Nell’ultimo numero delle News, abbiamo visto una parte della spiegazione di Pergamo in quanto città nella quale Satana abitava e aveva il suo trono (Apocalisse 2:13), affermazioni che si riferiscono alla predominanza dell’adorazione di Asclepio, dio al quale era associato il serpente. Un secondo fattore esplicativo è il fatto che Pergamo era un centro dell’adorazione di Cesare. Questa città aveva tre tempi dedicati all’imperatore romano, incluso un grande tempio dedicato a Cesare Augusto, costruito nel 29 o 27 A.C. Pergamo era la prima città asiatica (mi riferisco all’odierno territorio turco) ad aver costruito un edificio di questo genere. Pergamo concedeva onori divini ad Augusto anche prima che il senato romano stabilisse tale culto.
Esaminiamo insieme le due caratteristiche principali dell’idolatria di Pergamo. L’adorazione di Asclepio è l’adorazione del diavolo e l’adorazione di Cesare è l’adorazione di un uomo, un uomo che domina un impero mondiale. In breve, si tratta dell’adorazione dell’anticristo, come in Apocalisse 13:4: “E adorarono il dragone [cioè, Satana] che aveva dato l'autorità alla bestia e adorarono la bestia dicendo: «Chi è simile alla bestia, e chi può combattere con lei [cioè, l’uomo del peccato]?»”
Pergamo era un posto dove il diavolo dimorava e regnava in maniera particolare perché era presente un adorazione pagana piuttosto ostentata (quella di Asclepio in particolare) e il governatore anticristiano (Cesare) veniva adorato in maniera particolare. Per dirla in altri termini, Pergamo era l’abitazione e il trono di Satana perché il regno anticristiano della bestia era specialmente sviluppato e la maggior parte delle caratteristiche del capolavoro del diavolo, cioè la bestia, erano più evidenti a Pergamo che in altre zone dell’Asia.
Il trono di Satana a Pergamo, stabilito e manifestato nell’adorazione di Asclepio e Cesare (preannunciando così il regno finale della bestia), era diffuso tramite due mezzi principali. Il primo di questi era l’educazione. A Pergamo c’era una grande libreria composta da più di 2000 opere ed era superata in magnificenza solo da quella di Alessandria. Pergamo era anche famosa per le sue pergamene, tanto che in inglese c’è una parola (partchment) derivata dal nome di questa città. Inoltre, la città vantava un’università.
È chiaro che Satana scelse bene il luogo dove troneggiare! A Pergamo, letteratura ed educazione venivano usate per promuovere il suo regno. Anche oggi, università, insegnanti, libri, giornalismo e quant’altro propagano idee anticristiane che condurranno a un governo umanistico mondiale che si adopererà alla persecuzione dei credenti.
Dal suo trono a Pergamo, il diavolo usava non solo l’educazione ma anche lo stato. Pergamo era la capitale romana d’Asia. Il proconsole romano aveva il suo seggio a Efeso presso la quale si recava di tanto in tanto, ma casa sua si trovava a Pergamo. Lo stato romano sosteneva l’adorazione di Asclepio e promoveva l’adorazione di Cesare, marginalizzando e punendo coloro che si rifiutavano di rendere onore al divino Cesare. Il diavolo perverte l’istituzione divina dello stato proprio come fa con il dono di Dio dell’educazione. In questo modo ci troviamo con leggi empie che opprimono il popolo del Signore, specialmente nei paesi islamici, comunisti e nell’occidente umanista.
Quali città dell’Antico Testamento potrebbero essere quelle dove Satana aveva il suo trono? Tra tutte spicca Babele (Genesi 11:1-9). In questa città c’erano uomini che si ribellarono contro l’Altissimo, che cercavano fama personale e che tentavano di raggiungere il cielo con i loro sforzi. Si potrebbe anche pensare a Bethel con il suo vitello d’oro eretto dal re Geroboamo. Quando Samaria divenne la capitale del regno del nord, essa si trovava ricolma di idoli pagani. Negli ultimi giorni del regno del sud, questo era cosparso di idolatria e di malvagità tanto che i profeti venivano perseguitati. Si potrebbe ben dire che il diavolo abbia dominato su Gerusalemme stessa!
Vi è uno straordinario testo neotestamentario a tal riguardo. Apocalisse 11:8 parla dei due testimoni che rappresentano la chiesa in quanto testimone della verità di Dio: “E i loro cadaveri giaceranno sulla piazza della grande città, che spiritualmente si chiama Sodoma ed Egitto, dove anche il nostro Signore è stato crocifisso”. La “grande città” è la città che sarà al cuore del regno finale dell’anticristo. Lungo tutto il libro dell’Apocalisse, essa è chiamata “Babilonia”, il centro dell’idolatria e della malvagità del mondo. Babilonia è come un miscuglio dei peccati proveniente dalle varie parti del mondo.
