Prof. Robert D. Decker
(Da: The Standard Bearer, Volume 59, n. 11)
Romani 7:14-25 è un passaggio sul quale ci sono state una gran quantità di discussioni e disaccordi nella storia della chiesa di Dio. Questo passaggio dice: "Infatti noi sappiamo che la legge è spirituale, ma io sono carnale, venduto come schiavo al peccato. Giacché non capisco quel che faccio, perché non faccio quello che vorrei, ma faccio quello che odio. Ora, se faccio ciò che non voglio, io riconosco che la legge è buona. Quindi non sono più io ad agire, ma è il peccato che abita in me. Infatti io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene, poiché ben si trova in me la volontà di fare il bene, ma io non trovo il modo di compierlo. Infatti il bene che io voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. Ora, se faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me. Io scopro dunque questa legge: che volendo fare il bene, in me è presente il male. Infatti io mi diletto nella legge di Dio secondo l'uomo interiore, ma vedo un'altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e che mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. O miserabile uomo che sono! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Io rendo grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Io stesso dunque con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del peccato." Ci sono state tre principali interpretazioni di questo passaggio che possono essere riassunte come segue: 1) il passaggio è il resoconto autobiografico di Paolo della sua esperienza precedente alla conversione. 2) Il passaggio non è autobiografico, ma ritrae l’uomo in generale, o il Giudeo in particolare, separato da Cristo, sotto la legge. 3) Il passaggio descrive l’esperienza personale di Paolo come credente. La prima interpretazione era quella di Arminio stesso (Cf. Arminius: A Study in The Dutch Reformation Carl Bangs, pp. 18e a seguire.) Tra altri a sostengo di questa interpretazione del passaggio vi sono stati Pelagio, Erasmo, Socino, Episcopio e Grozio. Il secondo punto di vista, attualmente piuttosto popolare, fu introdotto da W. G. Kummel, un teologo tedesco. Questa posizione è seguita da H. Ridderbos (in Paolo) e da A. Hoekema (The Christian Looks At Himself). Agostino, Lutero, Calvino ed i teologi Riformati in generale sostengono il terzo punto di vista sul passaggio. Non è possibile dare una dettagliata esegesi di questo passaggio in un solo articolo e non intendiamo provare a farlo (quelli che vorrebbero studiare il passaggio più nei dettagli possono consultare la Dogmatica di Herman Hoeksema, pp. 533-546). Ciò che vogliamo ottenere è enfatizzare l’importanza di sostenere la corretta visione di questo passaggio e, allo stesso tempo, indicare alcune delle serie implicazioni dell’interpretazione Arminiana.
Secondo l’Arminiano nel passaggio è Paolo che parla della sua esperienza e combattimento prima della sua conversione. In altre parole, è un uomo non rigenerato che parla in Romani sette. Si considerino le gravi ed assurde implicazioni di ciò. Se questa visione fosse corretta ciò significherebbe che il non rigenerato è capace di conoscere che la legge di Dio è spirituale e che egli è carnale, venduto al peccato (Romani 7:14); condanna il male che egli fa (Romani 7:15); vuole il bene e odia il male (Romani 7:15-19); non vuole fare il male (Romani 7:16,20); si diletta nella legge di Dio (Romani 7:22); ringrazia Dio attraverso Gesù Cristo (Romani 7:24-25). Tutto questo, secondo l’Arminiano, è possibile per uno che è al di fuori di Cristo, che è privo del principio della vita di Cristo. Sembrerebbe che una tale persona avrebbe poco bisogno di un Salvatore!
