito, il quale
intende la sua rigenerazione, e lo vuole rigenerare, da impedire del
tutto la sua rigenerazione, e appunto rimane in sua potestà di essere
rigenerato o non essere rigenerato."
Ciò infatti non è null’
altro che
togliere tutta l'efficacia della grazia di Dio nella nostra conversione,
e assoggettare l'azione di Dio onnipotente alla volontà dell'uomo, e ciò
contrariamente agli Apostoli, che insegnano: Che crediamo
secondo l’operazione del
potere della sua forza (Efesini
1:19). E: Dio compie ogni desiderio di bontà ed opera di fede
con potenza (II Tessalonicesi 1:11). Similmente: La sua potenza
divina ci ha donate tutte le cose che appartengono alla vita e alla
pietà (II Pietro 1:3).
9. Coloro che insegnano:
"
La
grazia e il libero arbitrio sono cause parziali insieme concorrenti
all'inizio della conversione; ma la grazia non precede in ordine di
causalità la capacità della volontà,"
cioè,
"
Dio non aiuta efficacemente la
volontà dell'uomo a convertirsi prima che la volontà stessa
dell’uomo si muova e determini."
La Chiesa
antica ha già da tempo condannato questo dogma nei Pelagiani
dall'Apostolo, Romani 9:16: Non dipende dunque né da chi vuole né da
chi corre, ma da Dio che fa misericordia. E, I Corinzi 4:7: Chi
ti distingue? E:
Che hai tu che non l'abbia ricevuto? Similmente, Filippesi 2:13:
È Dio quel che opera in voi il volere e l'operare secondo il suo
beneplacito.
Quinto Capo di Dottrina,
Della Perseveranza Dei Santi
1.
Coloro che Dio chiama
secondo il Suo proposito alla comunione del Figlio Suo nostro Signore
Gesù Cristo, e rigenera mediante lo Spirito Santo, li libera veramente e
dalla dominazione e dalla servitù del peccato, ma non del tutto dalla
carne e dal corpo di peccato in questa vita.
2.
Di qui scaturiscono peccati
quotidiani d’
infermità, e dei difetti
restano attaccati anche alle migliori opere dei santi: ciò dà loro
continuo motivo di umiliarsi davanti a Dio, di ricorrere a Cristo
crocifisso, di mortificare sempre più la carne mediante lo Spirito di
preghiera e santi esercizi di pietà, e di sospirare verso la meta della
perfezione; fino a che, liberati da questo corpo di morte, essi
regneranno con l'Agnello di Dio nei cieli.
3.
A causa di questi rimanenti
di peccato che abitano in noi, e delle tentazioni del mondo, oltre che
di Satana, i convertiti non potrebbero persistere in questa grazia se
fossero lasciati alle loro proprie forze. Ma fedele è Dio, che
misericordiosamente li conferma nella grazia una volta loro conferita, e
nella stessa li conserva potentemente fino alla fine.
4.
Benchè quella potenza di
Dio che conferma e conserva i veramente fedeli in grazia è più grande
del poter essere superata dalla carne, non sempre tuttavia i convertiti
sono azionati e mossi da Dio in tal modo che non possano in qualche
azione particolare deviare, per propria colpa, dal tracciato della
grazia, ed esser sedotti dalle concupiscenze della carne, e
condiscendervi. Perciò essi stessi devono costantemente vigilare e
pregare, affinchè non siano condotti in tentazione. Se non lo fanno, non
soltanto possono essere trascinati dalla carne, dal mondo e da Satana in
peccati anche gravi ed atroci, ma talvolta vi sono anche trascinati per
giusto permesso di Dio. Ciò dimostrano le tristi cadute di Davide, di
Pietro e di altri santi descritti nella sacra Scrittura.
5.
Con tali enormi peccati,
tuttavia, essi offendono Dio grandemente, incorrono nella colpa di
morte, contristano lo Spirito Santo, interrompono l’
esercizio
della fede, feriscono gravissimamente la loro coscienza, perdono talora
per un tempo il senso della grazia, fino a che, ritornati in vita
attraverso un serio ravvedimento, il volto paterno di Dio rifulga
nuovamente.
