Herman Hoeksema
La relazione originaria tra Dio ed Adamo è chiamata relazione di patto. Le confessioni Riformate, le Tre Formule di Unità, non parlano mai di un patto di opere; di un cosiddetto patto di opere, questi standard confessionali certamente non ne sanno nulla.
Una breve affermazione concernente questo patto si trova negli Articoli Irlandesi della Religione:
L’uomo essendo al principio creato secondo l’immagine di Dio (che consisteva specialmente nella sapienza della sua mente e della vera santità della sua libera volontà) aveva il patto della legge inciso nel suo cuore, col quale Dio gli promise vita eterna a condizione che egli prestasse intera e perfetta ubbidienza ai Suoi Comandamenti, secondo la misura di forza con la quale fu dotato alla sua creazione, e lo minacciò con la morte se non avesse prestato la stessa.1
Anche la Confessione di Westminster anche si è espressa sul patto di opere:
Il primo patto stipulato con l’uomo fu un patto d’opere, nel quale la vita fu promessa ad Adamo; e in lui alla sua discendenza, a condizione della perfetta e personale obbedienza.2
In queste confessioni, quindi, incontriamo l’idea ed il termine patto d’opere.
Benchè quest’idea del patto d’opere non fu incorporata negli standard Riformati, è divenuta un termine comune, e la dottrina rappresentata da esso è stata sviluppata in varie opere di dogmatica. E’ cosa comune parlare della relazione di Adamo a Dio come un patto di opere. Una discussione elaborata di questo patto si trova nella Teologia Sistematica del Dr. Charles Hodge. Egli scrive,
Dio dopo aver creato l'uomo secondo la sua immagine di conoscenza, giustizia e santità, entrò in un patto con lui, a condizione della perfetta obbedienza, proibendogli di mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male, pena la morte.3
Egli ammette che quest’affermazione non si basa su alcuna dichiarazione espressa delle Scritture, ma egli argomenta:
Tuttavia, è un modo conciso e corretto di affermare un chiaro fatto Scritturale, ossia, che Dio fece ad Adamo una promessa sospesa ad una condizione, e applicò alla disobbedienza una certa pena. Questo è ciò che nel linguaggio Scritturale si intende con un patto, e questo è tutto ciò che si intende con il termine qui usato. Anche se la parola 'patto' non è usata in Genesi, e non compare altrove in alcun chiaro passaggio in riferimento all'accordo qui descritto, tuttavia, in quanto il piano di salvezza è sempre rappresentato come un Nuovo Patto, nuovo non semplicemente in antitesi con quello stabilito al Sinai, ma nuovo in riferimento a tutti i patti legali di ogni genere, è chiaro che la Bibbia rappresenta la stipulazione con Adamo come un vero accordo federale. Le Scritture non conoscono che due modi per ottenere la vita eterna: uno che richiede perfetta obbedienza, e l'altro che richiede fede. Se il secondo è chiamato un patto, il primo è detto essere della stessa natura.4
Gli elementi di questo patto d’opere, secondo Hodge, sono l’usuale condizione, promessa, e punizione. Egli scrive,
La ricompensa promessa ad Adamo a condizione dell'obbedienza era la vita. (1) Questo è compreso nella minaccia: "Nel giorno che tu ne mangerai, per certo tu morrai." È chiaro che questo includeva la certezza che egli sarebbe vissuto, qualora non ne avesse mangiato. (2) Questo è confermato da innumerevoli passaggi e dal significato generale della Scrittura, nella quale è così chiaramente e variamente insegnato che la vita era, per un'ordinanza di Dio, connessa all'obbedienza. "Fai questo e tu vivrai." "L'uomo che fa queste cose vivrà per esse." Questo è il modo comune in cui la Bibbia parla della legge o patto sotto cui l'uomo fu posto per la costituzione della sua natura e per la disposizione di Dio. (3) Poiché la Scrittura presenta ovunque Dio come un giudice o governante morale, segue necessariamente da quella rappresentazione, che le sue creature razionali saranno trattate secondo i principi di giustizia. Se non c'è trasgressione non c'è punizione. E quelli che continuano in santità continuano anche nel favore e nell'amicizia di Colui il cui favore è la vita, e la cui amorosa benevolenza è migliore della vita. (4) E infine, la santità, o come si esprime l'Apostolo, avere la mente spirituale, è la vita. Non può esservi quindi alcun dubbio che se Adamo avesse continuato in santità, avrebbe goduto quella vita che scaturisce dal favore di Dio.5
