Rev. Angus Stewart
Dopo aver considerato il Salmo 5 e 11 di Davide, Salmo 73 di Asaf e Salmo 92, un cantico "per il Sabbath," ritorniamo ad un salmo Davidico, il Salmo 69, specialmente i versi 20-28.
Come il Salmo 22, il Salmo 69 è un canto della croce. Le richieste di
Cristo a Dio (22-28) vengono proprio dopo i versi dove Cristo è stato
accusato dai Suoi nemici (19:20), lasciato senza conforto (20) e
dissetato con aceto sulla croce (21). Questo passaggio insegna la
dottrina biblica e Riformata della redenzione pericolare. Proprio perchè
Gesù prega per la distruzione dei reprobi (22:28) incluso Giuda (25;
Atti 1:20), mentre Egli era sulla croce, Egli non mori per tutti. Mentre
Egli sopporta l’ira di Dio contro i peccati del Suo popolo, Cristo
oppone la nozione che Dio vuole salvare tutti (Salmo 69:23-24, 27-28).
Mentre soffriva agonie infernali al posto della Sua chiesa, Cristo ebbe
perfino tempo per pregare contro gli empi reprobi ed opporre l’errore
della grazia comune (22). Quindi il Salmo 69 insegna la redenzione
particolare di Cristo, l’intercessione particolare e la grazia
particolare solo per gli eletti. E mostra perfino Cristo pregare contro
la grazia comune e la libera offerta mentre è crocifisso (22-28).
Il valore canonico del libro dei Salmi è quello di essere il libro dei canti della chiesa, un libro di adorazione, devozione, lode e preghiera in modo che noi eleviamo i nostri cuori e le nostre voci in melodia a Dio. Il Salmo 5 e 11 insegnano un odio di Dio per alcuni ed oppongono un odio di Dio per tutti. Chi canterebbe questo? Salmo 73 e 92 sono contro la nozione che le buone cose che Dio dona ai reprobi provengono da un amore divino per loro. Molti non vorrebbero adorare l’Altissimo usando queste parole ispirate. Salmo 69 contiene le preghiere di Cristo sulla croce contro la grazia comune e la libera offerta. Tristemente, questa Parola di Dio nel libro ispirato di canti della chiesa offende molti che si professano Cristiani.
Tu adori Dio cantando questi Salmi? Davide lo faceva. Asaf lo faceva. La chiesa nell’Antico Testamento e nel Nuovo Testamento lo faceva. Molte chiese fedeli lo fanno tutt’ora. Tuttavia, molti sminuiscono i Salmi e specialmente quei Salmi che stiamo qui considerando. Questi Salmi ucciderebbero la cosiddetta adorazione di molte chiese professantisi Cristiane. La prima eresia nella moderna, evangelicale, non-ispirata innodia è quella di un universale amore di Dio. La maggior parte dei libri di inni ne sono pieni. John e Charles Wesley scrissero i loro inni per promuovere l’Arminiano amore universale di Dio e per attaccare la predestinazione. L’innario della Free Presbyterian Church of Ulster, una chiesa fondamentalista, è trivellato di idee Arminiane (www.cprf.co.uk/articles/freepresbyterianhymnal.htm) e la maggior parte degli innari usati altrove, anche in Italia, è anche peggio. Quando una chiesa si svia, i Salmi sono prima minimizzati e poi per lo più ignorati; così vengono introdotti gli inni Arminiani, progettati per presentare un dio più "carino" e accogliente e per far sentir bene le persone. Ritorniamo ai Salmi e alla loro umiliante presentazione della gloria di Dio e della Sua sovrana, particolare grazia in Gesù Cristo in contrasto alla grazia comune e alla libera offerta.
Prof. Herman Hanko
Uno dei nostri lettori chiede: "Il libro di Giobbe è una storia vera o
un allegoria?" Nelle ultime
News,
ho difeso la storicità del libro di Giobbe e ho notato l’importante
commentario e l’importantissima applicazione pratica di Giacomo 5:11 per
noi nella nuova dispensazione. Ma dobbiamo avere anche una visione
d’insieme del libro, se dobbiamo apprezzare questa Parola di Dio.
Giobbe soffrì come pochi santi sono chiamati a soffrire. Egli perse
tutto ciò che possedeva, compresi i suoi dieci figli e, in un certo
senso, sua moglie, perché lei non gli offrì mai una sola volta una
parola di conforto ma non fece altro che incrementare la sua tortura. Fu
colpito da pustole a tal punto che la sua atroce sofferenza lasciò senza
parole per una settimana intera perfino i suoi tre amici. Tutto ciò è
presentato nel libro come proveniente dalla mano di Dio. Certo, Satana
lo procurò nel suo odioso disprezzo di Dio e di Giobbe, ma il diavolo
non poteva fare nulla se non ciò che l’Altissimo gli consentì di fare.
Lo stesso Giobbe riconobbe che tutto veniva da Dio.
