Herman Hoeksema
(Capitolo 58 di: Herman Hoeksema, Righteous by Faith Alone: A Devotional Commentary on Romans [Giusti per Sola Fede, un Commentario Devozionale a Romani], ed. da David J. Engelsma, Reformed Free Publishing Association, MI, USA, 2002; traduzione italiana: Francesco De Lucia)
Cosa diremo dunque? Vi è ingiustizia presso Dio? Così non sia.
Perché egli dice a Mosè: "avrò misericordia di chi avrò misericordia, e avrò compassione di chi avrò compassione."
Così dunque non è da chi vuole, né da chi corre, ma da Dio che mostra misericordia.
L’argomento peculiare di Romani 9 è occasionato non solo dal fatto che la nazione di Israele fu rigettata, ma anche dal fatto che così tanti dei figli di Israele non ricevettero la promessa. La promessa è stata adempiuta in Gesù Cristo, ma migliaia di migliaia di Ebrei rigettarono il vangelo e non entrarono nel regno dei cieli. Ciò fa sorgere per implicazione la domanda: "La Parola di Dio allora non ha avuto effetto?" [v. 6]. Non dovrebbe Israele, a cui era giunta la promessa, entrare nel regno di Dio? La promessa è stata adempiuta, ma è evidente che molte tra le persone in Israele non parteciparono a questa promessa.
L’apostolo risponde a questa domanda dicendo che la promessa non concerneva tutta la discendenza naturale di Abraamo. Non tutti quelli che fanno parte di Israele sono Israele. Non tutti i figli naturali di Abraamo sono i figli della promessa. E di più ancora, l’apostolo insegna chiaramente che la causa ultima di questa distinzione tra i figli della promessa e quelli che non erano figli della promessa era il sovrano beneplacito di Dio. La determinazione di Dio, e la sola determinazione di Dio, fecero quella separazione tra i figli della promessa e quelli che non erano tali.
Come prova, l’apostolo ha fornito due illustrazioni dall’Antico Testamento. Primo, egli ha messo in evidenza il fatto che Isacco era il figlio della promessa, pur essendovi altri che erano figli di Abraamo. Secondo, egli fa riferimento alla storia di Giacobbe ed Esaù. Questa storia ha dimostrato che la determinazione che faceva separazione tra i due figli di Isacco era dovuta al proposito di Dio secondo l’elezione. Prima che i figli fossero nati e prima che avessero fatto bene o male, Dio disse a Rebecca: "Il maggiore servirà il minore." Qui è la più profonda origine della distinzione tra i figli della promessa e quelli che non erano tali.
Il testo qui considerato è in realtà una terza illustrazione dall’Antico Testamento. Esso risponde ad una domanda che potrebbe sorgere: "Vi è ingiustizia presso Dio?" Per la risposta a questa domanda, l’apostolo fa appello a quanto Dio disse a Mosè: "avrò misericordia di chi avrò misericordia, ed avrò compassione di chi avrò compassione" [Esodo 33:19].
Quindi l’apostolo trae la conclusione di questa intera sezione: "Così dunque non è da chi vuole, né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia." Il concetto principale che qui abbiamo, quindi, è la giustizia della misericordia sovrana di Dio.
La domanda importante è: "cosa non è da chi vuole, né da chi corre?" Nel rispondere a questa domanda, molti torcono la Parola di Dio e la corrompono. Essi contendono che misericordia nel testo non si riferisce alla misericordia per la salvezza. Piuttosto è una misericordia che si riferisce a privilegi nazionali, a prerogative temporali.
