Herman Hoeksema
(Capitolo 67 di: Herman Hoeksema, Righteous by Faith Alone: A Devotional Commentary on Romans [Giusti per Sola Fede, un Commentario Devozionale a Romani], ed. da David J. Engelsma, Reformed Free Publishing Association, MI, USA, 2002; traduzione italiana: Francesco De Lucia)
Perché la Scrittura dice: Chiunque crede in lui non avrà vergogna.
Perché non c’è differenza tra il Giudeo e il Greco, perché lo stesso Signore sopra tutti è ricco verso tutti quelli che lo invocano.
Perché chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato.
La differenza tra l’antica e la nuova dispensazione dal punto di vista della salvezza non è che nell’antica dispensazione la giustizia si poteva ottenere attraverso le opere della legge, o perfino che la legge era intesa come base per la giustizia. Nella nuova dispensazione, ovviamente, la giustizia si può ottenere mediante la fede. La verità è che anche nell’antica dispensazione vi era la rivelazione della giustizia che è per fede. Vi era la giustizia che parla in tal modo: "Non dire nel tuo cuore: ‘chi ascenderà al cielo?’ o: ‘chi discenderà nell’abisso?’" Vi era la giustizia il cui contenuto è: "Colui che crede nel Signore Gesù sarà salvato." Questa giustizia era conosciuta nell’antica dispensazione sotto la legge, come nella nuova dispensazione, perché Cristo era il fine della legge per la giustizia nell’antica dispensazione per chiunque credeva.
La differenza tra l’antica e la nuova dispensazione sta in questo: nell’antica dispensazione la verità della giustizia per fede era inseparabilmente connessa alla legge, cioè, l’intera legge cerimoniale. Al di fuori di questa legge, non vi era rivelazione della giustizia che è per fede. In questa legge di ombre, la giustizia della fede era prefigurata. Al di fuori di essa, la giustizia della fede non era conosciuta. Nella nuova dispensazione, in contrasto, la giustizia della fede è stata rivelata senza la legge. Mettiamola così: nell’antica dispensazione avevano la giustizia della fede avvolta nel involucro della legge. E quest’involucro della legge, contenente la giustizia della fede, era indirizzato ai Giudei. A prescindere da quell’involucro della legge, non vi era alcuna rivelazione della giustizia della fede. Ma nella nuova dispensazione, l’involucro è aperto, è scartato, e la legge è caduta via. Ciò che è rimasto è la giustizia della fede. A motivo di ciò, la giustizia della fede è divenuta universale. Non è più vincolata alla legge. Siccome non è più vincolata alla legge, non è più indirizzata ai Giudei, è indirizzata ad uomini di ogni nazione.
Dovrebbe essere evidente che l’universalità è il punto che l’apostolo vuole sottolineare [nel testo]. Due volte egli usa la parola chiunque. "Chiunque crede in lui non avrà vergogna," e "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato." Chiunque significa ognuno che crede in Lui sarà salvato. Vi è anche la parola tutti. L’apostolo usa la parola tutti due volte: "perché lo stesso Signore sopra tutti è ricco verso tutti." Non vi può essere dubbio, quindi, che l’universalità è il pensiero centrale del testo.
Ma la domanda è questa: cosa si intende con quel chiunque e con quel tutti? Cosa intendiamo quando diciamo che il testo insegna che la salvezza è divenuta universale? Ciò può essere determinato soltanto dal testo e dal suo contesto. Nella Scrittura la parola chiunque e tutti non sempre si trovano nello stesso contesto. Dobbiamo chiedere: qual è la portata, l’estensione, di quel chiunque e di quel tutti? Qual è la distinzione qui? Tutti in distinzione da chi altro?
Noi vediamo che il testo non insegna che tutti gli uomini—ognuno—sarà salvato. Ciò è evidente dal testo. Esso dice chiunque crede sarà salvato. Chiunque invoca il nome del Signore sarà salvato. Ciò è anche evidente dal contesto. I versi 9 e 10 hanno insegnato che Dio promette la salvezza a chiunque crede e confessa.