I tre amici di Giobbe lo tormentavano con i loro discorsi lunghi, talvolta sarcastici e sempre crudeli perchè essi accusavano erroneamente Giobbe di essere afflitto così terribilmente perché aveva peccato gravemente—cosa che lo stesso libro mostra chiaramente essere falsa (Giobbe 1:1, 8). Il loro peccato fu così grande che Giobbe dovette fare degli speciali sacrifici per loro altrimenti sarebbero andati all’inferno per quello che avevano detto (42:7-9).
Nelle sue reazioni nell’agonia della sua sofferenza, Giobbe stesso non disse sempre ciò che è giusto. A volte egli peccò, per esempio quando maledì il giorno della sua nascita (3:1-26). Ma un punto Giobbe continuò a sottolineare lungo tutta la sua sofferenza: Egli non sapeva perchè Dio gli mandò tali grandi afflizioni, ma sapeva che venivano da Dio. Come evidenziò Lutero, dei sacrifici dovettero essere fatti per i tre amici di Giobbe, ma nessun sacrificio dovette essere fatto per le parole sbagliate di Giobbe, perchè Giobbe credeva nella sovranità di Dio in modo assoluto.
Con pazienza, Giobbe fece alcune confessioni notevoli. All’inizio della sua prova "Giobbe si alzò, si stracciò il suo mantello e si rase il capo; poi cadde a terra e adorò, e disse: «Nudo sono uscito dal grembo di mia madre e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato e il Signore ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore». In tutto questo Giobbe non peccò e non accusò DIO di alcuna ingiustizia" (Giobbe 1:20-22).
Perfino quando volle convocare Dio al banco dei testimoni aggiunse ancora, "Ma egli conosce la strada che io prendo; se mi provasse, ne uscirei come l'oro." (23:10). In una sofferenza come quella che sopportò, la sua pazienza brillò attraverso una volenterosa sottomissione alla via di Dio: "Ecco, uccidami egli pure; sì spererò in lui" (13:15).
Infine, c’è l’energica e profondamente commovente confessione di speranza di Giobbe nel suo Salvatore. Dopo aver tristemente elencato tutte le sofferenze che fu chiamato a sopportare da parte di quelli che sostenevano di essere suoi familiari e amici (19:1-29) e dopo che, con intensità quasi insopportabile, ebbe implorato che gli fosse mostrata pietà (19:21-22), egli confessò la sua speranza con tale certezza che voleva le sue parole preservate per sempre nella pietra (come infatti lo furono in una maniera anche più permanente quando Dio ispirò infallibilmente questo meraviglioso libro): "Ma io so che il mio Redentore vive e che alla fine si leverà sulla terra. Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, nella mia carne vedrò Dio. Lo vedrò io stesso; i miei occhi lo contempleranno, e non un altro. Il mio cuore si strugge dentro di me" (19:25-27).
Si racconta la storia di una prova in Inghilterra per un’interpretazione
La risposta di Dio a Giobbe è affascinante e potente—e spiega in modo approfondito cosa realmente è la pazienza nella vita del credente. Il riassunto delle parole di Dio a Giobbe è, se posso dirla schiettamente: "Giobbe, ma chi ti credi di essere? Davvero credi di poter convocare il sovrano Creatore e Sostenitore del cielo e della terra al banco dei testimoni che tu hai allestito? Io sono sotto nessuna obbligazione di spiegarti cosa faccio. Tu sei meno di un granello di polvere e Io sono l’Iddio infinito. Non ho bisogno di darti conto delle mie azioni. E’ sbagliato da parte tua, terribilmente sbagliato, domandare che io lo faccia."
Quale fu la reazione di Giobbe? "Riconosco che puoi tutto, e che nessun
tuo disegno può essere impedito. Chi è colui che offusca il tuo
consiglio senza intendimento? Per questo ho detto cose che non
comprendevo, cose troppo alte per me che non conoscevo. Deh, ascolta, e
io parlerò; io ti interrogherò e tu mi risponderai. Il mio orecchio
aveva sentito parlare di te, ma ora il mio occhio ti vede. Perciò provo
disgusto nei miei confronti e mi pento sulla polvere e sulla cenere"
(42:2-6).
La grande verità del libro di Giobbe è che Dio fa quello che vuole nelle
vite del Suo popolo, anche portandogli grande sofferenza. Ma Egli ha
pietà di noi nella nostra sofferenza e ci fa soffrire così perchè questo
è il solo modo affinchè possiamo essere salvati. Impariamo da Giobbe che
"il fine [cioè, il proposito] del Signore" è quello di mostrarci la Sua
grande misericordia che ci salva dalla nostra miseria (Giacomo 5:11),
specialmente la miseria del nostro peccato, e portarci a Lui nell’eterna
relazione pattale attraverso Cristo, il Quale difenderà la nostra causa
davanti agli empi nella resurrezione generale. Tutto ciò che ho scritto
su questo meraviglioso libro di Giobbe è vero perchè la narrativa di
Giobbe documenta storia vera.