Covenant Protestant Reformed Church
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(Marzo 2009 • Volume XII, n.11)


La Caparra dello Spirito (2)

Rev. Angus Stewart

La volta scorsa abbiamo visto che, in quanto "caparra," lo Spirito Che dimora in noi è una garanzia, parte e assaggio della nostra eterna eredità (Efesini 1:14). Siccome lo Spirito è lo Spirito di Gesù Cristo e Cristo è la rivelazione del Dio Triuno, la nostra eredità è irradiata dalla gloria del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Allora il solo vero Dio sarà tutto in tutti, e tutti gli idolatri saranno banditi per sempre nel lago di fuoco (Apocalisse 21:8; Isaia 66:24).

La Bibbia spesso connette ciò che abbiamo ora nello Spirito di Cristo con la gloria finale. Noi siamo nuove creature per la potenza dello Spirito (II Corinzi 5:17); la nuova creazione dei nuovi cieli e nuova terra sta giungendo. Noi siamo rigenerati, nel futuro anche il mondo stesso sarà rigenerato (Matteo 19:28). Noi abbiamo le "primizie dello Spirito" (Romani 8:23); la piena mietitura è a venire.

Questa caparra (o pagamento anticipato o deposito) dello Spirito è in noi (quale una garanzia e pagamento parziale) "fino alla redenzione dell’acquistata possessione," il nostro vero e proprio ricevere la piena "eredità" (Efesini 1:14).

L’"acquistata possessione" (14) è una parola greca che fa riferimento a tutti i credenti in ogni epoca e nazione, in quanto coloro acquistati dal Signore, in quanto Suo popolo, in corpo ed anima, sia Giudei (12) che Gentili (13).

"La redenzione dell’acquistata possessione" (14) può essere spiegata meglio come segue. Primo, Cristo ha pagato il prezzo della nostra redenzione mediante le Sue sofferenze espiatrici sulla croce per noi (7a). Secondo, questa redenzione è applicata a noi nel tempo nel "perdono dei peccati," la principale e centrale benedizione della salvezza (7b). Questo è il primo "acconto," che fa riferimento a noi specialmente per quanto riguarda le nostre anime. Terzo, nel futuro, saremo risuscitati dai morti allo splendore della nuova creazione (14). Questo è il secondo "acconto," che fa riferimento specialmente a noi per quanto riguarda i nostri corpi.

La Bibbia parla altrove di "redenzione" non soltanto come (1) il suo pagamento sulla croce e (2) il suo risultare nel perdono dei peccati, ma anche (3) la futura risurrezione fisica dei giusti. In seguito, in Efesini, Paolo avverte contro il contristare lo Spirito Santo "col quale siete sigillati per il giorno della redenzione" (Efesini 4:30). Altrove egli afferma che noi che "abbiamo le primizie dello Spirito … gemiamo in noi stessi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo" (Romani 8:23). Il Signore Gesù ci esorta, mentre vediamo i segni della Sua venuta; "guardate in alto e sollevate i vostri capi, perché la vostra redenzione si avvicina" (Luca 21:28).

Tutti i Giudei (Efesini 1:12) e Gentili (13) che credono in Cristo sono "sigillati" con lo Spirito (13) ed hanno lo Spirito come una "caparra" della nostra futura eredità (14), in cui noi tutti entriamo allo stesso momento, attraverso la risurrezione del corpo, qui chiamato "la redenzione dell’acquistata possessione" (14; Romani 8:23). Non vi è qui alcun suggerimento o spazio per varie risurrezioni, che sia di Giudeo o Gentile o di pii o empi, separati da 7 o 1000 o 1007 anni, come varie branchie del premillenialismo insegnano. La Scrittura dichiara "vi sarà una risurrezione [singolare] dei morti, sia dei giusti che degli ingiusti" (Atti 24:15). Allora, nella "pienezza dei tempi," tutte le cose in cielo e sulla terra, inclusi i credenti Giudei e Gentili di ogni epoca, saranno radunati insieme in uno in Cristo (Efesini 1:10).

Dovrebbe anche essere notato che questo sigillo e caparra dello Spirito "fino alla" risurrezione corporale (14) alla fine di quest’epoca prova la perseveranza dei santi e la grazia irresistibile. Perché se il credente potesse cader via e se la grazia fosse resistibile, l’apostolo non potrebbe dire che tutti coloro che credono "furono sigillati con quello Spirito santo della promessa … fino al giorno dell’acquistata possessione, alla lode della sua gloria" (13-14).