La vita che era promessa ad Adamo, secondo Hodge, era la "felice, santa, ed immortale esistenza dell’anima e del corpo."6 Né l’ubbidienza perpetua sarebbe stata necessaria come una condizione del patto. Egli scrive,
La domanda se un'obbedienza perpetua, oltre che perfetta, fosse la condizione del patto stipulato con Adamo, deve probabilmente essere risposta in negativo. Sembra ragionevole da sé e chiaramente dedotto dalla Scrittura che tutte le creature razionali hanno un definito periodo di prova. Se sono fedeli durante quel periodo, esse sono confermate nella loro integrità, e non più esposte al pericolo dell'apostasia. Così leggiamo degli angeli che non mantennero il loro primo stato, e di quelli che invece lo fecero. Quelli che rimasero fedeli hanno continuato nella santità e nel favore di Dio. Si deve quindi concludere che se Adamo avesse continuato nell'obbedienza durante il periodo riservato alla sua prova, né lui né alcuno della sua posterità sarebbe mai stato esposto al pericolo del peccato.7
Secondo la presentazione di Hodge, nella vita di Adamo sarebbe giunto un momento, se non avesse peccato, in cui il periodo di prova sarebbe terminato e la promessa per lui sarebbe stata adempiuta, ovvero: egli sarebbe entrato nell’immortalità e nella vita eterna. Egli sarebbe stato mutato. Ciò che Hodge intende con questo promesso mutamento, può essere tratto dal suo commentario a I Corinzi 15:45, dove Paolo paragona Adamo in quanto un’anima vivente con Cristo, lo Spirito vivificante. Scrive Hodge,
Da quanto l’apostolo, tuttavia, qui dice del contrasto tra Adamo e Cristo, della terrena e mortale natura del primo in quanto opposta all’immortale, spirituale natura del secondo, è chiaro che Adamo per come creato originariamente, non era, quanto al suo corpo, in quello stato che lo avrebbe reso adatto alla sua esistenza immortale. Dopo che il suo periodo di prova era passato, deve essere dedotto, in lui avrebbe avuto luogo un cambiamento analogo a quello che deve aver luogo in quei credenti che saranno in vita quando viene Cristo. Essi non moriranno ma saranno mutati. Di questo cambiamento nella costituzione del suo corpo, l’albero della vita probabilmente costituiva il sacramento.8
Qui abbiamo una chiara e comprensiva esposizione di ciò che è comunemente inteso con il patto di opere. Possiamo delineare un sommario dei suoi vari elementi come segue:
Primo, il patto di opere fu un contratto o accordo tra Dio ed Adamo stipulato da Dio e stabilito da Lui dopo la creazione dell’uomo. Non fu dato con la creazione, ma fu un contratto in addizione alla creazione.
Secondo, esso era un mezzo per un fine. Adamo aveva vita, ma non possedeva la vita più alta, cioè, la vita eterna. Egli era libero, ma il suo stato non era quello della più alta libertà. Egli poteva cadere. Il patto di opere fu stipulato come un mezzo perché Adamo giungesse a quel più alto stato di libertà nella vita eterna.
Terzo, gli elementi specifici di questo patto erano una promessa (la vita eterna), una punizione (la morte eterna), ed una condizione (ubbidienza perfetta).
Quarto, in questo patto Adamo fu messo alla prova. Sarebbe giunto un tempo in cui il periodo di prova sarebbe terminato e la promessa sarebbe stata adempiuta.
Quinto, alla fine del periodo di prova, Adamo sarebbe stato traslato in uno stato di gloria analogo al mutamento dei credenti che saranno viventi al momento del secondo avvento di Cristo.
Sesto, il frutto di questa ubbidienza di Adamo sarebbe stato raccolto da tutta la posterità di Adamo.
Molte e serie obiezioni possono essere sollevate contro questa dottrina generalmente accettata del patto di opere. Che la relazione tra Dio ed Adamo nello stato di giustizia fosse una relazione di patto, lo ammettiamo prontamente. Ma che questo patto fosse un accordo stabilito tra Adamo ed il suo creatore, consistente di una condizione, una promessa, ed una punizione, e che era essenzialmente un mezzo col quale Adamo potesse adoprarsi per salire verso il più alto stato della vita eterna e gloria celeste che è ora ottenuto dai credenti in Cristo, lo neghiamo.