Quanto stupida è questa interpretazione! E’ impossibile sostenerla. Nel contesto Paolo non sta parlando di benedizioni temporali. Egli sta parlando della promessa. Egli sta parlando del fatto che così tanti sono esclusi dal regno di Dio. Questo acquisisce doppia forza nei versi 14-16. Per quale altra ragione l’apostolo avrebbe dovuto fare la domanda [al v. 14]: "Vi è ingiustizia presso Dio?" Nel testo c’è una citazione da Esodo 33[:19]. Di certo qui Mosè non stava parlando di privilegi temporali. Mosè aveva davanti a sé l’intera nazione di Israele. Tutti possedevano gli stessi privilegi temporali. Non era questa la questione. La questione era: chi sarà cancellato dal libro della vita? Questo è il motivo per cui Mosè disse: "Se non puoi perdonare il peccato di questo popolo, cancellami dal tuo libro" [Esodo 32:32]. A questa domanda è data una risposta nell’affermazione in Esodo rivolta a Mosè: "Sarò grazioso con chi sarò grazioso, e mostrerò misericordia a chi mostrerò misericordia." La questione qui riguarda la salvezza. La misericordia di cui parla l’apostolo al verso 16, quindi, è la misericordia secondo la quale Dio salva i peccatori. Il chiaro significato è questo: la salvezza non è da colui che vuole, né da colui che corre, ma da Dio che mostra misericordia.
Colui che vuole è uno che vuole la salvezza. Egli la vuole. Egli la desidera. Egli la cerca. E colui che corre è colui che è già sulla strada. E’ colui che le corre dietro, che lotta per averla. La figura è quella di una gara in cui il corridore lotta per ottenere il premio. Il testo insegna che la salvezza non è da colui che vuole la salvezza, né da colui che le corre dietro, che lotta per averla.
Ciò forse significa, dunque, che la salvezza non è per colui che la vuole, in modo che chi vuole la salvezza non sarà salvato? Non sarà salvato colui che lotta per la salvezza? Certamente, colui che così vuole sarà salvato. "Chiunque vuole" può venire. E’ impossibile che qualcuno si trovi in giudizio davanti a Dio e dica: "Io volevo, io lottai per la salvezza, e trovo che sono ancora perduto." Colui che vuole è già salvato. Questo è esattamente quanto insegniamo a differenza di chi insegna la dottrina del libero arbitrio. Loro non possono dire questo. Essi devono dire che un uomo può volere essere salvato oggi, ma essere perso domani. Essi non possono dire: "Chi vuole sarà salvato." Noi diciamo questo: colui che vuole sarà salvato. Infatti, egli è già salvato. D’altro canto, invece, colui che è perduto non ha mai voluto essere salvato.
Né l’intenzione dell’apostolo è quella di insegnare che non dobbiamo volere e lottare, come se la nostra attitudine potesse essere una di passività. Nessuno di coloro che assumono questa attitudine è salvato. Uno che è salvato non parla in questo modo. Dio non lo lascia parlare in questo modo.
Piuttosto, l’apostolo sta dichiarando che la causa, la sorgente, la più profonda ragione, per cui esiste la distinzione tra persone che vogliono ed altre che non vogliono, tra persone che corrono ed altre che non corrono, nella stessa nazione, nella stessa chiesa, dalla stessa famiglia, nello stesso ambiente e con la stessa educazione, non è il fatto che uno vuole mentre l’altro non vuole, o che uno corre mentre l’altro non corre. Ma la ragione è in Dio che mostra misericordia. Quando voi vedete due persone della stessa famiglia, che ricevono la stessa educazione, che vivono nelle stesse condizioni, ed uno vuole la salvezza mentre l’altro no, e l’uno corre e si sforza di ottenere la salvezza mentre l’altro no, non dovete dire che la ragione di questa distinzione si trova nel fatto che uno ha voluto ed ha corso mentre l’altro non lo ha fatto. Ma dovete dire che la causa di questa distinzione è che Dio mostra misericordia ad uno, ma non mostra misericordia all’altro. Un uomo vuole perché Dio gli mostra misericordia. Dio non mostra misericordia perché un uomo vuole. Ma quando Dio mostra misericordia ad un uomo, il risultato è che quest’uomo vuole, e corre. Il suo volere non è la causa, ma l’effetto. La misericordia di Dio è prima. Ed anche se è vero che nessuno può entrare nel regno di Dio a meno che voglia, la causa di questo volere non è nell’uomo, ma in Dio. La misericordia di Dio è sovrana.
Si paragoni questo chiaro insegnamento di Paolo con l’insegnamento del predicatore del libero arbitrio. Ci si chieda se il predicatore del libero arbitrio si trova fermo sulla verità, o se la corrompe.
