Herman Hoeksema
(Capitolo 62 di: Herman Hoeksema, Righteous by Faith Alone: A Devotional Commentary on Romans [Giusti per Sola Fede, un Commentario Devozionale a Romani], ed. da David J. Engelsma, Reformed Free Publishing Association, MI, USA, 2002)
Cioè noi, che egli ha chiamato, non solo dai Giudei, ma anche dai Gentili?
Come egli dice anche in Osea: "Io chiamerò mio popolo quelli che non erano mio popolo, ed amata quella che non era amata.
Ed avverrà che nel luogo dove fu detto loro: ‘Voi non siete mio popolo,’ lì essi saranno chiamati i figli del Dio vivente."
Isaia anche esclama riguardo ad Israele: "Anche se il numero dei figli di Israele fosse come la sabbia del mare, un rimanente sarà salvato:
Perché egli completerà l’opera e l’eseguirà rapidamente in giustizia, perché il Signore compirà una breve opera sulla terra."
Ed Isaia aveva prima detto: "Se il Signore degli Eserciti non ci avesse lasciato una discendenza, noi saremmo stati come Sodoma, e saremmo stati resi come Gomorra."
I versi 24-29 vanno considerati insieme, e non possono essere separati in modo adeguato. Strettamente parlando, il verso 24 è ancora una parte, la seconda parte, della risposta alla domanda [al v. 19]: "Perché trova egli ancora colpa?" Se Dio ha misericordia di chi Egli vuole ed indurisce chi Egli vuole, perché trova Egli ancora colpa? La risposta di Dio a questa domanda è stata che Egli ha sopportato i vasi d’ira con molta pazienza nei riguardi del Suo popolo, che era stato da essi perseguitato. Egli ha sopportato i vasi d’ira per rendere nota la Sua gloria ai vasi di misericordia che Egli aveva prima preparato alla gloria. Al verso 24, l’apostolo prosegue con questa risposta e dice: "Cioè noi, che egli ha chiamato, non solo dai Giudei, ma anche dai Gentili."
Allo stesso tempo, vi è al verso 24 una conclusione a questa intera sezione. Il verso 24 è la risposta finale alla domanda posta al verso 6: "La Parola di Dio è caduta a terra? Non ha essa avuto effetto?" A questa domanda, l’apostolo risponde qui in modo finale. "No affatto! La Parola di Dio non è caduta a terra, ma è stata realizzata, perché Egli chiama noi non solo dai Giudei, ma anche dai Gentili." Questa è la connessione del testo con l’intera sezione.
Ai versi 25-29 abbiamo citazioni in cui l’apostolo prova che questa chiamata del popolo di Dio dal mezzo di Giudei e dai Gentili era stata già profetizzata nella Scrittura. In altre parole, l’apostolo prova in queste citazioni che Israele, come nazione, è stata del tutto rigettata da Dio. Infine, egli dimostra da queste citazioni che la Parola di Dio non è caduta a terra, anche se sono salvati non una maggioranza di Giudei ma soltanto il residuo secondo l’elezione. Quindi, già qui, l’apostolo comincia ad istruirci per quanto riguarda ciò che bisogna aspettarsi riguardo al futuro degli Ebrei e cosa deve essere di loro. Dobbiamo prestare particolare attenzione a questo perché ci aiuterà a comprendere cosa insegna l’apostolo al capitolo 11. Ma l’apostolo qui sta parlando della chiamata dei vasi di misericordia.
Quando l’apostolo Paolo parla di chiamata, egli usa questo termine nel senso più ampio. Ai versi 24-29 egli usa il termine chiamata ripetutamente. Egli lo usa al verso 24: "Cioè noi, che egli ha chiamato, non solo dai Giudei, ma anche dai Gentili." Egli lo usa nella sua citazione da Osea [2:23]: "Io chiamerò mio popolo quelli che non erano mio popolo." Egli lo usa anche in un’altra citazione da Osea [1:10]: "Nel luogo dove fu detto loro: ‘Voi non siete mio popolo,’ lì saranno chiamati i figli del Dio vivente." Chiamare non sempre ha lo stesso significato nella Scrittura. Ma Paolo usa la parola per indicare quell’atto di Dio per mezzo del quale il peccatore, morto nel peccato e nella miseria, è trasportato dalle tenebre alla luce.