6. Dio infatti, che è ricco in misericordia,
per
l’immutabile proposito dell’elezione
, non
toglie mai interamente dai suoi lo Spirito Santo, neanche nelle tristi
cadute, e non lascia che scivolino al punto di cader fuori dalla grazia
dell'adozione, dallo stato di giustificazione, o che commettano il
peccato a morte, o contro lo Spirito Santo, e che, essendo totalmente
abbandonati da Lui, si precipitino nell’
eterna
rovina.
7.
In primo luogo, infatti, in
queste cadute [Dio] conserva in essi questo suo seme immortale, dal
quale sono rigenerati, affinchè non perisca o sia rimosso. Inoltre,
attraverso la Sua Parola e Spirito, certamente ed efficacemente li
rinnova a ravvedimento, affinchè si dolgano sentitamente secondo Dio dei
peccati commessi, ricerchino ed ottengano, mediante la fede, con cuore
contrito, la remissione nel sangue del Mediatore, percepiscano
nuovamente, riconciliati, la grazia di Dio, adorino mediante la fede le
Sue commiserazioni, e di lì in seguito compiano più diligentemente la
loro salvezza con timore e tremore.
8.
Non è quindi né per i loro
meriti, o forze, ma per la gratuita misericordia di Dio che ottengono di
non cadere totalmente dalla fede e dalla grazia, e di non rimanere o
perire definitivamente nelle cadute. Ciò, per quanto concerne loro
stessi, non soltanto potrebbe accadere facilmente, ma accadrebbe anche
indubbiamente; per quanto concerne Dio, invece, non può assolutamente
accadere, e neppure può il Suo consiglio mutare, la Sua promessa venir
meno, la vocazione secondo il Suo proposito esser revocata, il merito, l’
intercessione,
e la custodia di Cristo esser resa vana, né il sigillo dello
Spirito Santo esser vanificato o obliterato.
9.
Di questa custodia degli eletti a salvezza, e della perseveranza dei
veri fedeli nella fede, i fedeli stessi possono esser certi, e lo sono
secondo la misura della fede, mediante la quale credono con certezza che
sono e sempre rimarranno veri e viventi membri della Chiesa, che hanno
la remissione dei peccati, e la vita eterna.
10.
E quindi questa certezza non proviene da una qualche peculiare
rivelazione accanto o al di fuori della Parola, ma dalla fede nelle
promesse di Dio, che ha rivelate nella Sua Parola copiosissimamente per
nostra consolazione; dalla testimonianza dello
Spirito Santo [che] attesta col nostro spirito che siamo figli di
Dio ed … eredi
(Romani 8:16-17). Infine, da una seria e santa ricerca di una buona
coscienza e di buone opere. E se gli eletti di Dio in questo mondo
fossero privati di questa solida consolazione della vittoria da
ottenere, e dell’
infallibile caparra
della gloria eterna, sarebbero i più miserabili fra tutti gli uomini.
11.
La Scrittura nondimeno
testimonia che i fedeli devono combattere in questa vita contro vari
dubbi della carne, e che, quando in seria tentazione, non sempre sentono
questa piena sicurezza della fede, né la certezza della perseveranza. Ma
Dio, il Padre di ogni consolazione, non permette che siano tentati al
di là delle loro forze, ma con la tentazione dà anche la via d’uscita
(I Corinzi 10:13). E mediante lo Spirito Santo desta in loro nuovamente
la certezza della perseveranza.
12.
Ma tanto lungi è questa certezza della perseveranza dal rendere i
veramente fedeli superbi e carnalmente sicuri, che al contrario è la
vera radice di umiltà, riverenza filiale, vera pietà, pazienza in ogni
afflizione, ardenti preghiere, costanza nel portare la propria croce e
nella confessione della verità, e di genuino gaudio in Dio; e la
considerazione di codesto beneficio è uno stimolo ad un serio e continuo
esercizio di gratitudine e di buone opere, come appare dalle
testimonianze della Scrittura e dagli esempi dei santi.
13.
E neanche in coloro che sono ristorati da una caduta la rinnovata
fiducia della perseveranza produce lascivia o ingiuria della pietà; ma
produce una molto maggiore cura di custodire sollecitamente le vie del
Signore, che sono preparate affinchè camminando in esse ritengano la
certezza della loro perseveranza, e il volto del Dio propizio (la
contemplazione del quale è ai pii più dolce della vita, e la cui
ritrazione più amara della morte) non sia di nuovo distolto da loro a
motivo dell’
abuso della benignità
paterna, e cadano così in più gravi tormenti dell’
anima.
14.