Né il testo intende trasmettere l’idea che nella nuova dispensazione la salvezza è divenuta una questione di "libera offerta." In questo caso, insegnerebbe che Dio offre la salvezza a tutti, con un grazioso desiderio di salvare tutti, ma che ora sta all’uomo. Ciò è contrario a tutto quello che l’apostolo sta insegnando.
Piuttosto, è evidente che con chiunque e tutti l’apostolo ha in mente i Giudei e tutte le altre nazioni. Il riferimento è a chiunque da ogni nazione in distinzione dai Giudei soltanto. Ciò è chiaro da ciò che l’apostolo dice al verso 12: "Non vi è differenza tra il Giudeo e il Greco." Chiunque crede in Cristo sarà salvato, perché non vi è differenza tra il Giudeo e il Greco. Il Greco sta per l’intero mondo Gentile. Il significato è che non vi è differenza tra il Giudeo e qualsiasi altra nazione. Se chiedete qual è la via della salvezza, non vi è differenza tra Giudeo e Greco. Non vi è differenza nella nuova dispensazione per quanto riguarda la via per ottenere la giustizia. Nell’antica dispensazione vi era una differenza. Allora non poteva essere detto: "Chiunque crede sarà salvato." La salvezza a quel tempo era distintivamente Giudaica. La salvezza era avvolta nella legge. Era indirizzata ai giudei. Non che tutti i Giudei fossero salvati. I Giudei in quanto nazione non sono mai stati il popolo di Dio. La salvezza per i Giudei non era nazionale. Ma i figli della promessa erano limitati all’interno della nazione Giudaica. Ora ciò è cambiato. Quando la legge è caduta via, quando Cristo, il fine della legge, è venuto, ciò è stato cambiato. Ora possiamo dire: "Chiunque crede in Cristo sarà salvato." In questo senso la salvezza è divenuta universale.
Vi è un’altra limitazione nel testo. Come nell’antica dispensazione non tutti i Giudei erano salvati, così anche oggi nelle nazioni del mondo Gentile non tutti sono salvati. La salvezza era certamente intesa essere universale. E ciò era risaputo. Il popolo nell’antica dispensazione poteva sapere che la salvezza doveva essere universale. "Perché la Scrittura dice: Chiunque crede in lui non avrà vergogna." Di nuovo, alla fine del testo: "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato." Allo stesso tempo questo chiunque contiene una limitazione. La salvezza è divenuta universale, ma tra le nazioni essa era limitata a coloro che credono e che invocano il nome del Signore.
Quando l’apostolo dice: "Chiunque crede in lui non avrà vergogna," egli sta citando Isaia [28:16]. Lui nel testo non è Dio ma Cristo. Lui è lo stesso che Signore. E’ degno di nota che l’apostolo parla di credere "in Lui." Nella Scrittura leggiamo anche di credere, letteralmente, "dentro Lui." Qui leggiamo di credere in Lui, e anche se essenzialmente il significato è lo stesso, vi è una definita ed importante differenza in connotazione. Credere dentro Cristo trasmette l’idea che siamo uniti con Cristo. Credere è gettare le nostre radici in Cristo. Noi crediamo dentro Cristo come l’albero getta le sue radici profondamente nel suolo e da quel suolo trae la sua linfa vitale. Come un albero trae la sua linfa vitale dal suolo, così il credente trae la sua linfa vitale da Cristo. Credere in Cristo enfatizza invece l’idea di fiducia, ma è una fiducia del cuore. Quando leggiamo al verso 11 "crede in lui," l’idea è che Cristo è divenuto la base di quell’atto di fede col quale confidiamo di essere giusti e che saremo salvati. Questa è la fiducia: credere in Lui, e credendo in Lui essere salvati. Questa è l’enfasi nel verso: chi pone la sua fiducia in Cristo sarà salvato.