Nella teologia dogmatica di solito si fa distinzione tra rigenerazione e chiamata. Dio prima rigenera un uomo. Quando Egli ha rigenerato un uomo, Dio lo chiama. In dogmatica, quindi, spesso noi usiamo la parola chiamare in senso ristretto. Ciò è perfettamente scritturale. L’apostolo Giovanni parla di rigenerazione, ma l’apostolo Paolo parla molto poco di rigenerazione. Paolo di solito parla solo della chiamata, ma in un modo tale che in essa include la rigenerazione. Ciò è evidente dall’ottavo capitolo di Romani, dove Paolo scrive: "Quelli che ha predestinati li ha anche chiamati, e quelli che ha chiamati li ha anche giustificati, e quelli che ha giustificati li ha anche glorificati" [v. 30]. Egli include nella chiamata la rigenerazione. Quando Paolo parla della chiamata egli include l’intera opera di Dio con la quale noi diventiamo figli di Dio in modo cosciente. Che l’apostolo parli di chiamata e non di rigenerazione è forse dovuto al fatto che egli era l’apostolo ai Gentili. Egli vedeva che Dio chiamava il Suo popolo da questi Gentili. Egli vedeva la chiamata, ed ama parlare di questa chiamata di Dio.
Questa chiamata è efficace. Quando Dio chiama, Egli non fa un invito. Non sto dicendo che non possiamo parlare, in senso ristretto, della forma in cui la chiamata giunge a noi attraverso il vangelo come una specie di invito. Ma ciò si riferisce soltanto alla forma in cui la chiamata giunge a noi. Dio, tuttavia, non invita quando Egli chiama. Un invito differisce dalla chiamata. Differisce dalla chiamata per due aspetti. Primo, per un invito vi è il permesso di declinarlo, ma quando Dio chiama, ciò non è permesso. Dio chiama con autorità. Declinare la chiamata di Dio è un atto di disubbidienza. Secondo, non solo ci è permesso di declinare un invito, ma noi siamo capaci di farlo. Quando Dio chiama, invece, non possiamo essere in grado di declinare. E’ vero che vi è un certo aspetto esterno alla chiamata che non soltanto siamo in grado di declinare, ma che non possiamo fare altro che declinare. Ma l’apostolo sta parlando della chiamata nella sua realtà complessiva. Questa chiamata è efficace. Quando essa giunge a noi, non possiamo declinarla. Proprio come la luce venne con sicurezza nella creazione quando Dio disse: "Vi sia luce," così altrettanto sicuramente quando Dio chiama un uomo quell’uomo viene. Quando Dio disse: "Vi sia luce," la luce era obbligata ad esserci. Dio non fa un invito al peccatore per vivificarlo più di quanto abbia invitato la luce ad esservi. Dio non invita. Dio chiama. Quando Dio chiama, Egli manda la Sua Parola creativa, rigeneratrice, nel cuore del peccatore, ed il peccatore è trasformato in ciò in cui Dio lo chiama ad essere. L’apostolo parla di questa chiamata.
Dio chiama attraverso la Sua Parola nelle Scritture; altrimenti, la chiamata non avrebbe alcun contenuto. E’ vero che vi è una certa chiamata universale per mezzo della natura. Dio non ha lasciato Se Stesso senza testimonianza. Ma questa non è la chiamata salvifica. Essa è la chiamata all’uomo di glorificare e lodare Dio, ma non è la chiamata che fa conoscere che Dio è misericordioso. Nella Scrittura è diverso. Nella Scrittura Dio non chiama semplicemente affinché l’uomo Lo glorifichi, ma Egli chiama l’uomo a venire a Sé e vedere che Egli è misericordioso. La chiamata nel testo è la chiamata salvifica, efficace, attraverso la Parola nella Scrittura.