Quanto significa tutto questo per te, figlio di Dio? Vivi nella coscienza che lo Spirito Santo è in te in quanto la caparra della gloria futura? In quanto una garanzia, una parte del pagamento ed un assaggio dell’eterna beatitudine? Notano altre persone che tu vivi in questo modo? Ricorda anche che questo privilegio di sperare per la gloriosa eredità è una chiamata che appartiene a tutti i santi, tanto giovani quanto vecchi!

Le tue priorità nella vita riflettono che tu hai la certezza e la gioia dello Spirito? Si mostra ciò in ciò che tu fai del tuo tempo? Per esempio trovare il tempo per leggere la Parola di Dio e pregare, partecipare agli studi biblici ed avere comunione con altri santi per quanto ti è possibile?

Quanto significa per te questa speranza celeste? Significa abbastanza da cominciare a rimettere a posto la tua vita dove è necessario? Abbastanza da smettere di camminare in peccati attraenti? Abbastanza da cominciare ad attendere maggiormente il ritorno del Signore? Abbastanza da adorare Dio per la Sua grande misericordia?

Questo è davvero il proposito del Dio Triuno nel salvarci. Tre volte questo obiettivo è affermato in Efesini 1: "alla lode della gloria della sua grazia" (6), "affinchè fossimo alla lode della sua gloria" (12) e "alla lode della sua gloria" (14). Ora noi siamo chiamati a dichiarare la Sua grandezza; per sempre noi faremo ciò in modo perfetto. Questo è ciò che per noi significa vivere come membri della chiesa, il corpo di Gesù Cristo: lodare la gloriosa grazia di Dio! Questa è l’opera dello Spirito in noi, il Quale ci rende adoratori del Padre nostro che è nei cieli.


 La Perseveranza dei Santi

Prof. Herman Hanko

Domanda: "Una volta salvati, sempre salvati; o può uno perdere la propria salvezza come implicate dal Rev. _________ nel suo The Road to Hell [La Strada per l’Inferno]?"

La dottrina della perseveranza dei santi è uno dei Cinque Punti del Calvinismo, sviluppato e difeso dalla Parola di Dio nei Canoni di Dordt. Al Sinodo di Dordrecht (1618-1619), teologi dall’Olanda e da quasi tutte le chiese Riformate d’Europa formularono i Canoni come la risposta scritturale e confessionale alle eresie degli Arminiani.

A mio giudizio, il quinto capitolo dei Canoni è la migliore affermazione confessionale mai scritta sulla verità della perseveranza dei santi. Non soltanto è completamente biblica, ma inoltre confuta chiaramente gli Arminiani, che insegnarono il cader via dei veri santi. Non soltanto dimostra quanto importante sia questa dottrina per l’intero corpo della verità scritturale, ma approccia il soggetto anche da una prospettiva profondamente pastorale, cioè, mostra in che modo essa è del più grande conforto per il figlio di Dio. Il trattamento dei Canoni della perseveranza dei santi pone la dottrina all’interno del contesto dell’esperienza Cristiana: i nostri grandi peccati, le nostre "tristi cadute" nei più gravi peccati e le nostre personali battaglie con Satana e le sue tentazioni che riempiono le nostre anime di dubbio a riguardo della nostra salvezza. Ho spesso usato questi meravigliosi articoli nel capitolo cinque dei Canoni nella mia opera pastorale, ed essi si sono dimostrati ripetutamente una benedizione per i santi di Dio in difficoltà.

Conoscevo una giovane donna molti anni fa che veniva da chiese Arminiane, batiste, premillenialiste. Era seria nella sua religione, ed era andata avanti, in alcuni incontri di risveglio, cinque volte per accettare Gesù Cristo come il suo personale Salvatore ed era stata battezzata non meno di tre volte. Quando le chiesi la ragione per la sua frequente accettazione di Cristo e la ripetizione del battesimo, ella spiegò che ogni volta che accettava Cristo Lo aveva perso poco tempo dopo, ed ogni volta che era battezzata aveva presto perduto il conforto del suo battesimo.

Nella buona provvidenza di Dio, Egli la condusse in un Giorno del Signore in una Chiesa Protestante Riformata. Inoltre, Dio condusse il ministro a predicare su Giovanni 10:27-30: "Le mie pecore odono la mia voce, ed io le conosco, ed esse mi seguono, ed io do loro la vita eterna, ed esse non periranno mai, né alcuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti, e nessuno è in grado di strapparle dalla mano di mio Padre. Io e mio Padre siamo uno."