Primo, vi è l’obiezione principale che questa dottrina non trova supporto nella Scrittura. Noi leggiamo certamente del comando probatorio, che proibiva all’uomo di mangiare del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, e della punizione della morte minacciata in caso di disubbidienza. Tuttavia, non troviamo prova nella Scrittura per la contenzione che Dio diede ad Adamo la promessa della vita eterna se avesse ubbidito quel particolare comandamento di Dio. E’ vero, ovviamente, che Adamo non avrebbe sofferto la punizione della morte se avesse ubbidito. Ma ciò è piuttosto differente dal dire che avrebbe ottenuto la gloria e l’immortalità. Ciò non può essere dedotto o inferito dalla punizione con la morte minacciata. Adamo avrebbe potuto vivere perpetuamente nel suo stato terreno. Egli avrebbe potuto continuare a mangiare dell’albero della vita e vivere per sempre, ma la vita terrena perpetua non è lo stesso di ciò che la Scrittura intende con "vita eterna." Le Scritture in nessun luogo suggeriscono che Adamo avrebbe raggiunto questo più alto livello di gloria celeste e che sarebbe giunto un tempo nella sua vita in cui sarebbe stato traslato.
Inoltre, l’atto di dare il comando probatorio, e la minaccia della punizione della morte, non sono un patto o accordo, e non costituiscono una transazione tra Dio ed Adamo. Adamo riceve semplicemente un comando ed è minacciato con giusta punizione se disubbidisce. Un tale comando poteva concepibilmente essere connesso alla relazione di patto, ma che sia il patto la Scrittura non lo suggerisce nemmeno. Un comando non è un patto; né il comando è imposto all’uomo nella forma di una condizione per la vita eterna. E’ vero che altrove nella Scrittura l’ubbidienza e la vita sono inseparabilmente connesse: "L’uomo che fa queste cose vivrà in esse" (Galati 3:12). Ma nemmeno questo significa che l’uomo coll’osservare la legge potrebbe mai raggiungere il più alto livello di vita e gloria celeste. Invano si cerca nella Parola di Dio qualche supporto di questa teoria di un patto di opere.
Secondo, è impossibile che l’uomo dovesse meritare una speciale redarguizione da Dio. L’ubbidienza a Dio è un obbligo. Certamente ha la sua redarguizione, perché Dio è giusto e redarguisce il bene col bene. L’ubbidienza ha la sua redarguizione in se stessa: ubbidire il Signore nostro Dio è vita e gioia. Il peccato è miseria e morte. La vita e la gioia sono nell’ubbidienza. Osservare i comandamenti di Dio e servirlo è un privilegio. Ma il patto di opere insegna che Adamo poteva meritare qualcosa di più, qualcosa di speciale, coll’ubbidire il comandamento del Signore. Ciò è piuttosto impossibile.
Ciò che il Signore dice ai Suoi discepoli è sempre applicabile all’uomo in relazione a Dio: "Così similmente voi, quando avrete fatto tutte le cose che vi sono comandate, dite, Noi siamo servi inutili, abbiamo fatto ciò che era nostro dovere fare" (Luca 17:10). Adamo era di Dio con tutto il suo essere e vita nel mondo. Consacrare se stesso con tutte le cose, nell’amore, al Dio vivente, era semplicemente il suo obbligo. Egli non poteva fare niente per Dio. Non poteva fare straordinari con Dio. Non poteva guadagnare niente di extra. Il privilegio di servire Dio era tutto il suo.
Né Adamo si sarebbe potuto aspettare una redarguizione extra per la sua ubbidienza. Si supponga che avesse ubbidito il Signore in perfetta ubbidienza per mille anni, avrebbe mai potuto pensare che ora era il momento che il suo Dio lo redarguisse con qualcosa di speciale? Si supponga che il Signore gli avesse chiesto in quel momento: "Adamo, tu mi hai servito fedelmente tutti questi anni. Quanto ti devo?" Cosa avrebbe risposto Adamo? Egli avrebbe detto: "Tu dovere qualcosa a me, O Signore mio Dio? Tutti questi mille anni tu mi hai riempito con la tua bontà. Puro diletto è stato per me il poter vivere davanti a te e servirti in amore. Io devo ogni cosa a te, ma tu non puoi affatto dovermi alcuna cosa."
Si supponga che questa conversazione fosse continuata, ed il Signore avesse chiesto ad Adamo: "Ma non vuoi piuttosto essere portato via dal tuo paradiso terrestre ed essere traslato in un’altra gloria?" Cosa avrebbe risposto il primo uomo, che era terreno? Si può concepire qualcosa come: "No, Signore, non mi piace essere svestito. Ed io sono perfettamente soddisfatto qui nel paradiso terrestre, e sono serenamente felice qui presso l’albero della vita. Non posso desiderare alcun altra cosa che di poter stare qui per sempre e vivere con te nell’amicizia del tuo patto."
Si supponga inoltre che il Signore avesse chiesto: "Ma non hai meritato altri mille anni in questo paradiso terrestre con la tua fedele ubbidienza?" Quale sarebbe stata l’inevitabile risposta? Questa: "Tu, Signore, sei il mio benefattore ogni giorno nuovamente. Di sicuro, non potrei mai guadagnare il mio prossimo respiro. Se tu mi lasci andare nel nulla, non mi faresti alcuna ingiustizia."