Innanzitutto però, il testo parla della “grande città, che spiritualmente si chiama Sodoma”. Sodoma è tristemente nota per la sua omosessualità maschile: la sodomia. La sua ribellione sessuale era così alta tanto da essere la norma nella città. Addirittura, giovani e vecchi si unirono insieme per perpetrare uno stupro di gruppo contro due visitatori (Genesi 19:1-11). Secondo, Babilonia è partecipe dei peccati della nazione detta “Egitto”, cioè quel paese che oppresse e schiavizzò il popolo di Dio, rifiutando di lasciarlo andare per permettergli di adorare Geova. Terzo, “grande città, che spiritualmente si chiama [Gerusalemme] dove anche il nostro Signore è stato crocifisso”. Gerusalemme rappresenta la falsa chiesa che si è dipartita da Geova, riempiendo la coppa d’iniquità con l’uccisione di Gesù Cristo stesso. Eppure, con tutto ciò essa giocò un ruolo necessario con la croce, dove il nostro Signore morì per garantirci il perdono dei peccati le la giustizia eterna.
C’è da fare una domanda alla luce del nostro testo e degli esempi veterotestamentari menzionati in Apocalisse 11:8: quali città si contendono il trono di Satano oggi? C’è San Francisco, famigerata per la sua omosessualità. Il Vaticano è il centro mondiale del cattolicesimo romano. Pyongyang, la capitale della Nord Corea, è invasa da comunismo, atesimo e culto idolatra del leader politico, tutti fattori che favoriscono una grande persecuzione dei cristiani. La Mecca è il centro dell’Islam, famosa per la sua negazione dell’Iddio trino, della divinità del Signore Gesù Cristo, città nemica dell’espiazione di Cristo e della salvezza per sola grazia. Per quanto riguarda i centri dell’umanesimo, ci sono varie città che potrebbero essere menzionate, ma il punto è che tutte loro presentano l’uomo come se questi fosse il metro di giudizio finale. Rev. Stewart
Osea 1:6 dice: “non avrò più compassione della casa d'Israele, ma li porterò via interamente”. In connessione a questo verso, un lettore chiede: “Come conciliare questo verso con la fedeltà di Dio alle sue promesse pattali? Dio ha forse rotto il Suo patto con le dieci tribù?”
Ho già risposto parzialmente a questa domanda nello scorso numero delle News. Infatti, se l’antico patto è scomparso e un patto totalmente nuovo è venuto a prenderne il posto, allora è vero che Geova ha rotto il vecchio patto con le dieci tribù. Tuttavia, ho spiegato che, quando il vecchio patto passò via, questo significa che solo la forma della sua amministrazione è passata via, mentre l’essenza del patto rimane. Siccome l’essenza del patto rimane mentre la forma della sua amministrazione cambia, ciò significa che Dio non ha rotto il Suo patto. Ho usato un esempio tratto dalla Scrittura stessa la quale parla dell’uomo vecchio e dell’uomo nuovo. La stessa persona è sia un uomo vecchio che nuovo, anche nello stesso momento, sebbene il vecchio uomo verrà distrutto nella tomba e il nuovo uomo vivrà per sempre con Dio. L’uomo vecchio appartiene all’antico patto, l’uomo nuovo è portato nel nuovo patto.
Può anche essere usata la figura di una coppia di saggi genitori che insegnano ai loro bambini le verità della Bibbia tramite i libri storici dell’Antico Testamento e con libri illustrati. Tuttavia, quando questi bambini sono cresciuti e hanno la possibilità di leggere e di comprendere le verità delle Scritture, i genitori levano di mezzo i libri illustrati e indicano ai loro figli ormai cresciuti di leggere libri di dottrina Riformata. Sebbene in questa transizione la forma d’insegnamento è radicalmente cambiata, l’essenza di tale insegnamento rimane lo stesso. Uno potrebbe chiamare questa modifica un mettere da parte il vecchio metodo per un cambiamento verso un nuovo metodo d’insegnamento.