Tuttavia un altro passaggio dall’Antico Testamento è citato per supportare ed illustrare la dottrina che la misericordia di Dio è sovrana [Esodo 32-34]. Dio aveva condotto il Suo popolo al Sinai. Lì aveva dato loro la Sua legge. Essi avevano ricevuto il patto in quanto nazione. Nello stesso momento in cui ricevettero il patto si rivoltarono contro il Signore e danzarono intorno al vitello d’oro. Ed io sono convinto che il peccato del Sinai li accompagnò durante tutta la loro storia. Il Sinai fu l’inizio della reiezione di Israele. Ad ogni modo, Mosè scese giù dal monte ed era indignato. Quando i figli di Levi risposero alla chiamata di Mosè, tremila persone furono colpite. Mosè allora disse al popolo che avrebbe interceduto per loro. Egli andò alla montagna e chiese: "Se tu vuoi, perdona il peccato del tuo popolo; ma se non puoi perdonare, cancellami dal tuo libro." Ma Dio rispose a Mosè: "Io non cancellerò te dal mio libro. Ma colui che pecca io cancellerò dal mio libro" [Esodo 32:32-33]. Il Signore disse a Mosè di levarsi e di portare il popolo alla terra che Dio aveva loro promesso. Ed il Signore gli disse: "Io non andrò con te, perché se lo facessi, potrei consumare il popolo" [Esodo 33:3]. Il Signore aveva anche detto: "Io certamente visiterò il loro peccato su loro" [i.e. "li punirò per il loro peccato;" Esodo 32:34].
Mosè non comprese, perché per lui quel popolo era il popolo di Dio. Essi erano il popolo che Dio aveva condotto fuori dall’Egitto. Essi erano il popolo della promessa. Mosè non riusciva a capire come potevano queste persone perire nel deserto. Così egli andò di nuovo dal Signore. Egli disse: "Se la tua presenza non va con noi, non posso condurre questo popolo" [Esodo 33:15]. Egli implorò il Signore fino a che il Signore gli promise di andare con lui: "La mia presenza, che è lo stesso che la mia faccia, andrà con te" [v. 14]. Ma Mosè non si sentiva al sicuro nemmeno allora. Egli si ricordava che Dio aveva detto: "Se salgo con questo popolo, potrei consumarli." Così Mosè disse: "Mostrami la tua gloria. Mostrami la tua bontà. Mostrami la tua faccia, così che io possa vedere la tua bontà e misericordia." Questo è quello che Mosè voleva vedere. Egli voleva vedere la faccia di Dio. In quella faccia egli voleva vedere la bontà e misericordia di Dio.
Dio rispose a Mosè: "Io ti concederò questa richiesta. Ma ricorda, quando io ti mostro la mia bontà e misericordia, anche allora io avrò misericordia di chi avrò misericordia."
Similmente, quando noi preghiamo per i nostri bambini, come facciamo, la risposta a noi è questa: "Certamente io farò venire tutta la mia bontà su di te. Tuttavia ricorda, io avrò misericordia di chi avrò misericordia." E se uno dei vostri bambini che ha ricevuto la stessa educazione degli altri vostri figli, che riceve la stessa istruzione, si svia in modo che voi potete vedere che si sta sviando, non dovete dire che la ragione è che l’altro vostro figlio ha voluto, mentre questo qui no. Né potete dire: "E’ perché ho educato meglio il mio altro figlio." Ciò non ha niente a che fare con questa cosa. Se ciò accade, piuttosto voi dovete dire: "E’ da Dio che mostra misericordia."
Oh, io so che Dio può riportare indietro un figlio che si è sviato, ma questo non è il modo usuale in cui Dio opera. Non è il modo usuale di operare d parte di Dio quello di lasciar camminare i Suoi figli del patto per un pò nel peccato. Quando Dio li riporta indietro si tratta di eccezioni. Di solito, quando essi cominciano sulla via del peccato, vi si inoltrano gradualmente finché sono del tutto perduti.
Sulla base dell’Antico Testamento, quindi, l’apostolo insegna che Dio soltanto determina chi sarà salvato e chi non sarà salvato.