Questa visione va contro l’intero messaggio ed enfasi dell’Epistola ai Romani. Al capitolo uno la Scrittura descrive il processo del peccato nella vita dei reprobi (non rigenerati). Essi rifiutano di glorificare e ringraziare Dio, sono vani nei loro pensieri, diventano folli, cambiano la gloria dell’incorruttibile Dio in immagini simili a quelle di uomini e animali corruttibili. Dio li consegna alla loro lussuria e ad ogni tipo di vili affezioni (omosessualità, lesbismo). Questi sono i non rigenerati secondo Romani 1:18 e seguenti. L’ira di Dio è rivelata su di loro. Chi oserebbe dire di questi non rigenerati che "si dilettano nella legge di Dio?" La Scrittura afferma categoricamente: "Non c'è alcun giusto, no, neppure uno. Non c'è alcuno che abbia intendimento, non c'è alcuno che ricerchi Dio. Tutti si sono sviati, tutti quanti sono divenuti inutili; non c'è alcuno che faccia il bene, neppure uno." (Romani 3:10-12). I versi da 13 a 18 (Romani 3) presentano una terribile descrizione di tutti quelli che non sono in Cristo, i non rigenerati. L’intero mondo dei non rigenerati è colpevole davanti a Dio (Romani 3:19).
Questa è la Scrittura in ogni suo luogo. Efesini 2:1-3 parla dei non rigenerati in questi termini "Egli ha vivificato anche voi, che eravate morti nei falli e nei peccati, nei quali già camminaste, seguendo il corso di questo mondo, secondo il principe della potestà dell'aria, dello spirito che al presente opera nei figli della disubbidienza, fra i quali anche noi tutti un tempo vivemmo nelle concupiscenze della nostra carne, adempiendo i desideri della carne e della mente, ed eravamo per natura figli d'ira, come anche gli altri." Questo è ciò che noi siamo per natura, senza la grazia. Il non rigenerato è morto nei falli e nei peccati. Egli si crogiola nel peccato. E non può fare nient’ altro. Come è possibile per lui dilettarsi nella legge di Dio o odiare il peccato? Tutti quelli che sono fuori da Cristo e non toccati dalla grazia di Dio sono morti nel peccato. Gesù espresse questa stessa verità al curioso ed inquisitivo Nicodemo: "Gesù gli rispose e disse: "In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio" (Giovanni 3:3). Se un uomo non è nato di nuovo con la vita di risurrezione spirituale di Gesù Cristo egli non può nemmeno vedere il Regno di Dio, tanto meno entrarci.
Forse da nessuna parte nella Scrittura questa verità è presentata più chiaramente che in Romani 8:5-7: "Infatti coloro che sono secondo la carne volgono la mente alle cose della carne, ma coloro che sono secondo lo Spirito alle cose dello Spirito. Infatti la mente carnale produce morte, ma la mente spirituale produce vita e pace. Per questo la mente carnale è inimicizia contro Dio, perché non è sottomessa alla legge di Dio e neppure può esserlo." Da notare, coloro che sono secondo la carne, i non rigenerati, hanno a mente cose carnali. Di certo costoro non odiano il male e non si dilettano nella legge di Dio! Il motivo per cui essi badano alle cose della carne è affermato al verso sei. La mente carnale è morte! La ragione di ciò è al verso 7. La mente carnale (letteralmente "la mente della carne" R.D.D.) è inimicizia (odio) contro Dio. Questa mente della carne non è soggetta alla legge di Dio e non può essere soggetta alla legge di Dio. La mente carnale non ha l’abilità di essere soggetta alla legge di Dio! Come, allora, il non rigenerato potrebbe dilettarsi nella legge di Dio? Assurdo! Questa è la dottrina della depravazione totale. L’uomo per natura, e ciò significa privo della grazia di Dio in Gesù Cristo, è incline ad ogni male ed incapace di compiere alcun bene. Per natura è egli è prono ad odiare Dio ed il prossimo (Catechismo di Heidelberg, Giorni del Signore 2-3).