Di certo, fintanto che Adamo ubbidiva Dio, l’Altissimo in giustizia non poteva infliggergli la sofferenza della morte. Ma questo non significa che egli doveva alla Sua creatura un altro momento di esistenza in alcun punto della sua vita. L’uomo non può mai meritare alcuna cosa da Dio. Né vi è alcuna indicazione nella Scrittura a riguardo del fatto che Dio pose volontariamente l’uomo in una posizione in cui egli potesse meritare la vita eterna.
Terzo, come dobbiamo concepire questa promessa di vita eterna ad Adamo? Si supponga che Adamo avesse ubbidito il comandamento di Dio. Allora, secondo l’idea del patto di opere, egli sarebbe stato glorificato ed innalzato ad un piano celeste di vita immortale. La domanda sorge: Quando sarebbe accaduto ciò?
La risposta usuale è che la cosa sarebbe stata decisa in un periodo di tempo comparativamente breve, forse subito dopo che Adamo ed Eva avevano resistito la tentazione del diavolo. Si suppone di solito che questo momento della redarguizione di Adamo sarebbe giunto prima che vi fossero stati discendenti, perché Adamo si trovava in paradiso quale rappresentante dell’intera razza umana.
Cosa allora? Adamo ed Eva sarebbero stati traslati ad una specie di gloria immortale, celeste. Avrebbero prodotto la razza umana in quello stato di gloria? Ciò sembra piuttosto impossibile, perché la propagazione della razza umana ed il riempimento della terra appaiono inseparabilmente connessi al presente stato terrestre dell’uomo nel suo corpo fisico. In paradiso essi non si sposano e producono figli. E cosa dire della terra e di tutta la creazione terrestre? Sarebbe stata glorificata anch’essa o Adamo sarebbe stato semplicemente tolto via da essa? Qualcuno potrebbe obiettare che in questo modo di argomentare parliamo di cose che di fatto non accaddero e che quindi non erano nel consiglio di Dio. Vero. Ma io affermo che le promesse di Dio sono sicure, Egli non promette alcuna cosa che non sia possibile di adempimento all’interno dell’economia del Suo consiglio e di tutte le Sue opere.
È piuttosto concepibile che Adamo avrebbe ubbidito e che nella via dell’ubbidienza avrebbe continuato e perpetuato la sua vita e felicità terrestre. E’ anche concepibile che in questo stato terrestre di perfezione avrebbe rappresentato l’intera razza umana ed avrebbe prodotto figli. Tuttavia, la teoria che Adamo aveva la promessa di Dio che avrebbe ereditato la vita eterna, se avesse ubbidito il comando probatorio, non si adatta al resto della Scrittura, né ad alcuna possibile concezione dogmatica.
Quarto, il patto di opere presenta la relazione pattale come qualcosa di incidentale ed addizionale alla vita dell’uomo in relazione a Dio. La relazione pattale è un mezzo per un fine, non un fine in se stesso. Non è data alla creazione dell’uomo, e quindi non è una relazione fondamentale ed essenziale, ma un accordo stabilito qualche tempo dopo che l’uomo fu chiamato in essere. La questione riguardante quanto tempo dopo che Adamo era stato creato Dio fece questo accordo con lui è piuttosto irrilevante. Che fosse stata una settimana, un giorno, o perfino un’ora dopo la sua creazione, fatto rimane che questo patto fu imposto sulla relazione che Adamo già sosteneva con Dio in ragione della sua creazione. Quale era allora la relazione a Dio a prescindere dal patto di opere? La Parola di Dio, tuttavia, non presenta la relazione pattale come una relazione accidentale, ma come fondamentale ed essenziale. Non è un mezzo per un fine, ma un fine in se stesso. Nella sua più alta perfezione in Cristo, è la vita eterna: "E questa è la vita eterna, che conoscano te il solo vero Dio, e Gesù Cristo, che tu hai mandato" (Giovanni 17:3).
Quinto, alla luce della sovranità e sapienza di Dio, questa teoria di un patto di opere appare abbastanza indegna di Dio. Presenta l’opera di Dio come per gran parte un fallimento. Anche se Dio sarà vittorioso alla fine ed il diavolo soffrirà sconfitta, il diavolo tuttavia ha successo nell’infliggere un pesante danno alle opere del creatore. Se la teoria del patto di opere fosse vera, allora Adamo si trovava in una posizione in cui poteva raggiungere la vita e gloria eterna e meritare quella stessa gloria e vita per tutta la sua posterità coll’ubbidire al comando di Dio. La gloria che Adamo poteva ereditare per se stesso e tutti i suoi discendenti era la stessa o simile a quella che i credenti a breve riceveranno in Cristo attraverso la profonda via della sofferenza, del peccato, e della morte. Ora è meritata soltanto attraverso la morte e la perfetta ubbidienza del Figlio di Dio nella carne. Ora è ottenuta soltanto da alcuni, gli eletti, mentre la maggioranza della razza perisce. Non apparirà questo eternamente come un fallimento da parte di Dio? O piuttosto, può ciò essere vero alla luce della sapienza ed assoluta sovranità dell’Altissimo?