Osea 1 rende il tutto più chiaro. La figlia di Osea che questi ebbe da Gomer doveva essere chiamata “Lo-ruhamah”, un nome che significa “nessuna compassione”, perché Dio dichiara: “non avrò più compassione della casa d'Israele, ma li porterò via interamente” (v. 6). È anche vero che a Osea e Gomer venne detto di nominare il loro prossimo figlio “Lo-ammi”, che significa “non il mio popolo”, perché Geova dice “voi non siete mio popolo e io non sono vostro Dio” (v. 9). Ma nel verso immediatamente successivo, Dio spiega: “Tuttavia il numero dei figli d'Israele sarà come la sabbia del mare, che non si può misurare né contare. E avverrà che invece di essere detto loro: ‘Voi non siete mio popolo’, sarà loro detto: ‘Siete figli del Dio vivente’” (v. 10).
Come può Dio dire due cose apparentemente contraddittorie quasi nello stesso momento: “voi non siete mio popolo” (v. 9) e “siete figli del Dio vivente” (v. 10)? Il fatto è che la prima affermazione appartiene al vecchio patto, mentre la seconda affermazione è la promessa del nuovo patto. Il vecchio patto è un tipo, una figura, e questo perché Israele era un tipo e una figura della chiesa. Il nuovo patto è stabilito con la chiesa che è raccolta da ogni nazione, tribù e lingua. Il vecchio patto figurativo era praticamente lo stesso del nuovo patto, ma la forma della sua amministrazione è cambiata. Nell’antico patto, il patto era amministrato sotto la legge. Paolo ne parla chiaramente in Galati 3. Dio non aveva mai inteso salvare con la legge. Non era intesa per salvare nella vecchia dispensazione, né lo sarà in un millennio futuro, come sostengono i pre-millenialisti.
Vale la pena parlare maggiormente di questo grave errore dei premillenialisti. La promessa di Dio è esplicitamente espressa in Osea 1:10. Il contenuto della promessa di un nuovo patto non sono adempiute in un regno millenario dei Giudei in Palestina. Grazie a Dio, la Scrittura stessa ci offre il significato di Osea 1:10, spiegandoci inoltre in che modo questa profezia è adempiuta. Tale spiegazione si trova in Romani 9, dove Paolo identifica “vasi di misericordia, che lui ha già preparato per la gloria” (v. 23). “Cioè noi che egli ha chiamato, non solo fra i Giudei ma anche fra i gentili? Come ancora egli dice in Osea: «Io chiamerò il mio popolo quello che non è mio popolo, e amata quella che non è amata. E avverrà che là dove fu loro detto: ‘Voi non siete mio popolo’, saranno chiamati figli del Dio vivente»” (vv. 24-26). I Gentili non erano il popolo di Dio nella vecchia dispensazione, ma ora l’Altissimo dice che essi lo sono.
L’apparente contraddizione di Osea 1:9-10 deve essere spiegata alla luce del vecchio e nuovo patto di cui Dio parla in Geremia (31:32-34) e che è citato in Ebrei 8:8-12.
È sorprendente e importante il linguaggio pattale che viene usato. In Osea 1:10, il Signore promette che “sarà loro detto: ‘Siete figli del Dio vivente’”. Questo è il linguaggio di molti passi della Scrittura dove viene definito il popolo del patto di Dio. Uno di questi passi e 2 Corinzi 6:17-18: “Perciò «uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il Signore, e non toccate nulla d'immondo, ed io vi accoglierò, e sarò come un padre per voi, e voi sarete per me come figli e figlie, dice il Signore Onnipotente»”. Ed è pattale anche il linguaggio usato in Ebrei 8:10, un passo che si riferisce sia all’Israele figurativo e la chiesa della nuova dispensazione: “Questo dunque sarà il patto che farò con la casa d'Israele dopo quei giorni, dice il Signore, io porrò le mie leggi nella loro mente e le scriverò nei loro cuori; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo”.
Questo linguaggio non cid eve sorprendere in quanto lo stabilimento del nuovo patto con Abrahamo è ciò che definisce il patto: “E stabilirò il mio patto fra me e te, e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione; sarà un patto eterno, impegnandomi ad essere il DIO tuo e della tua discendenza dopo di te”. In caso dovesse esserci qualche malinteso sull’oggetto di questa promessa, Geova chiarisce che si sta riferendo al “nuovo” patto, l’adempimento del vecchio, che include i gentili. “Quanto a me, ecco io faccio con te un patto: tu diventerai padre di una moltitudine di nazioni. E non sarai più chiamato Abramo, ma il tuo nome sarà Abrahamo, poiché io ti faccio padre di una moltitudine di nazioni” (vv. 4-5). Ecco perché Paolo poteva dire quanto segue: “Voi tutti siete figli di Dio per mezzo della fede in Cristo Gesù. Poiché voi tutti che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è né Giudeo né Greco, non c'è né schiavo né libero, non c'è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesù. Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d'Abrahamo ed eredi secondo la promessa” (Galati 3:26-29). Prof. Hanko
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