"Cosa diremo dunque?" chiede l’apostolo nel testo. Implicito in questa domanda è il fatto che quando uno ha incontrato l’oppositore della dottrina qui insegnata e lo ha condotto attraverso questi versi, in modo che sia impossibile per lui negare la verità che essi insegnano, l’oppositore quindi se ne viene con altri argomenti. Egli se ne viene con argomenti suoi. L’uomo non vuole la dottrina della misericordia sovrana di Dio. Non vi è mai stato un predicatore che ha tagliato la Parola di Dio correttamente su questo punto che non sia stato attaccato. Alcuni argomentano in tal maniera: "Il tuo Dio è un tiranno," o: "L’uomo allora non è responsabile," oppure: "Allora vi è ingiustizia presso Dio."
Ciò si verificava già al tempo di Paolo. Quando l’apostolo chiede: "Vi è ingiustizia presso Dio?" egli non fa questa domanda in astratto. Egli sa che vi sono persone che se ne verranno con questa domanda. E la questione è: "Cosa diremo dunque?"
Questa questione perviene a noi. Dobbiamo dire qualcosa. Cosa diremo allora? Diremo forse: "C’è ingiustizia presso Dio?" Una cosa che deve essere notata a riguardo di questa domanda è questa: quando la domanda "vi è ingiustizia presso Dio?" è fatta, chi risponderà alla domanda? Noi? Voi ed io? L’uomo? Chiameremo Dio in giudizio e Gli chiederemo se c’è ingiustizia presso di Lui? Questa è la domanda a cui deve essere data risposta.
Vi sono persone che hanno provato a dare una risposta alla domanda. La loro risposta è questa: "Dio avrebbe potuto giustamente condannare tutti, perché tutti hanno peccato ed hanno perso ogni diritto alla salvezza; quindi, Dio non è ingiusto quando non salva tutti." Questa è una risposta data con buone intenzioni, ma fallisce. Da questa risposta sorgono altre domande: "Perché Dio non impedì la caduta? E se non voleva impedire la caduta, perché non salva tutti?"
Ma noi non dobbiamo rispondere affatto alla domanda se Dio è ingiusto. Questo è il punto del testo. Voi potreste ben chiedere ad un filo a piombo se esso è perpendicolare se poteste chiedere se vi è ingiustizia presso Dio. Dio è Dio. Per dirla in modo molto paradossale: se vi è ingiustizia presso Dio, questa stessa ingiustizia è giustizia. L’uomo non può fare questa domanda, perché Dio è il più alto standard di misura. Chiameremo Dio in giudizio? Dov’è il nostro standard di misura? Ma a parte questo, ciò che noi diciamo su Dio è sempre corrotto. Non possiamo rispondere alla domanda.
Dio deve rispondere, ed Egli lo fa. Questo è quanto fa Paolo. Egli fa rispondere a Dio. Notate: "Cosa diremo dunque? Vi è ingiustizia presso Dio? Così non sia. E’ perché io Paolo lo dico? No, ma Dio dice a Mosè: "avrò misericordia di chi avrò misericordia, e avrò compassione di chi avrò compassione." Dio dice che Egli ha la sovrana prerogativa di decidere chi sarà salvato e chi no. L’implicazione è che noi dobbiamo prendere dalla Scrittura la risposta alla domanda.
Quando il giorno del giudizio sarà giunto, Dio giustificherà Se Stesso. Egli giustificherà Se Stesso non secondo la dottrina del libero arbitrio. Ma per mezzo della Sua Parola e del Suo Spirito, Egli giustificherà Se Stesso nella coscienza di coloro che sono perduti e nella coscienza di coloro che sono salvati.
Quelli che sono perduti all’inferno non diranno: "Noi siamo qui perché non volemmo andare in cielo," ma essi diranno: "Dio ci ha portato qui." Ed essi confesseranno per sempre che non vi è ingiustizia presso Dio nell’averli portati lì.
Ed i giusti in cielo diranno: "Non è a motivo di noi stessi che siamo qui, ma a motivo di Dio che ci ha mostrato misericordia."