Se la vita eterna avesse potuto essere meritata nel primo uomo Adamo, Dio avrebbe scelto la lunga e profonda via attraverso la morte del Suo Figlio? No. Il fatto è che è piuttosto impossibile per Adamo raggiungere il livello celeste della vita immortale. L’immortalità e la gloria celeste sono in Cristo Gesù soltanto. Al di fuori del Figlio di Dio venuto nella carne, non erano mai raggiungibili. Non possiamo accettare la teoria del patto di opere, ma la dobbiamo condannare come non scritturale.
Anche se i primi tre capitoli di Genesi non menzionano il patto, non vi può essere alcun dubbio che la relazione tra Dio ed Adamo era una relazione di patto. Questa verità non deve essere basata su un singolo testo, come Osea 6:7, anche se questo passaggio può certamente essere citato con riferimento a questa verità. Il Signore in quel passaggio accusa il suo popolo apostatante di trasgredire il patto "come Adamo." Alcuni preferiscono a questo punto la traduzione "come uomini" invece di "come Adamo." Benchè la traduzione "come uomini" è molto probabilmente corretta, non fa una gran differenza per quanto riguarda la questione che stiamo ora discutendo. Se "come uomo" o "come uomini" è considerata la traduzione corretta, il testo parla in un senso ampio della relazione tra l’uomo e Dio come fondamentalmente una relazione pattale. Se è preferita la resa "come Adamo," il testo fa riferimento direttamente alla relazione di patto tra Adamo e Dio. Ma tutta la Scrittura procede dalla verità che l’uomo si trova sempre in una relazione pattale con Dio.
Tutti gli scambi di Dio con Adamo in paradiso presuppongono questa relazione: Dio parlava con Adamo e rivelava Se Stesso a lui, ed Adamo conosceva Dio nel vento del giorno. Inoltre, la salvezza è sempre presentata come lo stabilimento e la realizzazione del patto di Dio. Mediante il diluvio Dio distrusse il primo mondo e salvò la Sua chiesa in Noè e la sua discendenza, e con questi Egli stabilì il Suo patto che abbracciava tutta la creazione. Con Abraamo e la sua discendenza Dio stabilì il Suo patto come un patto eterno, e diede loro il segno della circoncisione come un sigillo della giustizia che è mediante la fede (Genesi 17:7; Romani 4:11). Questo patto non poteva essere annullato dalla legge che venne quattrocentotrent’anni più tardi, il che significa che il patto del Sinai è essenzialmente lo stesso patto di quello con Abraamo e la sua discendenza, anche se per un tempo la legge è sovrimposta a quella relazione (Galati 3:17).
Nella nuova dispensazione Dio stabilisce un nuovo patto col Suo popolo, una più alta realizzazione dello stesso patto dell’antica dispensazione, basata sul sangue di Gesù e consistente nella verità che Dio non ricorderà più le loro iniquità, che Egli scriverà la Sua legge sui loro cuori e menti, e che tutti Lo conosceranno (Geremia 31:31-34; Ebrei 8:8-13; 10:16-17).
La Scrittura spesso fa riferimento a questa relazione pattale senza espressamente menzionarla. Enoc e Noè camminarono con Dio (Genesi 5:24; 6:29). Camminare con Dio è un atto di amicizia ed intima comunione. Abraamo è chiamato l’amico di Dio (Isaia 41:8; Giacomo 2:23). Il tabernacolo ed il tempio prefiguravano la verità che Dio dimora col Suo popolo sotto un solo tetto, nella stessa casa, come un amico con i suoi amici. Questa relazione pattale è centralmente realizzata nell’incarnazione del Figlio di Dio: "E la Parola fu fatta carne, e dimorò [lett. "tabernacolò"—N.d.T.] tra di noi" (Giovanni 1:14).
