Melchisedek è una figura misteriosa dell’Antico Testamento. Egli spunta fuori nella vita di Abrahamo per poi non apparire più fino alla composizione di un Salmo circa 1000 anni dopo. Mosè gli dedica tre versi (Genesi 14:18-20) e Davide solo uno (Salmo 110:4), per un totale di quattro versi e due passaggi dei 39 libri dell’Antico Testamento.
Nel Nuovo Testamento, Melchisedek è menzionato spesso nell’epistola agli Ebrei. Ci sono tre riferimento in Ebrei 5-6 (5:6, 10-11; 6:9). Ebrei 7 spiega il significato di Melchisedek in Genesi 14 e Salmo 110, dandoci così forse la più ampia spiegazione di due passi veterotestamentario che si possono trovare nel Nuovo Testamento. Alcuni ritengono Ebrei 7, capitolo dedicato al sacerdozio di Cristo secondo l’ordine di Melchisedek, il cuore dell’epistola. Possiamo confrontare Ebrei 7 con altri capitoli di questa epistola ispirata. Se Ebrei 5 tratta della natura del sacerdozio di Cristo ed Ebrei 9 spiega l’uso del suo sacerdozio, allora Ebrei 7 esalta l’eccellenza di questo sacerdozio. Cristo non è un semplice sacerdote: Egli è sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedek.
Ebrei 7 tocca temi attuali sia per i cristiani gentili che per i cristiani giudei. Prima di tutto, il cattolicesimo romano usa il pane e il vino che Melchisedek portà ad Abrahamo in Genesi 14:18 come prova per la messa, l’opera principale del sacerdozio cattolico. Secondo, il cristianesimo ricostruzionista tenta di reintrodurre la legge civile veterotestamentaria nelle nazioni di oggi. Terzo. Il premillenialismo insegna il ritorno dei sacerdoti di Aronne e dei sacrifici di sangue durante un regno futuro di Cristo sulla terra di 1000 anni letterali. Nessuna di queste idee trova sostegno in Ebrei 7 sul sacerdozio di Cristo secondo l’ordine di Melchisedek.
Ebrei 7 aiuta il credente a comprendere l’Antico Testamento, il più vasto dei due testamenti che compongono la parola di Dio scritta per noi. È un capitolo che ci rivela inoltre la gloria del sacerdozio di Cristo: un sacerdozio unico, intrasferibile ed eterno, un sacerdozio secondo l’ordine di Melchisedek. Comprendere e credere nel glorioso sacerdozio di Cristo secondo l’ordine di Melchisedek serve per l’edificazione e il conforto del figlio di Dio. “La legge infatti non ha portato nulla a compimento, è l'introduzione di una migliore speranza, mediante la quale ci accostiamo a Dio” (Ebrei 7:19).
Il giudaismo miscredente del I secolo aveva uno sciame di obiezioni contro Gesù Cristo, come si può vedere spesso anche nei quattro Vangeli. I giudei criticavano erroneamente il Signore perché frequentava i peccatori, violava il Sabbath, bestemmiava pretendendo di essere il Figlio di Dio, ecc. In tutti e quattro i Vangeli leggiamo delle battaglie di Cristo con i farisei, i sadducei e gli scribi che cercavano di coglierlo in fallo.
Gli attacchi contro Cristo e il suo regno continuarono anche dopo la sua ascensione al cielo. Basta leggere della persecuzione della chiesa negli Atti. Anche le epistole neotestamentarie parlano di questi combattimenti. Tra i 27 libri del Nuovo Testamento, Ebrei affronta in particolare le obiezioni bibliche e teologiche che giudei increduli avevano contro la fede cristiana.
Il contest di Ebrei 7 prevede l’attacco giudaico specialmente all’officio sacerdotale di Cristo: “Voi cristiani dite che Gesù morì sulla croce come sacrificio per i peccati e che il perdono viene solo dal suo sangue versato, ma io non leggo nella legge e nei profeti che il Messia sarebbe stato un sacerdote. Trovatemi un passo in Mosè o nei profeti che descriva come un profeta il liberatore che deve venire!”