Ella mi disse che quella meravigliosa verità bruciò nelle profondità della sua anima e le portò quel conforto e quella pace che non aveva mai conosciuto, né sapeva esistesse. Ella era, infatti, abbastanza perplessa quando, nell’imbarazzo delle sue lacrime, si guardò attorno furtivamente per vedere se altri notavano che piangeva e scoprì che nessuno nel suo campo visivo stava piangendo e che tutti sembravano essere per niente scossi da ciò che per lei era un momento di paradiso.

La perseveranza dei santi significa semplicemente, come Paolo la esprime in Filippesi 1:6, "che colui che iniziato una buona opera in voi la compirà fino al giorno di Gesù Cristo." Il Padre nostro completerà l’opera che Egli ha iniziato nella rigenerazione. Egli farà questo nonostante i nostri peccati che, senza la Sua attenta cura, ci separerebbero da Lui. Dio continuerà a compirla quando noi cadiamo profondamente nel peccato, riscattandoci dalla nostra stoltezza, portandoci al ravvedimento e alla confessione del peccato, e ristorandoci al Suo grazioso favore. Egli ci preserverà, anche se, per un tempo, potrebbe sembrare ci abbandoni in modo che ci rotoliamo nella melma dei piaceri che abbiamo erroneamente scelto. L’opera di rigenerazione non può essere distrutta, perché è la Sua opera e Dio non abbandona mai la Sua opera.

I Pelagiani ed i Semi-Pelagiani, che volevano rendere l’opera di Dio della salvezza dipendente in qualche misura dalla cooperazione dell’uomo, attaccarono Agostino, nel quinto secolo, per la sua ferma dedicazione alla dottrina della perseveranza dei santi, sul quale soggetto egli scrisse perfino un libro. La Chiesa Romana non può mai dare ad una persona la pace di mente che giunge dalla gloriosa verità della preservazione dei santi, perché essa insiste sul merito delle buone opere. Gli Arminiani riempirono le anime dei fedeli con una dolorosa angoscia, perché parlavano del bisogno assoluto dell’uomo di dare il suo proprio contributo alla sua salvezza senza il quale non avrebbe raggiunto il cielo. Poco è cambiato. Il rampante Arminianesimo, l’eresia della giustificazione per fede ed opere, l’orrore della religione centrata sull’uomo, sono attentamente calcolate per porre la salvezza, in tutto o in parte, nelle mani dell’uomo. La Confessione Belga ha ragione: "... saremmo sempre nel dubbio e sballottati qua e là senza alcuna certezza, e le nostre povere coscienze sarebbero sempre tormentate, se esse non si riposassero sul merito della morte e passione del nostro Salvatore" (24).

La preservazione dei santi va insieme all’intera struttura della grazia sovrana. Negando la preservazione dei santi, gli Arminiani negano necessariamente ogni verità della grazia sovrana e particolare: l’eterna elezione e riprovazione, la totale depravazione, la redenzione particolare, e la grazia irresistibile. O, per dirla al contrario, negando l’eterna elezione e riprovazione, le altre dottrine della grazia crollano come una fila di domino quando si butta giù il primo della riga. Per questa cosa i cuori spezzati e angustiati dei pii sono riempiti di apprensione, perché sanno oltre ogni dubbio che se la loro salvezza dipendesse, per qualsiasi aspetto, da loro, al momento della morte andrebbero all’inferno.  

E’ la grazia sovrana, radicata nell’eterno proposito di Dio in Cristo, che getta tutte le nostre opere nella spazzatura come inutili e dà certezza al figlio di Dio che rimarrà per sempre al sicuro, qualsiasi cosa accada, perchè è nelle mani del suo Padre celeste, e che di lì  nessuno lo può strappare (Giovanni 10:28-30).

Roma scrisse sulle porte dei monasteri, visibile in modo che tutti vedessero: "Abbandonate ogni speranza o voi ch’entrate." La Riforma tirò giù quel miserabile messaggio e al suo posto scrisse: "Qual è il tuo unico conforto in vita e in morte? Che io, con corpo ed anima, sia in vita che in morte, non son mio, ma appartengo al mio fedele Salvatore Gesù Cristo …" (Catechismo di Heidelberg, D&R 1). 


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