Attraverso la morte, risurrezione, ed esaltazione del Signore Gesù Cristo e lo spargimento del Suo Spirito sulla chiesa, quella chiesa è divenuta "il tempio del Dio vivente; come Dio ha detto: ‘Io dimorerò in loro e camminerò in loro; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo’" (II Corinzi 6:16). La più alta realizzazione della gloria che Dio ha preparato per coloro che Lo amano è espressa in Apocalisse 21:3: "Ecco, il tabernacolo di Dio è con gli uomini, ed egli dimorerà con loro, ed essi saranno il Suo popolo, e Dio Stesso sarà con loro, e sarà il loro Dio." In verità, tutta la Scrittura presenta la relazione pattale come fondamentale ed essenziale. Se l’opera di redenzione e l’opera di creazione sono correlate, non vi può essere dubbio che Adamo nel suo stato di integrità si trovava in una relazione pattale con Dio.
Questa relazione pattale non era qualcosa di incidentale, un mezzo per un fine, una relazione stabilita per via di un accordo, ma era una relazione fondamentale in cui Adamo si trovava nei confronti di Dio in virtù della sua creazione. Essa non era essenzialmente un accordo, ma una relazione di vivente comunione ed amicizia data e stabilita mediante la creazione di Adamo ad immagine di Dio. La comunione, l’intima relazione di amicizia, richiede somiglianza come sua base. Simile conosce e può avere comunione soltanto con simile. Per questa ragione la vita pattale ultima si trova in Dio Stesso, ed è basata sulla Trinità. Essendo essenzialmente uno, tuttavia personalmente distinti, il Padre, Figlio, e Spirito Santo, vivono in eterna amicizia pattale l’uno con l’altro.
Per questa ragione, la riflessione della vita trinitaria di amicizia che si trova nel patto di Dio con l’uomo fu realizzata quando Adamo fu creato ad immagine di Dio, quella somiglianza creaturale consistente di vera conoscenza di Dio, giustizia, e santità. Dal primo momento stesso della sua esistenza, ed in virtù del suo essere creato secondo l’immagine di Dio, Adamo si trovava in una relazione pattale con Dio ed era conscio della vivente comunione ed amicizia che è essenziale a quella relazione. Egli conosceva Dio, Lo amava, ed era conscio dell’amore di Dio verso di lui. Egli godeva il favore di Dio. Egli riceveva la parola di Dio, camminava con Dio, parlava con Lui, e dimorava nella casa di Dio nel primo paradiso. E siccome Adamo si trovava al pinnacolo di tutte le cose create sulla terra, l’intera creazione attraverso di lui era compresa in quella relazione pattale di amicizia. Nel cuore di Adamo l’intera creazione era unita al cuore di Dio.
In questa relazione di patto Adamo era l’amico-servitore ed ufficiale di Dio in tutta la creazione. Egli era il collaboratore di Dio. Questa chiamata di Adamo nello stato di giustizia deve essere compresa molto concretamente e realisticamente. La sua vita non deve essere romanticizzata nella nostra immaginazione come una sorta di godimento mistico di dolce comunione con il Signore sotto l’albero della vita. Egli aveva un mandato molto definito. Dio aveva benedetto Adamo ed Eva ed aveva loro detto: "Siate fruttuosi, e moltiplicatevi, e riempite la terra, e sottomettetela, ed abbiate dominio sul pesce del mare, e sul volatile dell’aria, e su ogni cosa vivente che si muove sulla terra" (Genesi 1:28). Quando il Signore preparò per l’uomo il giardino d’Eden e lo pose in esso, Dio diede all’uomo uno specifico comandamento di custodire il giardino, cioè, di coltivarlo e di custodirlo, che probabilmente significava che egli doveva custodirlo contro le incursioni del diavolo (Genesi 2:15). Adamo quindi aveva un compito molto definito da svolgere.
In tutta la sua vita ed opera, Adamo doveva essere impegnato come l’amico-servo di Dio, non come uno schiavo che opera dal motivo del timore della sferza, né come un salariato che fa le sue ore meramente per il suo stipendio, ma liberamente dall’amore di Dio, come essendo il suo collaboratore e come essendo del suo partito. In quanto amico di Dio egli doveva operare come il sovrintendente di Dio sopra tutte le opere delle mani di Dio. In quanto amico di Dio doveva riempire e sottomettere la terra, coltivare e custodire il giardino, e portare alla luce tutte le meraviglie e le potenze del mondo. Il puro diletto di Adamo in questo, nel favore di Dio, era la sua redarguizione.
Noi possiamo veramente dire che Adamo era il rappresentante di Dio nella creazione terrestre, il suo ufficiale: il Suo profeta, sacerdote, e re. Ciò implica che egli aveva la chiamata, il mandato, ma anche il privilegio, il diritto, l’abilità, e la volontà, di essere il servo di Dio. Il dovere, il potere, l’essere in grado, ed il volere essere il collaboratore di Dio erano in Adamo in perfetta armonia l’uno con l’altro. In quanto profeta, egli conosceva il suo Dio in tutta la creazione terrestre e Lo lodava in una grande congregazione. In quanto sacerdote, egli dimorava nella casa di Dio e consacrava se stesso e tutte le cose a Lui. In quanto re, egli dichiarava e manteneva la volontà di Dio in tutta la terra. Tutte le cose servivano Adamo così che egli potesse servire il suo Dio.