I guide sostenevano che i loro sacrifici erano offerti da sacerdoti che discendevano dalla casa di Aronne e dalla tribù di Levi. Ciò era in accordo alla Parola di Dio, da Esodo a Deuteronomio e lungo tutta la Scrittura. Il sacerdozio era antico e venerato e Dio lo preservò per 1500 anni fino alla venuta di Cristo. I giudei si vantavano del loro tempio glorioso nel quale dimorava Dio, un edificio imponente fatto di massi enormi, un cortile gigantesco e un altare divinamente istituito. I sacerdoti e i sommi sacerdoti erano vestiti con bellissime vesti ed essi presidevano a feste e cerimonie religiose meravigliose. Si può facilmente immaginare la chiamata rivolta ai giudei credenti da parte dei loro consanguinei: “Ritornate sugli antichi sentieri, le antiche vie di Dio, rilevare ai nostri padri! Lasciate questa nuova setta di Gesù dall’adorazione vuota e sterile!” Molti apostatarono e altri ne furono tentati, inclusi i destinatari iniziali dell’epistola agli ebrei.
I guide avevano un’altra obiezione basata sulla parola di Dio ad Aronne in Numeri 18:7: “Ma tu e i tuoi figli con te eserciterete il vostro sacerdozio in tutto ciò che riguarda l'altare e che è di là dal velo; e presterete il vostro servizio. Io vi do il vostro sacerdozio come un dono per servizio, ma l'estraneo che si avvicinerà sarà messo a morte”. “Voi cristiani non sostenete forse che Gesù discenda da Davide, entrando così nella stirpe di Giuda? (cf. Ebrei 7:14)? Ma secondo la legge di Dio un uomo della tribù di Giuda non può essere un sacerdote e chi dovesse tentare di esserlo «sarà messo a morte» (Numeri 18:7)!”
Come rispondereste? Ricordate che 2 Pietro 3:15 afferma che dobbiamo “”pronti a rispondere” per la nostra speranza, incluso a giudei increduli. Nella storia cristiana, cristiani e giudei hanno discussi questo argomento sin dal Dialogo con Trifone di Giustino Martire del II secolo e lungi i due millenni successivi. È un’opera difficile perché “quando si legge Mosè un velo rimane sul loro cuore” (2 Corinzi 3:15). Tuttavia, per sua grazia l’Iddio Trino ha convertito dei giudei nell’epoca neotestamentaria, come per esempio Alfred Edersheim. Geova li conduce a confidare nel sacrificio di Gesù Cristo, il nostro “sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedek” (Salmo 110:4)! Rev. Stewart
“Finché giungiamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, a un uomo perfetto, alla misura della statura della pienezza di Cristo” (Efesini 4:13).
Un lettore chiede: “Nel Catechismo di Heidelberg ci viene insegnato che noi credenti abbiamo «un minimo inizio» della nuova ubbidienza. Se ciò è vero per tutta la durata della nostra vita, perché Paolo parla di raggiungere la «misura della statura della pienezza di Cristo» in Efesini 4:13?”
Prima di rispondere a questa domanda, chiedo ai lettori di partecipare, se è possibile, alla British Reformed Fellowship Conference che si terrà quest’estate in Scozia, dal 26 luglio al 2 agosto. Tale conferenza sarà dedicata al tema della santificazione e saranno poste molte domande simili.
Ecco cosa dice la citazione tratta dal Catechismo di Heidelberg:
D. 113 Cosa vuole il decimo comandamento?
R. Che nemmeno la minima inclinazione o pensiero contro qualsiasi comandamento di Dio trovi mai più luogo nostro cuore; ma che continuamente e di tutto cuore siamo ostili ad ogni peccato, e prendiamo piacere in ogni giustizia.
D. 114 E coloro che sono convertiti a Dio possono osservare tali comandamenti perfettamente?
R. No; ma perfino i più santi, fintanto che sono in questa vita, non hanno che un minimo inizio di questa ubbidienza; in modo tale, però, da cominciare a vivere con serio proponimento non solo in conformità ad alcuni, ma a tutti i comandamenti di Dio.
È interessante notare che, sebbene qui il Catechismo stia parlando del decimo comandamento “Non concupirai”, la risposta che da non dice nulla riguardo la cupidigia in sé ma si concentra piuttosto sull’incompletezza della santificazione in questa vita.
