Covenant Protestant Reformed Church
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La Confessione della Giustizia per Fede

Herman Hoeksema

 

(Capitolo 65 di: Herman Hoeksema, Righteous by Faith Alone: A Devotional Commentary on Romans [Giusti per Sola Fede, un Commentario Devozionale a Romani], ed. da David J. Engelsma, Reformed Free Publishing Association, MI, USA, 2002; traduzione italiana: Francesco De Lucia)

 

Romani 10:5-8

Perché Mosè descrive la giustizia che è dalla legge: L’uomo che fa quelle cose vivrà per esse.

Ma la giustizia che è dalla fede parla in tal modo: Non dire nel tuo cuore: ‘chi ascenderà al cielo?’ (ciò è far scendere Cristo dall’alto)

O: ‘chi discenderà nell’abisso?’ (ciò è far risalire di nuovo Cristo dai morti).

Ma cosa dice? La parola è vicino a te, nella tua bocca, e nel tuo cuore, cioè, la parola della fede, che noi predichiamo.

In queste parole vi è una prova dell’affermazione al verso 4 che Cristo è il fine della legge. Quest’affermazione l’apostolo la dimostra da un testo dell’Antico Testamento. Come abbiamo visto quest’affermazione che Gesù è il fine della legge non deve essere spiegata come significare che Cristo ha posto fine alla legge. Né significa che Cristo è il termine del periodo in cui la legge era la base della giustizia in distinzione dalla dispensazione della fede. Piuttosto il significato è che la legge aveva in vista Cristo. Cristo è il fine della legge nel senso che Egli era l’oggetto, l’obiettivo, il goal a cui puntava la legge. I Giudei potevano guardare a quel fine della legge ed essere salvati. Ora l’apostolo procede a dimostrare quest’affermazione dalla Scrittura. Non vi è differenza di opinione sul fatto che il passaggio contenga una dimostrazione da parte dell’apostolo. Tutti spiegano che esso contiene una prova dell’affermazione che Cristo è il fine della legge.

Tuttavia, vi è una differenza abbastanza notevole per quanto riguarda il senso da attribuire a questa prova. Gli interpreti differiscono nello spiegare il verso 4. Vi è chi spiega che Cristo ha posto fine al periodo in cui la legge serviva come la base della giustizia ed inaugurò la dispensazione della giustizia per fede. Essi leggono il testo in questo modo: "Cristo pose fine alla dispensazione in cui la legge era la base della giustizia. Perché Mosè descrive la giustizia che è dalla legge, cioè che l’uomo che compie quelle cose vivrà per esse." Essi dicono che questa era la legge per l’antica dispensazione, ma che nella nuova la giustizia della fede parla e dice: "la Parola è vicino a te, e tutto ciò che devi fare è credere." Secondo questa interpretazione abbiamo un acuto contrasto tra l’antica dispensazione, in cui la legge era la base della giustizia, e la nuova dispensazione che è la dispensazione della giustizia per fede.

Ma questa interpretazione è già in conflitto col contesto, oltre che con le parole del testo. Quando l’apostolo dice: "Ma la giustizia che è dalla fede parla in tal modo: Non dire nel tuo cuore: ‘chi ascenderà al cielo?’ … O: ‘chi discenderà nell’abisso?’" è evidente che sta citando Mosè. Dunque, egli non sta parlando di una giustizia della fede nella nuova dispensazione, ma di una giustizia della fede nell’antica dispensazione. Il contrasto, quindi, non è tra l’antica dispensazione e la nuova dispensazione. Il contrasto non è tra una giustizia della legge nell’antica dispensazione e una giustizia della fede nella nuova dispensazione.

Il contrasto, invece, è tra la giustizia della legge e la giustizia della fede, sia nell’antica che nella nuova dispensazione. Nell’antica dispensazione vi era una giustizia della legge [Levitico 18:5], ma anche una giustizia della fede [Deuteronomio 30:10-14]. Questo contrasto è il punto della citazione dell’apostolo.

Il linguaggio usato qui è piuttosto difficile da afferrare. Lo parafraserei come segue. Cristo è il fine che la legge aveva in vista. E’ vero che Mosè descrisse la giustizia della legge come consistente di questo: che un uomo vivrà se ubbidisce perfettamente a quella legge; ma si ricordi che Mosè parlò anche di una giustizia della fede. Mosè parla della giustizia per fede in questo modo: "Non dire che è impossibile divenire giusto! Non dire: Chi ascenderà al cielo? O: Chi discenderà nell’abisso? Come se fosse impossibile essere giusto, perché la Parola, cioè, la Parola della fede, è vicina. E quella Parola anche nell’antica dispensazione è predicata chiaramente: credi nel Signore Gesù Cristo e sarai salvato!" [10:4-9].