L’apostolo dice di più. Al verso 13 leggiamo: "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato." Anche qui il Signore è Cristo. Il nome di Cristo è Cristo per come Egli ci è stato rivelato. E’ Cristo per come Lo conosciamo. E’ Cristo perché abbiamo contatto con Lui. Soltanto nel nome Suo abbiamo contatto con Cristo. Noi non possiamo vedere Cristo. Possiamo soltanto conoscerlo nel Suo nome.
"Invocare il nome del Signore" è un’espressione frequentemente usata nella Scrittura. Essa è di solito interpretata come denotare adorazione. Tuttavia essa significa qualcosa di più specifico. Il significato è che noi gridiamo dal mezzo dei problemi. Questo è il significato in Gioele [2:32], il passaggio che è citato [al v. 13]. In Gioele il giorno del Signore è vicino, un giorno di paura, terrore, e distruzione. Ed allora il profeta dice: "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà liberato." Invocare il nome del Signore presuppone problemi. Presuppone peccato, colpa, e la paura della morte e dell’inferno. Ma colui che, a motivo di problemi, ovvero del peccato, della colpa e della morte, invocherà Cristo, sarà salvato.
Non vi è dubbio a questo riguardo: se crediamo in Cristo, saremo salvati. Abbiamo udito questo spesso, ma mi domando quanto reale è per noi questa centrale e fondamentale verità. Se crediamo in Lui, se confidiamo in Cristo per la nostra salvezza, non avremo mai vergogna.
Forse dite: "Ma se esamino me stesso, non posso credere che posso avere una parte vivente con questo vangelo"? Non vi sono "ma" a questo vangelo.
Forse dite: "I miei peccati sono come scarlatto"? Non fa differenza per questo vangelo.
Forse dite: "Mi ritrovo a peccare del continuo"? Non è questo il punto. Chi pone la sua fiducia per la sua giustizia in Cristo sarà salvato. Questa è la sola questione. Se quando voi ed io tra un po’ poseremo il nostro capo sul cuscino di morte, ed avremo dinanzi una lunga lista dei nostri peccati e vedremo che perfino le nostre opere migliori abbondano di peccati, allora non vi è che una sola domanda che può rimuovere ogni paura. Quella domanda è questa: "Per la mia giustizia io confido in Cristo?" Questa è la domanda. Le vostre opere non c’entrano. L’apostolo Giovanni non era più giusto quando morì dell’omicida alla croce.
Ciò che è universale è espresso nelle parole sarà salvato. Negativamente, essere salvati è essere liberati dal nostro più grande male. Il nostro più grande male è il nostro peccato: la nostra colpa, la nostra corruzione, e la nostra paura della morte e dell’inferno. Essere salvati è essere liberati da quella colpa, da quella morte, da quell’inferno. Positivamente, la salvezza è divenire partecipi di una perfetta giustizia, giustizia nel senso sia legale che morale, ed eredi dell’eterna gloria.
Quando uno crede ed invoca il nome del Signore, egli è già salvato. Se crediamo in Cristo, siamo già salvati. Se crediamo, siamo liberati dal peccato, dalla morte, e dalla corruzione. Questa è una realtà presente. Ciò non può fallire, perché la grazia di Dio è sempre prima. Se crediamo e invochiamo il nome del Signore, la grazia ha preceduto questa fede. Ma l’apostolo ha in mente la salvezza finale. Quando egli dice: "sarà salvato," egli ha in mente la fine. Egli ha in mente il giudizio. In quel giudizio saremo giustificati ed erediteremo la gloria celeste. Colui che crede in Cristo sarà salvato.
Ciò che è universale è anche indicato, negativamente, dalle parole non avrà vergogna. Ciò è bellissimo. Se poniamo la nostra fiducia in Cristo, non avremo vergogna. Se poniamo la nostra fiducia in qualsiasi altra cosa, avremo da vergognarci, ma se poniamo la nostra fiducia in Cristo, non avremo mai da vergognarci. Quando ci aspettiamo qualcosa e giunge il tempo in cui dovremmo riceverla, ma scopriamo che ciò che ci aspettavamo non è lì, o che non è per noi, o che è così insignificante che non ne valeva la pena, ci vergogniamo. Il Cristiano pone la sua fiducia in Cristo. Nel fare questo si aspetta giustizia, santità, vita eterna, e gloria eterna. Ed egli trova, primo, che è lì. Secondo, che è per lui. Terzo, quando la riceve non dirà: "Quanto è insignificante!" Piuttosto dirà: "Non avevo immaginato nemmeno la metà di questo!" Non avremo vergogna!