A cosa Dio chiami gli uomini è indicato nelle citazioni da Osea 1 e 2. Lì Dio disse: "Io chiamerò mio popolo quelli che non erano mio popolo, io chiamerò amata quella che non era amata. Ed avverrà che nel luogo dove fu detto loro: ‘Voi non siete mio popolo,’ lì essi saranno chiamati i figli del Dio vivente" [Osea 2:23, Osea 1:10].
Nella profezia di Osea al profeta è detto di prendersi una moglie d’adulterio, un moglie di prostituzioni [Osea 1]. Egli deve avere figli d’adulterio. Osea fa questo, e sua moglie gli partorisce tre figli, che egli deve chiamare Jezreel, Lo-ruhamah, e Lo-ammi. Qui abbiamo a che fare solo con gli ultimi due: Lo-ruhamah, che vuol dire "non amata" o "non un oggetto di misericordia," e Lo-ammi, che significa "non mio popolo." Questa donna adultera, nella sua relazione con Osea, è una figura di Israele nella sua relazione a Jehovah. Ella è una figura di Israele diventata adultera. Da adultera, Israele partorisce figli di adulterio. Questi figli rappresentano gli Ebrei individualmente. Ad essi Dio dice Lo-ruhamah (non amati) e Lo-ammi (non mio popolo). Il profeta sta parlando ad Israele, alle dieci tribù. Egli si rivolge a loro come Lo-ruhamah e Lo-ammi—non amati e non mio popolo. E’ anche ad Israele che è rivolta la parola di ristorazione. Ad Israele è detto che quelli che non sono "mio popolo" saranno chiamati "mio popolo." L’apostolo spiega questa profezia come una descrizione della chiamata del popolo di Dio dal mezzo degli Ebrei e dei Gentili. In altre parole, la profezia è applicata alla chiamata della chiesa della nuova dispensazione dal mezzo degli Ebrei e dei Gentili.
Dunque, Israele è posto qui al pari dei Gentili. Di Israele è detto ciò che è stato sempre detto dei Gentili: Lo-ruhamah e Lo-ammi—non amati e non mio popolo. L’apostolo insegna che non vi è differenza. Sostiene per entrambi che per natura sono Lo-ammi—non mio popolo. Dio dice agli Ebrei, come ai Gentili: "non mio popolo." Ciò è qualcosa da ricordare quando lavoriamo tra gli Ebrei. Alcuni guardano agli Ebrei ancora come un popolo favorito da Dio. Quando stabiliscono missioni ebraiche, danno agli Ebrei il nome Ruhamah (amati) e Ammi (mio popolo). Ma Dio chiama gli Ebrei Lo-ruhamah e Lo-ammi, e quindi non è compito nostro chiamarli Ruhamah ed Ammi. Dio dice che gli Ebrei non sono più il Suo popolo. Il testo insegna anche che Dio chiama il Suo popolo dal mezzo di Ebrei e Gentili. Solo per mezzo di questa chiamata essi divengono Ruhamah ed Ammi. Dal mezzo di Ebrei e Gentili Dio chiama Ruhamah ed Ammi. Dunque, il testo insegna chiaramente che non vi è differenza tra Ebrei e Gentili.
Secondo il contesto in Osea, Ebrei e Gentili sono chiamati nel patto di Dio. Dio entra in una relazione di patto con loro. Anche nella nuova dispensazione Dio stabilisce il Suo patto e Lui soltanto lo fa. Vi è un uomo, morto come una pietra. Egli appartiene a quelli di cui è detto: "non mio popolo." E Dio va a quest’uomo. Cosa fa? Invita il peccatore a venire nel Suo patto? Ed il peccatore ha la potenza di rifiutare questo invito? Se questa presentazione popolare è corretta, questo intero capitolo è una menzogna. No. Invece Dio dice, in un modo efficace: "Amato," e questo peccatore diviene amato. Dio dice: "mio popolo," ed essi divengono Suo popolo. Proprio come quando Dio disse "Vi sia luce," la luce venne con certezza, con altrettanta sicurezza quando Dio dice "mio popolo" essi divengono Suo popolo. Dire che Dio invita il peccatore morto ad entrare nel Suo patto è tanto stupido quanto dire che Dio invitò Lazzaro a venire fuori dalla tomba. Lo stabilimento del patto è unilaterale. Dio non dice: "Sposiamoci." Dio dice: "Io sto per sposarti."