 

Colui che Confessa

"La giustizia che è dalla fede parla in tal modo," dice l’apostolo. E’ quindi la giustizia della fede che qui parla, in distinzione dalla giustizia che è dalla legge. L’apostolo mette in contrasto queste due in modo acuto. Da un lato vi è la giustizia della legge, dall’altro vi è la giustizia della fede. Vi è una differenza in presentazione. La giustizia della fede è presentata come dire qualcosa essa stessa. Ma della giustizia della legge è Mosè a dire qualcosa. Mosè descrisse ciò che è richiesto ad un uomo che voleva essere giusto per mezzo della legge.

Un uomo deve essere giusto per essere salvato. Un uomo ingiusto non può essere salvato. Se qualcuno deve essere salvato, deve essere giusto, e ciò non può essere cambiato. Essere giusto, negativamente parlando, è essere senza peccato. Positivamente, la giustizia significa essere in armonia con la volontà di Dio che ci concerne, che è la stessa cosa che essere in armonia con Dio Stesso. La giustizia è essere in armonia con i precetti di Dio. Non è una mera armonia formale ed esterna alla legge, però, è anche un’armonia interna con la legge, in cui lo stato del cuore è in armonia con la legge di Dio.

Cos’è nel testo la giustizia della legge? Legge qui è l’intero corpo della legge mosaica. Il testo non fa meramente riferimento alla legge morale, la legge dei dieci comandamenti, anche se questa è inclusa, ma fa riferimento all’intero corpo della legge mosaica per come fu rivelata ad Israele attraverso Mosè. Il principio della legge era questo: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, e con tutta la tua mente, e con tutta la tua anima, e con tutta la tua forza, ed amerai il tuo prossimo come te stesso." Questa non è l’interpretazione neotestamentaria della legge, piuttosto ciò era stato già chiaramente rivelato ai Giudei nell’Antico Testamento. La connessione tra questa giustizia e la legge è che la legge è per noi l’origine di quello stato in cui Dio ci pronuncia giusti. La legge, quindi, è il solo standard col quale Dio ci giudica e ci pronuncia essere senza peccato. Questa è la giustizia della legge. E’ lo stesso che la giustizia delle opere.

Contro questa giustizia della legge si trova la giustizia della fede. Vi è una differenza qui. La giustizia della fede parla, la giustizia della legge non parla, ma è Mosè a dire qualcosa a riguardo di essa, a differenza del fatto che invece la giustizia della fede parla essa stessa. La domanda è: cos’è la giustizia della fede in contrasto alla giustizia della legge?

Fede qui, ovviamente, è la fede salvifica. E’ sempre questa fede che si intende quando la Scrittura parla della giustizia della fede. La giustizia della fede è la stessa rispetto a quella della legge. Essa è che Dio ci giudica essere senza peccato. La fede è la potenza per la quale l’anima si aggrappa a Cristo. E’ quella potenza spirituale, quel dono di grazia, per il quale ci aggrappiamo a Cristo in modo da divenire un corpo solo con Lui. Noi conosciamo Cristo con la certa conoscenza della fede, e poniamo in Lui tutta la nostra fiducia come il Dio della nostra salvezza. Noi sappiamo che morì per noi e fu risuscitato dai morti. Sappiamo che a motivo della Sua morte e risurrezione siamo giusti. Questa è la giustizia per fede.

La relazione tra la giustizia e la fede è importante. Primo, la fede non è la base sulla quale Dio ci giudica essere giusti, perché la base della nostra giustizia è Cristo solo. Ricordate, la fede riceve, non fa nient’altro che ricevere. La fede non è niente da se stessa, essa guarda sempre a Cristo. Noi non siamo giusti perché crediamo. Secondo, nell’espressione giustizia della fede la fede non deve essere considerata come una potenza per la quale possiamo fare buone opere e così divenire giusti. Questa è la concezione Cattolico Romana. Secondo questa veduta Cristo ha meritato il diritto per noi di fare buone opere, e a motivo di queste buone opere diveniamo giusti. Ma non può essere così, perché allora il conforto di questa espressione svanisce. Nell’espressione giustizia della fede dobbiamo avere un perfetto conforto, ma se dobbiamo essere salvati per opere non possiamo avere un solo momento di riposo.

La relazione tra fede e giustizia è questa: la fede è la fonte della giustizia perché essa prende questa giustizia da Cristo. La giustizia della fede è la giustizia di Cristo per me.