L’apostolo mette in evidenza perché la salvezza è universale nella nuova dispensazione quando scrive: "Lo stesso è Signore sopra tutti, ed Egli è ricco verso tutti." Non è bellissimo questo? Lo stesso Signore sopra tutti è ricco verso tutti. Anche qui, il Signore che è sopra tutti è Cristo, non Dio. I commentatori sono divisi sul fatto se Signore si riferisca a Dio o meno. Io non penso, perché ciò non potrebbe mai essere la base per l’universalità della salvezza. Se il riferimento è a Dio, l’espressione significa semplicemente che il Signore è Dio di tutte le creature. Ma non significherebbe che Egli è Salvatore di tutte le nazioni. Inoltre, anche nell’antica dispensazione era vero che il Signore era Dio sopra tutti. Ma l’apostolo intende insegnare qui che siccome Egli è Signore sopra tutti, la salvezza è divenuta universale. Quindi, il testo significa che Cristo è Signore sopra tutti. Egli non era Signore sopra tutti, ma è divenuto Signore sopra tutti. Il seme fu gettato nel terreno, morì, e fu risuscitato. Così Egli fu reso Signore sopra tutti. Egli è il Signore di noi. Egli è il Signore dei Suoi perché ci ha acquistati. Cristo è sopra tutti nel Suo stato presente. Egli venne dai Giudei. Egli venne dalla discendenza di Abraamo, dalla tribù di Giuda, dalla casa di Davide. Quando giacque nella mangiatoia era un Giudeo. Egli morì. Egli morì per i Suoi. Ed Egli fu risuscitato, esaltato alla destra di Dio. E quando Egli è alla destra di Dio, non è più un Giudeo. Egli è Signore di tutti. Non vi fate dire da nessuno che Egli è Signore dei Giudei [in senso meramente etnico—N.d.T.]. Egli non lo è mai stato, e mai lo sarà. Egli è Signore sopra tutti. Egli è il Signor universale. Non dovete rendere Cristo un Giudeo. Non dovete renderlo un re Giudaico. Non vi è differenza tra Giudeo e Gentile. Cristo è Signore sopra tutti.
Egli è anche ricco verso tutti. Egli è un Signore ricco. Egli ha meritato ricchezze attraverso la Sua morte. Egli ha ricevuto queste ricchezze nella risurrezione. Le Sue ricchezze consistono di giustizia, perdono del peccato, liberazione dalla morte, e gloria celeste. Egli è ricco verso tutti quelli che invocano il Suo nome. Egli non è ricco verso tutti in assoluto. Ad alcuni piace dire che le ricchezze di Cristo sono sufficienti per tutti gli uomini. Io non credo questo. Cristo non è ricco verso tutti in generale. Egli è ricco verso tutti quelli che invocano il Suo nome. Questo è sufficiente. Coloro che invocano il nome di Cristo sono gli stessi che credono in Lui. Essi sono qui presentati come chi viene dai problemi e che chiede qualcosa. Essi chiedono perdono del peccato, giustizia, vita, gloria celeste. Ed il Signore è ricco. Le Sue ricchezze sono sufficienti per tutti coloro che invocano il Suo nome. Inoltre, Egli realizza realmente queste ricchezze in tutti coloro che Lo invocano.
La conclusione è che nessuno invoca il nome del Signore invano. Ciò è abbastanza. Chiedete, e vi sarà dato. "Colui che viene a me non lo caccerò affatto via" [Giovanni 6:37]. Non verrete mai a Cristo a mani vuote per essere mandati via a mani vuote. Beato è colui che pone la sua fiducia in Cristo per la giustizia.