Inoltre, come è piaciuto a Dio iniziare in noi questa Sua opera di
grazia mediante la predicazione
dell’
Evangelo, così mediante l'udire, la
lettura, la meditazione, le esortazioni, le minacce, la promessa d’
esso,
e non senza l'uso dei sacramenti, la conserva, continua e completa.
15.
Questa dottrina della
perseveranza dei veri credenti e santi, e della sua certezza, che Dio,
alla gloria del Suo nome, e per la consolazione delle anime pie, ha
abbondantissimamente rivelato nella Sua Parola, e che imprime sui cuori
dei fedeli, la carne non la capisce, Satana la odia, il mondo ne ride,
gli inesperti e gli ipocriti se ne appropriano abusandone, e gli spiriti
erronei la oppongono; ma la sposa di Cristo l'ha sempre tenerissimamente
amata come un tesoro d’
inestimabile
valore, e l’
ha costantemente
propugnata; la qual cosa Dio, contro il quale non può valer consiglio, né
prevaler forza alcuna, avrà cura a che essa faccia in avvenire. Al quale
Dio solo, Padre, Figlio e Spirito Santo, sia onore e gloria in
sempiterno. Amen.
Reiezione degli Errori
Esposta la dottrina ortodossa, il Sinodo rigetta
gli errori di:
1.
Coloro che insegnano:
"
La perseveranza dei veramente fedeli non è
effetto dell'elezione, o un dono di Dio procurati dalla morte di Cristo,
ma è una condizione del nuovo patto, che deve essere adempiuta
dall'uomo, per libera volontà, precedentemente alla sua elezione e
giustificazione (così essi parlano) perentoria."
Poiché la Scrittura sacra testimonia che essa segue dall'elezione, e che
è data agli eletti in virtù della morte, risurrezione ed intercessione
di Cristo. Romani 11:7: L’elezione
l'ha ricevuto e gli altri sono stati induriti.
Similmente, Romani 8:32-35: Colui che non ha risparmiato il suo
proprio figlio, ma l'ha dato per tutti noi, come non ci donerà con lui
anche tutte le cose? Chi accuserà di qualcosa gli eletti di Dio? Dio è
quel che li giustifica. Chi sarà quel che li condanni? Cristo Gesù è
quel che è morto; e più che questo, è risuscitato; ed è alla destra di
Dio che intercede per noi. Chi ci separerà dall'amore di Cristo?
2. Coloro che insegnano:
"
Dio
certamente provvede all'uomo fedele forze sufficienti per perseverare,
ed è pronto a conservarle nello stesso se fa il suo dovere; tuttavia,
datosi tutto ciò che è necessario al perseverare nella fede, che Dio
vuole adoperare per conservare la fede, dipende sempre
dall’arbitrio della volontà che essa perseveri, o che non perseveri
."
Questa veduta infatti contiene un manifesto Pelagianismo; e, mentre vuol
rendere liberi gli uomini, li fa sacrileghi, contro il consenso
ininterrotto della dottrina evangelica, che toglie all'uomo ogni motivo
per gloriarsi, e attribuisce alla sola grazia divina la lode per questo
beneficio; e contro l’
Apostolo che
testimonia: Il quale anche vi confermerà sino alla fine onde siate
irreprensibili nel giorno del nostro Signor Gesù Cristo (I Corinzi
1:8).
3. Coloro che insegnano:
"I veramente credenti e
rigenerati non soltanto possono decadere totalmente e definitivamente
dalla fede giustificante, come dalla grazia, e dalla salvezza, ma di
fatto ne decadono non raramente, e periscono in eterno."
Questa opinione infatti rende vana la grazia stessa della
giustificazione e della rigenerazione, e la custodia perpetua di Cristo,
contrariamente alle espresse parole dell’
Apostolo
Paolo, Romani 5:8-9: Mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto
per noi. Tanto più ora, essendo giustificati dal suo sangue, saremo per
mezzo di lui salvati dall'ira. E contrariamente all’Apostolo
Giovanni, I Giovanni 3:9
: Chiunque è nato
da Dio non commette peccato, perché il seme d'esso dimora in lui, e non
può peccare perché è nato da Dio. E neppure non contrariamente alle
parole di Gesù Cristo, Giovanni 10:28-29: E io do loro la vita eterna
e non periranno in eterno, e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre
mio che me le ha date è più grande di tutti, e nessuno può rapirle di
mano al Padre mio.