La giustizia della fede parla. La giustizia della legge non dice niente. Mosè dice qualcosa a riguardo della giustizia della legge. Ciò che dice rende impossibile alla giustizia della legge di dire qualcosa. Se dobbiamo divenire giusti per la legge, o la salvezza è senza speranza, o diveniamo Farisei. Perché? Perché Mosè descrive la giustizia che è dalla legge in questo modo: l’uomo che fa quelle cose vivrà per esse. L’uomo che vuole divenire giusto per la legge deve fare qualcosa. Ciò che deve fare deve essere perfetto. Egli non può dire: "Sono andato in chiesa Domenica, e quindi Dio mi dichiarerà giusto" se non serve Dio il Lunedì. Egli non può dire: "Io non ho mai ucciso e quindi Dio mi dichiarerà giusto" se poi commette adulterio. Se un uomo vuole divenire giusto per mezzo della legge deve osservare la legge in modo perfetto. La legge parla in tal modo: "Maledetto è chiunque non continua in tutte le cose che sono scritte nel libro della legge per compierle" [Galati 3:10; Deuteronomio 27:26]. Ma è impossibile osservare la legge in modo perfetto. Noi veniamo al mondo come violatori della legge perché siamo colpevoli della disubbidienza di Adamo. Noi siamo colpevoli in partenza. Anche se fosse possibile poter osservare la legge in modo perfetto in tutta la nostra vita, la legge non potrebbe togliere quella colpa originale. Il fatto è che l’ubbidienza perfetta per noi è impossibile. A motivo della nostra natura corrotta, possiamo soltanto aumentare la nostra colpa. La descrizione di Mosè della giustizia della legge—che l’uomo che fa quelle cose vivrà per esse—è allo stesso tempo la descrizione dell’impossibilità da parte di chiunque di poter mai divenire giusto per mezzo della legge.

Tuttavia, questo non è tutto quello che Mosè ebbe da dire, vi è anche il discorso riguardante la giustizia della fede.

 

La Confessione

La giustizia della fede dice due cose. Negativamente, essa confessa questo: Non dire nel tuo cuore: ‘chi ascenderà al cielo?’ O: ‘chi discenderà nell’abisso?’ Positivamente, confessa questo: ‘La parola è vicino a te, nella tua bocca, e nel tuo cuore.’ Questo linguaggio ci conduce a ciò che erano espressioni standard del tempo. Ogni lingua ha tali espressioni. Se i Giudei volevano esprimere qualcosa di impossibile, essi avrebbero detto: ‘Chi ascenderà al cielo per noi?’ Oppure avrebbero detto: ‘Chi discenderà nell’abisso?’ Ciò che qui è concepito impossibile è la giustizia. E’ impossibile essere giusti. E’ quindi impossibile vivere.

La giustizia della fede, sia al tempo di Mosè che nel Nuovo Testamento, parla in tal modo: "Non dire nel tuo cuore: ‘chi ascenderà al cielo?’ O: ‘chi discenderà nell’abisso?’ Ma dici questo: ‘La parola è vicino a te, nella tua bocca, e nel tuo cuore’." La Parola di Dio è la Parola che porta una giustizia preparata per noi, perché è Cristo. Questa Parola è vicina. Quanto vicina? A chi sta parlando questa giustizia della fede? Sta parlando al credente. Essa dice al credente: "Non dire: ‘chi ascenderà al cielo?’ O: ‘chi discenderà nell’abisso?’ Ma dici: ‘La parola è nella tua bocca’."

Voi lo dite, non è così? La chiesa parla, ella confessa questo.

Ma questa Parola è ancora più vicina. E’ nel vostro cuore. Se avete questa Parola nel vostro cuore, non dite che è impossibile essere giusti. La Parola è vicina, e ciò è sufficiente.

Ciò è significativo non soltanto per i Giudei, ma anche per noi, anche se è vero che l’apostolo sta parlando in modo specifico ai Giudei. Perché il loro errore era che essi cercavano di divenire giusti con la giustizia della legge. Ma i Giudei che credevano portavano i loro sacrifici con fede in Cristo.

 

La Base di Questa Confessione

Cristo diviene la base di questa giustizia. L’apostolo fornisce due note esplicative ai versi 6 e 7 che rendono chiaro questo. "Non dire: ‘chi ascenderà al cielo?’ perché questo," spiega l’apostolo, "equivale a negare l’ascensione di Cristo. E non dire: ‘chi discenderà nell’abisso?’ perché questo," spiega l’apostolo, "equivale a negare la discesa di Cristo." Il fatto è che Cristo discese. Egli morì. Egli fu risuscitato. Egli ascese. E questa è la Parola della giustizia che noi predichiamo.

Lo so, noi guardiamo a noi stessi, è duro credere. E’ difficile credere che siamo giusti senza opere. Noi siamo inclinati a guardare a noi stessi, alle nostre opere. Siamo inclinati a chiedere: "Cosa ho fatto che piace a Dio?" La risposta è : "Niente." Giorno per giorno, momento per momento, siamo peccatori. E così cominciamo ad avere paura. E poi udiamo la giustizia della legge dire: "Amerai il Signore tuo Dio con tutta la tua mente, e cuore, ed anima e forza." Quindi tremiamo. E diciamo: "Chi ascenderà in cielo o discenderà nell’abisso? Essere giusti è impossibile."

Ma poi la Parola giunge, la Parola della fede che è predicata a voi e me. E questa parola della fede dice: "Non parlare in questo modo, fermati, non condannare te stesso, basta col guardare alla legge. Non dire ‘chi ascenderà in cielo?’ Cristo lo ha fatto. Non dire: ‘chi discenderà nell’abisso?’ Cristo lo ha fatto. Anche se i tuoi peccati fossero come scarlatto, essi saranno bianchi come neve."

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