L’interpretazione Riformata (Agostino, Lutero, Calvino, et alii) di Romani sette è certamente corretta. Questo passaggio descrive per noi qual è la vita normale del figlio di Dio. La differenza tra il non rigenerato ed il rigenerato non è che il primo non fa nient’altro che peccato mentre il secondo non pecca più. Il non rigenerato deliberatamente e volontariamente trasgredisce la legge di Dio. Egli trattiene la verità nell’ingiustizia. Ed egli si diletta in questo. Egli ama il peccato. Il figlio di Dio, nato di nuovo con la vita di Cristo, pecca ma odia quel peccato. Egli combatte contro il peccato e fugge dal male. Egli si sforza di servire il Signore e trova la sua gioia nel fare la volontà di Dio. Quando egli a motivo della debolezza cade in peccato, né dispera della misericordia di Dio né continua nel peccato. Piuttosto egli è seriamente dispiaciuto per i suoi peccati. Egli li confessa davanti a Dio ed in pia tristezza si ravvede (II Corinzi 7:10). Tutto questo è impossibile per il non rigenerato. Egli non può essere soggetto alla legge di Dio (Romani 8:7).
Questo è l’insegnamento di Romani 7:14-25. Il rigenerato figlio di Dio ritiene ancora "la carne" (Romani 7:18), "il peccato che dimora in lui" (Romani 7:17, 20), "un’altra legge nelle sue membra" (Romani 7:23). Questa "carne" la Scrittura altrove la chiama "il vecchio uomo del peccato." (Cf. Efesini 4:20 e a seguire). Di questo "vecchio uomo" ci si deve spogliare. Secondo la carne il figlio rigenerato di Dio è "carnale," "venduto schiavo al peccato." Egli fa il male e fallisce di fare il bene. Secondo "l’uomo interiore" (Romani 7:22), o "il nuovo uomo" (Efesini 4:20 e a seguire), o ciò che noi chiamiamo il principio di rigenerazione, il figlio di Dio vuole il bene ed odia il male e si diletta nella legge di Dio. Il rigenerato figlio di Dio grida: "O misero uomo che sono, chi mi libererà?" E con lo stesso fiato esclama: "Io ringrazio Dio attraverso Gesù Cristo nostro Signore" (Romani 7:24-25).
Ciò significa che la vita del figlio di Dio spiritualmente in salute è caratterizzata da una tensione. Precisamente perché egli è nato di nuovo ha una profonda coscienza della sua natura peccaminosa e dei peccati che giornalmente compie secondo quella natura peccaminosa. Quando egli confessa nella comunione dei santi: "Io credo … il perdono dei peccati," egli sta confessando "Che Dio, in virtù della soddisfazione di Cristo, non terrà mai più a mente tutti i miei peccati, né la natura peccaminosa (enfasi mia, R.D.D.) con la quale ho da contendere tutta la mia vita; ma che mi elargisce per grazia la giustizia di Cristo, affinchè io non abbia mai più a venire in giudizio." (Catechismo di Heidelberg, D&R 56). La battaglia della fede inizia e si fa dura all’interno del figlio di Dio. Giornalmente egli serve il suo Signore, giornalmente egli pecca, giornalmente egli si ravvede del suo peccato e combatte contro di esso. Ciò continua fino a che il Signore lo libera nella gloria, dove non peccherà più.
Questa è la gloria che attende i figli di Dio. Attraverso la morte noi deponiamo la "carne," il "vecchio uomo del peccato." Infine, nel nuovo cielo e nuova terra, saremo risuscitati incorruttibili, immortali, e gioiremo nella presenza di Dio attraverso il nostro Signore Gesù Cristo per sempre. Nel modo suo caratteristico, Martin Lutero espresse ciò così:
Paolo, buon uomo che egli era, desiderava di essere senza peccato, ma ad esso egli era incatenato. Io anche, in comune con molti altri, desidero di trovarmi al di fuori di esso, ma ciò non può essere. Noi ruttiamo fuori i vapori del peccato, noi candiamo in esso, ci rialziamo, schiaffeggiamo e tormentiamo noi stessi giorno e notte, ma, dal momento che siamo confinati in questa carne, dal momento che dobbiamo portare in giro con noi dovunque questo sacco puzzolente, non possiamo sbarazzarcene completamente, o nemmeno stenderlo al tappeto in modo da fargli perdere i sensi. Noi cerchiamo vigorosamente di farlo, ma il vecchio Adamo ritiene il suo potere fino a che sia depositato nella tomba. (Lutero, cit. da C. Pronk, The Outlook, Nov. 1978)