4. Coloro che insegnano:
"
I
veramente fedeli e rigenerati possono peccare del peccato a morte, o
contro lo Spirito Santo."
Poiché
lo stesso Apostolo Giovanni, dopo aver menzionato al cap. 5 della sua
prima epistola, ai versi 16-17, coloro che peccano a morte, ed aver
vietato di pregare per essi, immediatamente aggiunge al v. 18: Noi
sappiamo che chiunque è nato da Dio non pecca [non pecca cioè di
quel genere di peccato], ma colui che è nato da Dio, conserva se
stesso, e il maligno non lo tocca.
5.
Coloro che insegnano:
"Non si può avere certezza alcuna della
perseveranza futura in questa vita senza una rivelazione speciale."
Mediante questa dottrina, infatti, è abolita la solida consolazione in
questa vita dei veramente fedeli, ed è reintrodotto nella Chiesa il
dubbio dei papisti. In verità la Sacra Scrittura trae ovunque questa
certezza, non da una rivelazione speciale e straordinaria, ma dai segni
propri dei figli di Dio, e dalle stabilissime promesse di Dio.
L'apostolo Paolo in primis, Romani 8:39: Alcuna creatura potrà
separarci dall'amore di Dio, che è in Gesù Cristo nostro Signore. E
Giovanni, Epist. I, 3:24: Chi osserva i suoi comandamenti dimora in
Lui, ed Egli in lui. E da questo conosciamo ch'Egli dimora in noi: dallo
Spirito ch'Egli ci ha dato.
6. Coloro che insegnano:
"
La
dottrina della certezza della perseveranza e della salvezza è, per sua
natura e carattere, un cuscino della carne, ed è nociva alla pietà, ai
buoni costumi, alle preghiere e agli altri santi esercizi; al contrario,
è certamente lodevole dubitare d’essa."
Costoro infatti si dimostrano ignoranti dell'efficacia della grazia
divina, e dell'operazione dello Spirito Santo dimorante; e contraddicono
l'Apostolo Giovanni che afferma il contrario con le espresse parole,
Epist. I, 3:2-3: "Diletti, ora siamo figliuoli di Dio e non è ancora
reso manifesto quel che saremo. sappiamo che quand'egli sarà manifestato
saremo simili a lui, perché lo vedremo com'egli è. E chiunque ha questa
speranza in lui, si purifica com'egli è puro. Costoro inoltre sono
smentiti dagli esempi dei santi tanto del Vecchio quanto del Nuovo
Testamento, i quali, benché fossero certi della loro perseveranza e
salvezza, furono tuttavia assidui nelle preghiere, e negli altri
esercizi di pietà.
7.
Coloro che insegnano:
"La fede dei temporanei non differisce da
quella giustificante e salvifica se non nella sola durata."
Perché Cristo stesso, in Matteo 13:20 e a seguire, ed in Luca 8:13 e a
seguire, stabilisce manifestamente, oltre a questa, una triplice
distinzione tra i temporanei e i veramente fedeli, quando dice che
quelli ricevono il seme in terra pietrosa, questi in terra buona, o in
un cuore buono; quelli sono privi di radice, questi hanno una ferma
radice; quelli sono privi di frutto, questi producono, in modo costante
o perseverante, il loro frutto in diversa misura.
8. Coloro che insegnano:
"Non è assurdo che, estinta la
prima rigenerazione, l'uomo rinasca di nuovo, più volte."
Costoro infatti con questa dottrina negano l'incorruttibilità del seme
di Dio, mediante il quale nasciamo di nuovo, contro la testimonianza
dell'Apostolo Pietro, Epist. I, 1:23: Siete stati rigenerati non da
seme corruttibile, ma incorruttibile.
9.
Coloro che insegnano:
"
Cristo non ha
mai pregato per l’infallibile perseveranza dei credenti nella
fede."
Contraddicono infatti Cristo stesso,
che dice, Luca 22:32: Io ho pregato per te, Pietro, perché la tua
fede non venga meno; e l’
Evangelista
Giovanni, che afferma, Giovanni 17:20, che Gesù non soltanto ha pregato
per gli Apostoli, ma per tutti quelli che avrebbero creduto mediante la
loro parola, v. 11, in lui: Padre santo, conservali nel tuo nome.
E al v. 15: Io non prego perché tu li tolga dal monda, ma che tu li
preservi dal maligno.