Quando Dio dice: "Io sto per sposarti," il risultato è che voi Lo amate. Il risultato è che voi dite: "Voglio essere sposato a te." Ma questo è il risultato della chiamata.
Per quanto concerne l’identità di quelli che Dio chiama, dobbiamo ancora tenere a mente la connessione alla domanda del verso 6: "La Parola di Dio è caduta a terra?" Con questa domanda in mente, l’apostolo prova due cose. Primo, che ciò che Dio chiama non è la nazione di Israele. La relazione tra Dio ed Israele come nazione è terminata. Questo è il significato della citazione da Isaia 10:22-23: "Egli completerà l’opera, e l’eseguirà rapidamente in giustizia, perché il Signore compirà una breve opera sulla terra" [Romani 9:28]. Lo Spirito Santo condusse l’apostolo a citare la traduzione greca dell’Antico Testamento, la Settuaginta. Questa traduzione greca è una spiegazione dell’ebraico. Essa fa luce sul significato dell’ebraico originale. Il significato è chiaramente questo: l’opera che Dio completerà è la Sua relazione con Israele. Il testo dichiara che Dio manderà distruzione sulla nazione di Israele. Che Egli compirà una breve opera significa che Egli taglierà la Sua relazione con Israele. Essa sarà terminata per sempre. Dio non ritorna mai. Quando Dio tagliò la Sua relazione con la nazione di Israele, questo fu un atto definitivo. Dio non ritorna mai ad essi per avere a che fare con loro di nuovo come nazione. Il verso 28 aggiunge che Dio lo farà velocemente. Quanto velocemente Dio lo fece lo sappiamo dalla storia. E’ l’insegnamento del testo, quindi, che Dio non chiamerà mai più Israele in quanto nazione nella Sua comunione.
La seconda cosa che l’apostolo prova è che non è che la Parola di Dio non ha avuto effetto, perfino quando una maggioranza di Ebrei non entrano nel regno. Perfino allora, la Parola di Dio non è caduta a terra ma è stata adempiuta, perché [al v. 27] l’apostolo cita Isaia: "Anche se il numero dei figli di Israele fosse come la sabbia del mare, un residuo sarà salvato" [Isaia 10:22]. In un altro luogo Isaia disse: "Se il Signore degli Eserciti non ci avesse lasciato una discendenza, saremmo stati come Sodoma, e saremmo stati resi come Gomorra" [Isaia 1:9]. Il significato è che quando Dio chiama il Suo popolo dal mezzo di Ebrei e Gentili questa è la realizzazione della Sua promessa ad Abraamo. Chi chiama Dio dal mezzo di Ebrei e Gentili? I figli di Abramo, i figli veri, spirituali. La Parola di Dio non è caduta a terra, perché "Non tutti quelli che sono di Israele sono Israele" e "non i figli della carne sono i figli di Dio, ma i figli della promessa sono ritenuti essere la discendenza" [Romani 9:6, 8]. Dio chiama i Suoi eletti da Ebrei e Gentili, e questa chiamata degli eletti è la chiamata del vero Israele di Dio in ogni epoca.
Di sicuro vi è una chiamata di Dio che non è a salvezza, perché Dio è misericordioso con chi Egli vuole, e indurisce chi Egli vuole. Quando la chiamata nel senso esterno giunge all’uomo, l’uomo rifiuterà sempre di ubbidire, ma se parliamo del pieno senso della chiamata quelli che sono chiamati verranno.
Quindi la domanda è: possiamo unirci alla confessione dei versi 24 e a seguire? L’apostolo dice: "Cioè noi, che egli ha chiamato." Possiamo unirci nel dire con l’apostolo: "Cioè noi"? Possiamo, se in risposta al "mio popolo," pronunciato da Dio, noi diciamo: "mio Dio."