Dobbiamo ancora considerare la questione concernente la relazione in cui Adamo, il primo uomo, si trovava nei confronti della sua posterità, il resto dell’umanità, e del mondo intorno a lui.
Quanto alla questione della relazione di Adamo alla sua posterità, alla quale dovremo ritornare quando discuteremo dell’universalità del peccato, noi rispondiamo che la relazione di Adamo nei confronti della razza umana era triplice. Primo, egli era il primo padre, il portatore dell’intera razza umana in modo che organicamente l’intera razza umana era in lui. Secondo, egli era il capo di tutta l’umanità così che legalmente li rappresentava. Terzo, egli era la radice della razza così che, figurativamente parlando, tutte le nazioni, tribù, famiglie, ed individui sono rami dell’albero di cui Adamo era la radice.
Colpisce la nostra attenzione il fatto che le confessioni Riformate enfatizzano la relazione organica piuttosto che quella legale, di Adamo nei confronti della sua posterità. Il Catechismo di Heidelberg ci istruisce:
Da dove proviene allora una tale natura depravata dell’ uomo?
Dalla caduta e disobbedienza dei nostri progenitori, Adamo ed Eva, in Paradiso, per la quale la nostra natura è divenuta così corrotta che noi tutti veniamo concepiti e nasciamo nel peccato.9
La stessa nota risuona nella Confessione Belga:
Noi crediamo che, per mezzo della disobbedienza di Adamo, il peccato originale si è esteso a tutto il genere umano; esso è una corruzione dell'intera natura, ed un vizio ereditario, di cui sono inficiati anche i piccoli infanti nel grembo della loro madre, e che produce nell'uomo ogni sorta di peccato, servendogli di radice, in cui è così spregevole ed enorme davanti a Dio che è sufficiente per condannare il genere umano.10
Nei Canoni di Dordt leggiamo:
L'uomo in origine fu formato ad immagine di Dio, adornato nella mente di una vera e benefica conoscenza del suo Creatore e delle cose spirituali, di giustizia nella volontà e nel cuore, di purezza in ogni sua affezione, e così era interamente santo; ma allontanandosi da Dio per istigazione del Diavolo, e per sua libera volontà, privò se stesso di questi eccellenti doni, e al contrario in luogo d’essi contrasse cecità, orribili tenebre, vanità, e perversità di giudizio nella mente, malizia, ribellione, e durezza nella volontà e nel cuore, e infine impurità in ogni affezione.
Quale inoltre fu l’uomo dopo la caduta, tali figli anche procreò, appunto: corrotto l’uno corrotti gli altri; la corruzione essendo derivata da Adamo in tutti i posteri [Cristo solo eccettuato] non per imitazione [cosa che un tempo vollero i Pelagiani], ma per propagazione della natura viziosa, per giusto giudizio di Dio.11
Questi passaggi dai credi trattano il problema del peccato originale e mostrano chiaramente che le confessioni enfatizzano la relazione organica di Adamo alla sua posterità. Egli è il padre di noi tutti. Dio creò l’intera razza umana in lui. In questo senso Agostino aveva ragione quando insegnò che tutti gli uomini erano in Adamo. Di certo, in lui non vi era una moltitudine di persone individuali, né vi erano milioni di individualizzazioni della natura umana. Tuttavia, la verità è che tutte le nature umane che sarebbero mai esistite erano organicamente in Adamo, ed esse tutte si sono sviluppate da lui. Dio "ha fatto da un solo sangue tutte le nazioni degli uomini affinchè dimorassero su tutta la faccia della terra" (Atti 17:26).
Anche se è questa relazione organica ad essere enfatizzata nelle confessioni, essa non è la sola relazione che Adamo aveva con la razza umana. Egli non soltanto era il padre di noi tutti in modo che l’intera natura umana fu creata in lui, ma egli si trovava anche nella posizione unica di capo legale della razza in senso rappresentativo. Ciò è molto chiaramente espresso in Romani 5:12-19, dove l’apostolo insegna che:
Primo, mediante un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e la morte è passata su tutti gli uomini perché tutti hanno peccato. In che modo la morte poteva essere inflitta a tutti a motivo del peccato di un solo uomo a meno che essi non hanno peccato legalmente in lui e quindi erano rappresentati da lui?
Secondo, questa morte, che è la punizione del peccato, ha regnato da Adamo a Mosè, cioè, prima della promulgazione della legge, e quindi su quelli "che non avevano peccato di una trasgressione simile a quella di Adamo" (v. 14).