Conclusione
E questa è la perspicua, semplice, e candida
dichiarazione della dottrina ortodossa dei Cinque Articoli controversi
in Belgio, e la reiezione degli errori con i quali le Chiese Belghe sono
state turbate per qualche tempo, che il Sinodo giudica desunta dalla
Parola di Dio, ed essere conforme alle Confessioni delle Chiese
Riformate. Appare dunque chiaramente che costoro, a cui ciò non giovava
affatto, al di là di ogni verità, equità, e carità hanno voluto fosse
inculcato al popolo:
La dottrina delle
Chiese Riformate della predestinazione ed i capitoli ad essa
annessi, per suo genio ed impulso, svia gli animi degli uomini da
ogni pietà e religione; è il cuscino della carne e del Diavolo, e la
fortezza di Satana, da dove tende ad ognuno insidie, ferisce
moltissimi, colpisce a morte molti, con i dardi tanto della
disperazione, tanto della sicurezza; essa fa Dio autore del peccato,
ingiusto, tiranno, ipocrita; e non è altro che interpolato
Stoicismo, Manicheismo, Libertinismo, Turcismo; essa rende gli
uomini carnalmente sicuri, in quanto persuasi da essa che, in
qualsiasi modo vivano, ciò non nuoca alla salvezza degli eletti, e
che possono dunque perpetrare tranquillamente ogni più atroce
empietà; che i reprobi non giungerebbero alla salvezza se pure
avessero veramente fatto tutte le opere dei santi; secondo la
medesima dottrina, si insegna che Dio, per suo nudo e puro arbitrio
di volontà, senza alcuna considerazione, o tener conto, di alcun
peccato, ha predestinato e creato a dannazione eterna la maggior
parte del mondo; allo stesso modo in cui l'elezione è la sorgente e
la causa della fede e delle buone opere, la riprovazione è la causa
dell'infedeltà e dell'empietà; numerosi infanti di fedeli sono
strappati innocenti dal seno delle loro madri e sono precipitati
tirannicamente nella Geenna, al punto che né il battesimo, né le
preghiere della Chiesa nel loro battesimo, sono in grado di giovare
loro.
E tante altre cose dello stesso genere, che le
Chiese Riformate non solo non confessano, ma anche detestano con tutto
il cuore. Perciò questo Sinodo di Dordrecht scongiura nel nome del
Signore tutti quelli che invocano piamente il nome del Salvatore
nostro Gesù Cristo di giudicare della fede delle Chiese Riformate non
dalle calunnie accumulate qua e là, o dalle parole private di alcuni
dottori, tanto antichi quanto recenti, che spesso sono anche o citati
in malafede, o corrotti, e deformati in un altro senso, ma dalle
Confessioni pubbliche delle Chiese stesse, e da questa dichiarazione
della dottrina ortodossa, confermata dal consenso unanime di ogni
singolo membro dell’intero Sinodo.
Il Sinodo ammonisce poi seriamente i calunniatori stessi a considerare
a quale grave giudizio di Dio saranno sottoposti coloro che, contro
così tante Chiese, contro così tante Confessioni delle Chiese, portano
falsa testimonianza, turbano le coscienze dei deboli, e si affannano a
rendere sospetta a molti la società dei veramente fedeli.
Infine, questo Sinodo esorta tutti i conservi nell’Evangelo
di Cristo ad attendere piamente e religiosamente alla trattazione di
questa dottrina nelle scuole e nelle chiese, ad accomodarla, tanto con
la lingua che con la penna, alla gloria del Nome Divino, alla santità
di vita, e alla consolazione degli animi costernati, che non solo
sentano, ma anche parlino con la Scrittura secondo l'analogia della
fede; e infine, che s'astengano da ogni espressione che vada oltre i
limiti a noi delineati per stabilire il senso genuino delle sante
Scritture, e che possa fornire una giusta occasione ai protervi
sofisti di infamare o anche di calunniare la dottrina delle Chiese
Riformate. Il Figlio di Dio Gesù Cristo, che sedendo alla destra del
Padre dà buone cose agli uomini, ci santifichi nella verità, conduca
alla verità coloro che errano, tappi la bocca ai calunniatori della
sana dottrina, e doti i fedeli ministri della Sua Parola dello spirito
di sapienza e discrezione, affinché ogni loro parola risulti alla
gloria di Dio, e all'edificazione degli uditori. Amen.
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