C’è tuttavia una buona ragione. Il decimo comandamento è l’unico tra tutti i dieci che parla specificamente delle richieste interiori della legge. Ad una prima lettura, gli altri comandamenti si riferiscono alla conformità esteriore alla volontà di Geova. Il decimo comandamento ci dice che la conformità esteriore alla legge di dio non è sufficiente, dobbiamo infatti essere senza peccato nei nostri cuori, nelle nostre menti e nelle nostre anime. Questa è una verità estremamente importante, dimenticata e ignorata da coloro che parlano con semplicioneria di una vita interamente santificata e che sono soddisfatti con la mere osservanza esteriore della legge, mentre Gesù ci dice che amare significa osservare l’intera legge.
Il punto è che in questa vita non possiamo ottenere la perfezione che avremo in paradiso nella vita a venire. In Efesini 4:13 Paolo sta parlando della perfezione finale. Solo in cielo possederemo la piena unità della fede, la conoscenza del Figlio di Dio, l’uomo perfetto e la misura della statura della pienezza di Cristo.
Abbiamo solo un piccolo inizio della nuova obbedienza. Altrove, parlando della nostra giustificazione, il Catechismo ci spiega il motivo per cui le nostre buone opere non possono essere il fondamento della nostra giustificazione: “le nostre migliori opere in questa vita sono tutte imperfette e contaminate col peccato” (R. 62). L’uomo orgoglioso con la sua enorme arroganza si vanta delle sue buone opere come se fossero la base della sua giustificazione, come fa la chiesa cattolica romana e coloro che insegnano la Federal Vision.
I nostri cuori sono rigenerati. In questa rigenerazione siamo nati di nuovo. L’uomo nuovo è creato per opera dello Spirito di Cristo. Per aiutarci a comprendere quanto detto potremmo considerare il cuore dell’uomo come l’intera natura dell’uomo (corpo e anima) in microcosmo, come per esempio la quercia è contenuta interamente in una ghianda. La nostra natura, i nostri corpi e le nostre anime incluse (così come le menti e le volontà), rimangono totalmente depravati. Tuttavia, i nostri cuori rigenerati esercitano una grande e potente influenza su tutta la nostra natura tramite l’opera dello Spirito Santo. Conosciamo Dio con le nostre menti anche se pecchiamo, desideriamo servire il Signore in accordo alla Sua santa legge anche se desideriamo peccare, preghiamo, cantiamo i Salmi, confessiamo il nome di Cristo, ci sottomettiamo alla volontà di Dio ecc, anche se in maniera imperfetta.
Questo è combattimento tra la carne e lo Spirito (Galati 5:17), quel combattimento che Paolo descrive molto eloquentemente in Romani 7:13-25.
Eppure, dobbiamo ricordarci che:
Siamo giustificati, il che significa che siamo interamente senza peccato nella mente e nel cuore di Dio sulla base dell’opera perfetta di Cristo
Sebbene il combattimento interiore sia lungo e aspro, siamo sempre vittoriosi sul peccato quanto confessiamo i nostri peccati, trovando perdono e camminando in vita nuova e santa.
Onoriamo la legge di Dio. La onoriamo così bene tanto da poter richiedere a Dio di esaminarci, sapendo che Egli troverà giustizia. Leggete Salmo 130:32, sebbene allo stesso tempo proferiamo anche la preghiera del verso 24. Oppure il Salmo 26. Infatti, questo tema è uno dei principali nei Salmi. Il salmista presenta ripetutamente la sua giustizia come un motivo di benedizione da parte di Dio. Non si sta vantando come il fariseo, egli è consapevole della giustizia di Cristo imputatagli, ma egli confessa anche come abbia camminato e come cammini secondo la volontà di Dio per la potenza salvifica dello Spirito santo.
Ogni momento che passa ci avviciniamo sempre di più alla completa santificazione che sarà nostra quando giungeremo alla gloria. La nostra santificazione è come la produzione di un quadro, raggiunge gradualmente la sua completezza e perfezione ad ogni pennellata. L’artista potrebbe anche usare dei colori e dei pennelli di basso livello, oppure lavorare su una tela sporca. Tuttavia, grazie alla sua grandiosa abilità egli supera ogni ostacolo fino a chi il dipinto è così bello da essere appeso al Louvre.
L’Iddio Trino è quell’artista talentuoso che porterà a compimento quella buona opera che ha iniziato in noi, come ci dice la Scrittura. Prof. Hanko
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