Terzo, "attraverso l’offesa di uno molti sono morti," "il giudizio fu mediante uno solo a condanna;" "mediante l’offesa di un solo uomo la morte ha regnato per quell’uno" (vv. 15-17). Tutti questi termini esprimono concetti legali ed indicano chiaramente che la relazione di Adamo alla razza umana era una relazione rappresentativa: egli era il capo rappresentativo dell’intera razza.
Quarto, mediante l’offesa di uno solo, il giudizio è giunto su tutti gli uomini a condanna, e mediante la disubbidienza di uno solo molto furono resi peccatori. E’ chiaro che "giudizio" e "condanna" sono termini forensi. Il fatto che l’offesa di uno solo può portare giudizio e condanna su altri implica una relazione di solidarietà legale tra l’uno e gli altri, in questo caso tra Adamo e la sua posterità. Adamo, il padre di noi tutti, è posto da Dio in una posizione di capo federale dell’intera razza.
Adamo è anche la radice della razza. Con questo intendiamo esprimere l’idea che uomini, tribù, e nazioni non sono tutti uguali quanto a caratteristiche, luogo, e tempo, ma essi differiscono l’uno dall’altro in molte vie individuali e tutte queste differenze si sviluppano organicamente da Adamo, come da una radice. Ciò diverrà più chiaro quando consideriamo la relazione tra il peccato originale da un lato, e i peccati commessi in prima persona dall’altra.
In relazione alla creazione terrestre Adamo era re. Il Signore gli diede dominio sul pesce del mare, sugli uccelli dell’aria, e su ogni cosa vivente che si muoveva sulla terra (Genesi 1:28). Ciò implica che Adamo era signore, non sull’intero cosmo, che include cielo e terra, ma sulla creazione terrestre. Egli fu fatto originariamente di un po�� inferiore agli angeli, secondo Salmo 8:5-6 ed Ebrei 2:6-7. Il cielo della gloria non era soggetto a lui. Era il suo destino finale di divenire signore su tutto il mondo (vv. 8-9), ma quel goal finale non fu raggiunto nel primo Adamo. Adamo fu fatto secondo l’immagine di Dio, ma non era il Signore dal cielo. Egli non portava l’immagine del celeste, ma era dalla terra, terrestre (I Corinzi 15:47-49). Egli era un re terrestre, ed il suo dominio era particolarmente il paradiso terrestre. Egli avrebbe servito il suo Dio specialmente come re sotto di Lui nel vincolo di amicizia. Questo paradiso era nel ricco paese di Eden (Genesi 2:8-14). Il Signore pose Adamo in quel giardino "per lavorarlo e per custodirlo" e per servire Dio lì (v. 15).
Già implicata nel termine "custodirlo" è l’idea che Adamo doveva combattere la battaglia di Jehovah. Questa idea dell’antitesi era incorporata ancora più chiaramente nei due alberi speciali nel giardino: l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male. L’albero della vita, che si trovava nel mezzo del giardino e paragonabile al luogo santissimo nel tempio, assicurava Adamo della vita fintanto che egli era in grado di incontrare il suo Dio in quel santuario. Per questa ragione è chiamato "l’albero della vita," il cui frutto evidentemente aveva il potere di perpetuare l’esistenza terrena di Adamo (Genesi 3:22). Il nome "albero della conoscenza del bene e del male" (Genesi 2:17) significava che Adamo attraverso quell’albero poteva conoscere per esperienza, poteva assaggiare il bene ed il male, il bene nella via dell’ubbidienza, il male nella via della disubbidienza.
Entrambi gli alberi insieme, quindi, incorporavano l’antitesi. Adamo doveva servire il suo Dio e rigettare il diavolo, da cui il termine comando probatorio. Questo comando metteva Adamo alla prova, il proposito primario della qual cosa era la realizzazione dell’antitesi. Per questa ragione questo comando si trovava al di fuori della vita etica di Adamo. Non vi era niente di peccaminoso in sé nel mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male o di alcun altro albero. Solo la parola di Dio che lo proibiva lo rendeva errato per Adamo. Dunque, Adamo aveva di fronte la chiara chiamata di servire Dio con la reiezione del male, di dare ascolto in modo incondizionato alla parola di Dio con la reiezione della menzogna del diavolo.
Così Adamo, in quanto l’amico di Dio ed il re-servitore, era fornito in modo completo di molti eccellenti doni, affinchè potesse servire il solo padrone, il Signore suo Dio, ed odiare e fuggirne ogni altro.
Da: Reformed Dogmatics, vol. 1 (Grandville, MI: RFPA, rev. 2004), cap. 15, pp. 303-321.
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